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Ebbene, poiché alcune mie affermazioni, frutto di annosa e coscienziosa esperienza , al socio Galdieri son parse dogmatiche, mentre il Dogma é fuori ogni mio metodo, essendo esso carat- teristica solo dei microcefali trascendentali e sistematici, permet- tete che a lui, il quale non ha letto con la debita diligenza le mie comunicazioni scientifiche, pubblicate negli atti di questa Società nel 1902: l.a Dalle rocce acide alle rocce basiche e loro classifica- zione ; 2.^ Su la genesi delle bombe quarzose e delle lave vulcani- che; permettete, dicevo, che io gli rifaccia il cammino analitico della questione. Infatti, in quelle comunicazioni io non feci altro che ritornare su quanto precedentemente avevo pubblicato (1887- 1888) ^), e che aveva dato argomento, a chi le aveva esaminate 1) Gazzetta Chimica Italiana, 1887-88. Atti della Società Italiana di Scienze Naturali. Voi. XXXI. Milano, 1888. 1 - 2 — senza idee preconcette, di scoprirvi non una teoria, ma una legge scientifica. Il socio Graldieri, che comincia pomposamente col dire che il Richthofen fin dal 1868, ecc. ecc., si sarebbe dovuto ricordare che, tempo addietro, conversando meco, cercava, insinuando, con una forma molto mite, di combattere la legge da me enunciata, ricordandomi, lui, la serie di Richthofen, che io avevo citato nel 1887. Io desidero che il socio Graldieri sappia che mi annovero tra coloro che ammettono, che il progresso degli studi non si raggiunge senza l' impiego tenace di possenti energie e senza sacrifizio, e che d' altronde, per raggiungerlo, bisogna non pro- porsi la contemplazione di un problema, ad altri lasciando la cura di risolverlo; ma, riconosciutolo, bisogna cimentarvisi con voluttà e fiducia. Ecco perchè io, dopo alcuni anni di ricerche chimiche fatte sulle rocce dei vulcani attivi ed estinti d'Italia e di altre contrade straniere, avendo osservato una grande analogia tra le rocce antiche dei continenti con quelle delle isole vulca- niche, ne feci notare la grande importanza scientifica. Prima del 1887 non era venuto in mente ad alcuno dei tanti cultori delle scienze naturali di fare dei confronti tra i materiali eruttati dai vulcani in tutte le epoche, e perciò, se pure si riscon- trano dei difetti in quel mio primo saggio, ciò non autorizza a scaraventarsi con insani apprezzamenti contro fatti che consti- tuiscono r affermazione e non la bancarotta della scienza. Come pure, se il socio Galdieri avesse preso visione delle mie produzioni scientifiche, si sarebbe convinto che, attesa l'in- dole sintetica (cosa che non ha impedito a chi li ha saputo leg- gere, di rilevarne 1' im]3ortanza) , il tentativo da me fatto, di comparare i materiali eruttivi alla stregua della loro composi- zione chimica, se lascia campo agli altri di ampliare e correg- gere, non impedi a me di enunciare una legge fondamentale, poggiata su fatti d'indole universale, i quali, pur essendo limi- tati, non potranno pertanto mai essere distrutti alla leggiera da chicchessia. Non è nuovo il fatto che si sputino sentenze su cose non lette. E qui è proprio il caso di ricordare quel Cavaliere napo- letano , che ebbe quattordici duelli per sostenere che Tasso era più forbito scrittore di Ariosto; ferito a morte, chiese confessarsi, ed appressatosi il prete e chiestogli la ragione dello scontro, can- didamente gliela espose; soggiungendo che non aveva mai letto le opere dei due poeti. — 3 — Il socio G-aldieri, dopo il suo mal consigliato intervento nel dibattito scientifico, da me interrogato se avesse letto i miei la- vori, lealmente rispose di no; io non fo commenti, ma confesso che ne ebbi disgustosa impressione. Mi duole solo che si sia av- venturato in una questione scientifica cosi grave, con una impru- denza senza precedenti. E perchè dell'imprudente rimanga traccia indelebile, poiché mi propongo di dare la massima diffusione alla presente nota, riporto la sua critica e la difesa della mia legge. Il socio Galdieri, se non dirottamente, ma con una circon- locuzione, ha creduto di contostare uno dei fatti più importanti da me messi in evidenza, e che nella mia risposta al prof. Mer- calli cosi formulai: « 1.° Che l'involucro idroplastico è omoge- neo in tutti i punti del globo, e costa di roccia . granitica » quando ha scritto che io « non devo 'portar qui argomenti già dì per sé stessi ipotetici^ come quello che frammenti di granito si tro- vano in tutti i vulcani della Terra , o problematici come quello che il fenomeìio vulcanico è troppo grandioso per essere limitato a considerazioni grette^ o non esatti, come quello che i vulcani insa- lati., niuno escluso, poggiano su graniti abissali ». Io credo che sia difficile trovare, chi ignori che sopra tavolieri e massicci di rocce archeane poggiano tutte le catene di mon- tagne e formazioni sedimentarie. Se uno è quindi il tavoliere o involucro idroplastico ^) eurafricasiamericano, perchè chiama ipo- tetica la realtà, cioè quella della gettata di frammenti di granito dai vulcani, o problematica la grandiosità del vulcanismo, quando io contrariamente alla teoria di Humboldt, che credeva il vulca- nismo oscuro, isolato e variabile, dimostrai, fin dal 1887 ^) che il fenomeno della vulcanicità è simile in tutte le parti del mondo, e che la roccia che viene elaborata è unica e granitica? Il mio critico continuando chiama i fatti da me esposti: « non esatti, come quello che i vulcani insulari, niuno escluso, poggiano sui graniti abissali ». A tal proposito riproduco alcuni appunti che mi servirono di base per enunciare la mia legge sull' evoluzione nel mondo minerale e per sostenere che l'involucro idroplastico è granitico. Agli scienziati imparziali l'ultima parola. Diffusione delle rocce arcaiche e quantità di silice che con- tengono per ogni cento parti; quantità indicata con le parentesi. ^) EicciARDi. — L'unità delle energie cosmiche. Paravia, Napoli, 1907. 2) RicciARui. — Dalle rocce acide alle rocce basiche. Gazzetta Chimica Ita- liana, 1887. — 4 — Tale diffusione è stata riscontrata dall'America Sud (75,23), Cen- trale (75,26) e Nord (76,80) alla aroenlandia (74,85) allo Spitzberg, al Tavoliere russo (74,15), ai Sudeti (76,07) , pe' Carpazi (76,34) all'Austria, (75,42), Boemia (74,91) Ungheria (77,03), Transilva- nia (74,01) ai Balcani, in Serbia, Turchia, Arabia, Persia, India, Asia ecc. In Italia (75,50), in Spagna (72,11), Portogallo (74,84), Francia (74,80), Corsica (76,00), Svizzera (76,38), Germania (75,83) (ove fu attivo il vulcanismo durante il cari) Oìiif ero) ^ come nella Scozia (75,83), e nell'Oceano Indiano , in Inghilterra (76,32) (gra- niti del carbonifero); nel Devonshire (74,88), Isola d'Arran (72,55), Cornovaglia, ecc. Neil' Irlanda (76,42 — 72,24 — 52,13 — 46,90) e nelle isole Ebridi. Nella Norvegia (75,81 — 62,62 — 58,14 — 46,00) secondo Zir- kel (voi. I, p. 812) si verificò un aumento progressivo di acidità e ricomparsa finale di un membro basico. A me pare che il chiaro petrografo e geologo di Lipsia, per combattere la mia legge, non fece altro che invertire la crono- logia delle rocce, vai quanto dire, fece comparire prima le diabasi e poi i graniti, quindi le diabasi. Il sistema è troppo artificioso per prestarsi a commenti. In Svezia (75,11 — 63,29—56,80 — 50,58), Finlandia (74,15), Urali (79,51), Harz (75,83), Sassonia (75,01), Slesia (71,73). Sui fianchi dell' Imalaia si rinvengono porfidi, sieniti, andesiti e basalti. Tra l'Aitai e l' Imalaia, trovasi la grande catena E. O. di Tiantschau, che unisce gli Aitai con Kolun e questo con I' alti- piano persiano. * * * Dalla Sicilia si passa in Africa (nord). Da Edong sino al lungo Ras-el-Deir, con affioramenti più o meno frammentari di gneiss , granito e scisti antichi ; seguendo la curva della costa si giunge alle colonne d'Ercole. Dal continente europeo parte la Cordigliera betica, che giunge alla grande Meseta iberica (74,84), somigliantissima alla massa boema e all' altipiano centrale della Francia. Il Tavoliere dell' Africa Meridionale e dell' India Orientale, secondo Stow, Blauford e Griesbach, ha tutto il carattere unico col massiccio granitico del Madagascar. I Tavolieri del Sahara, ecc., ossia la grande baso fondamen- tale è granitica, come le precedenti, e sono, i graniti, una con- tinuazione del Tavoliere russo. — 5 — La massa di Zangar è gneissica. L'Imalaja è costituita di granito, di gneiss granitico e di scisti, con intrusioni di prodotti vulcanici. A Sud Ovest si tro- vano il Haramosh, il Raki Poglii e altri giganti costituiti di gneiss e di granito. A Nord di questa stessa zona segue una delle più potenti catene della terra, il Mustàgh, che è pure for- mato di gneiss, di granito, vi appartengono il Masherbrum, il Gusherbrum, ma sopra tutti il secondo Monte della terra, l'ano- nima punta biforcata K^ delle carte topograficlie inglesi, alto 28,265 piedi. (Suess. voi. II p. 294). Il Tibet, il Kàràkoram sino al Pahuir ed il sistema dell'India superiore constano delle stesse rocce arcaiche. Infine, uno è il Tavoliere, ossia ciò che io ho indicato come involucro idroplastico , che costituisce la base Eurafricasiameri- cana; né vengono escluse da questo grande tavoliere le principali isole, come l'Inghilterra, l'Irland*, le Ebridi, le Antille, l'Islanda, la Corsica, la Sardegna, la Sicilia, le Eolie, la Pantelleria, Su- matra, Giava, l'Australia, il Giappone, la Nuova Zelanda, Ceylan, il Madagascar, ecc. che hanno per base rocce granitiche o gne- issiche. * * * Sia dall' affasciamento delle grandi catene di monti , come dalle immense pianure e dai profondi abissi, risulta che in tutte le parti della Terra la roccia fondamentale è granitica. * * * Cuba. Base di granito con rocce serpentinose. Haiti. (San Domingo). Dalle ricerche di Gab.b risulta che la base è di granito e le alture del monti di Cibao sono sienitiche. Giamaica. Le ricerche di Sawkins e Brown misero in evi- denza ella r isola consta di sienite , granito e diorite sul lato sudoccidentale. 8t. Vincent. (Antille). Le rocce contengono dal 56,71 nelle andesiti, al 48,71 di SiO'^ o/o nel basalto (Pisani). Guadalupa. Secondo le ricerche di C. Deville (Sur les roches vulcaniques des Antilles (Guadalupe), Bull, de la Soc. Oeol. de Fraìice 1851 p. 423) le rocce contengono: 74,11—69,66—55,95 — 48,61 di silice per cento. - Il Pacaya è trachitico. h' Imi co (faro del Salvador), doleriti con 53,50 di SiO^ o/o (Bunsen) quelle di Foas 56,37 e di Turrialba 56,36. — 6 — Nel mezzo del Lago Ilopango (sulla grande linea vulcanica, che lungo il Pacifico passa per San Salvador) si formò nel 1880 un nuovo cratere di riolite (Rockstrok), Nel Nord America , nei Basin Ranges , si osservano nella parte meridionale rocce arclieane, sulle quali si rinvengono masse di riolite e basalti. (Witliney) — I Basin Ranges , diretti a S. E. si uniscono e continuano nelle catene messicane (75,26). Nel Jellowston Lak e National Park : Riolite con SiO^ "/o 77,00; Riolite con 74,70; Andesite con 56,19 e Basalti con 50,30 di silice per cento. Beam {Amer. joitrn. 1883) Idding. Amer. rep. U. 8. geol. Sor- vey, (1888). Dagli studi di Hayden e Holmes sulla regione vul- canica del Jellowston risulta che dal tavoliere di rocce arcaiche furono eruttate trachiti, rioliti e basalti. Sierra Nevada, secondo Withney, è una potente catena, che si estende continua per più di sei gradi di latitudine, e consta quasi tutta di graniti. Sul lato orientale si rinvengono grandi masse di rocce eruttive, e confina coi Basin Ranges. Woodward e Rosembuch riscontrarono nelle rioliti il 76,80 e 75,44 di silice, e nelle andesiti 61,12 fino a 55,86 di SiO^ ^/o. * * * Coast Ranges. A ovest della California , questa catena pure granitica il "VVithney crede che consti di granito terziario e non archeano . come si credono i graniti della Sierra Nevada. Sulla catena Coast Ranges si rinvengono rocce eruttive antiche {trachiti) e recenti (basalti). * * * Le rocce dell'America occidentale, secondo Hague, e Idding, sono: andesite iperstenica e andesite con orniblenda, e sul Lassen's Peak (nella California settentrionale) anche daciti e basalti. Le daciti contengono 69,36 di SiO^ o/o. Zirkel. voi. II, p. 575. Leipzig, 1894. * * * Nel fondo del gran Canon (Dutton) , sul tavoliere del Co- lorado , compariscono depositi archeani con 74,95 di SiO'^ 7» (Lepsius), e siluriani. SuU' alto del tavoliere traversato dal gran Canon, si vedono numerose eruzioni basaltiche; si vedono colate antiche con 59,78 di Silice "/o e più di cento coni di cenere molto più recenti. (Suess. voi. II, p. 455). Le andesiti contengono 56,19 di Si02 "/o. Suess opina che molti massicci americani sono identici a quelli che si rinvengono in Europa, nella Selva nera, nel Morvan, nella Cima d'Asta, ecc. La massa granitica del Leone Peak a N del Lago d'Utak e l'altra di Clayton Peak, al Lago Salato (Suess. voi. II, p. 447) avrebbero lo stesso significato dell' Adamello e di Predazzo. A proposito di Predazzo, il Prof. F, Zirkel (voi. I, p. 813), sempre per combattere la mia legge, scrisse che in quella massa archeana si verifica : « alternanza di viasse inìi acide e imi basiche: Monzonite con 45—55 7o di SiO^ Granito » 66 Melafiro » 45-56 Porfido ortoclasi co » Q6. Secondo Zirkel, la monzonite sarebbe più antica del granito ed. il melafiro del porfido. La monzonite ed il melafiro, rocce ba- siche , sarebbero state eruttate prima del granito e del porfido ortoclasico. Invece risulta da una pleiade di geologi e petrografi che Predazzo presenta la seguente serie di rocce : Gneiss con 76,52 di SiO^ o/o (Gumbel) Porfido » 71,56 » » » (Lemberg) Tonalite » 66,91 » » » (Rath) Sienite ^ 58,05 » » » (Kjerulf) Monzonite * 52,16 r> » » (Hauer) Melafiro » 48,12 » » » (Ricciardi) Serpentina » 40,55 » » » (Hauer). Non credo di dire altro sulla asserzione fatta, contraria al vero. * * * Il Monte Rainier , nel territorio di Washington , ha sulla cima un cratere e sui fianchi ghiacciai. Hague e Iddiiig hanno studiato le rocce : essi trovarono basalto , andesite iperstenica , andesite con orneblenda e nel Lassen's Peak anche dacite con 69,36 di SÌO2 o/o. Il Monte Tasjnnbina (Columbia) contiene 63,19 di SiO"^ "/o nelle daciti (Hòpfner). Dalla California settentrionale fino al Capo Horn, per circa 95 gradi di latitudine, la costa pacifica è accompagnata da brevi catene staccate, die per tutto il loro corso sono formate da rocce di tipo archeano , da numerose rocce eruttive antiche e poi da sedimenti (Suess, p. 473). Secondo Richtliofen i graniti della Sierra-Nevada non pos- sono essere più antichi del giurese; contengono 76,80 di SiO''^ 7" (Woodward). * * * Le rocce dell'Ecuador, .secondo Th. Wolff, sono trachitiche con 72,46 di SiO^ °/o (Roth) e andesitiche. Cosi il Pasto è an- desitico con 61,26 di SiO^ o/o (Kiich); lo stesso il Plcliincha, con- tenendo la roccia il 67,07 di SiO^ °/o secondo Abich (Ann. des Mines, 1840-1842). Ij' Antisana ha eruttato SiO^ o/o, 77,06—64,27—58,26- 48,50, e il Cotopaxi trachiti, andesiti, ecc. con le seguenti quantità di Si02 o/o: 73,77—69,28 — 63,98 — 56, 89—47, 61. Nuova Guatemala: daciti, con 67,91 di SiO^ o/q. Nel cratere Sangui il Wisse trovò la trachite che si era fatta strada attraverso alle formazioni gneissiche (Neumayr, p. 254). Nelle Ande le daciti contengono 68,05 di SiO'^ ^/o (Rudolph). Il Popocatepell eruttò andesiti e basalti. Le proiezioni sono trachitiche. Il tavoliere del Messico è archeano e le rocce con- tengono SiO^ o/q : 75,26 — 66,85 — 54,84 — 48,71. UArequipa (Perù e Balivia) è trachitico con 62,42 di SiO^. Il Tupungato (Santiago-Chili) ha eruttato lave andesitiche con augiti passanti a basalto. Le rocce di Calbuco^ secondo Fischer, sono andesiti con 54, 84 di Si02 o/o (Bruhus). * * * L' Isola Chilae o arcipelago Chonos (Darwin, p. '247), al sud fino alla penisola di Tres Montes, uno dei quali alto 720 metri, si compone di graniti che sembrano essere contemjjoranei col prin- cipio del mondo. * * * L' Isola Fernando Noronlia ad E. della massa Brasiliana (lo rocce di quel tavoliere contengono il 75,23 °/o di SiO^ — Baerwald), che è granitica, consta di fonolite e basato. Le fonoliti, secondo Giimbel, contengono SiO'-^ 7o 59,46 e 65,08. Darwin nell'estremo Sud e Withney a Nord hanno sostenuto l'età recente dei graniti nell'America. * * * In Sassonia, nel Tirolo Meridionale ed in Sardegna, secondo Delesse, alcuni graniti sono cretacei. * * * Sulla Cima d'Asta (Suess) trovò il granito ternario. Nella valle centrale della Scozia, attraversano il carbonifero molte rocce eruttive del periodo permiano (Geikie). Nello Zechstein di Schmalkaden (Germania) lo Schmidt ac- cenna ad un dicco granitico, che conferma nella Turingia i graniti posteriori al periodo permiano. Lotti. Considerazioni sulla età e sulla origine dei graniti toscani. Boll, del R. Comitato Geologico d'' Italia p. 115. 1884. Non havvi nessun indizio di eruzioni di porfidi tanto nel Lias, quanto nelle Prealpi lombarde. * * * Nelle Alpi ebbe l'apogeo il vulcanismo dell'epoca permiana, con eruzioni di porfidi, come nella valle Brache nei Vosgi (Dau- brée), e cosi nel Tirolo (Richthofen). A Lugano i porfidi si rin- vengono nelle formazioni permiane e carbonifere. Nelle prealpi si trovano porfidi nel trias inferiore (Negri e Spreafico). Quelli della Valle Camonica rimontano alla fine del — 10 — periodo permiano o al principio dell'epoca triasica (Suess, Negri e Spreaficoì. 11 tutto accenna ad una sfrenata attività vulcanica sottomarina. Auvergne. Gli. Martins (Bull, de la Soc. Geol. de France 1850 p. 13) ammette con H. Lecoq (Ann. Scient. et industrielles de l'Auvergne, 1828, p. 65) che nell'Auvergne si distinguono quattro specie di rocce , che si alternano come segue : 1« Trachiti ; 2° Filoni trachitici ; 3° Basalti in colate e in filoni ; 4° Lave ba- saltiche. Dette rocce contengono le seguenti quantità di silice per cento: 74,80—69,23 — 60,97—57,01 — 46,66 Groenlandia. Sul tavoliere granitico della costa orientale, si rinvengono trachiti, andesiti e basalti. (Nordenskjold, Geological Magatine, 1872). Il granito contiene SiO^ «/o 74,85. * * * Islanda. Piattaforma granitica. Le rocce contengono le se- guenti quantità di silice °/o : 76,67 — 66,18— 59,45 —48,47 (R Bunsen, Ann. de Chim et de Phys. S. III. T. XXXVIII p. 215—1853). * * * Isola Staffa — Basalti con 47,80 di SiO" 7o (Dechen). Isola Bómmel. (Dr. H. Reush. Bòmmelen oy Karmòen med omginelser geolojisk beskreone. Kristiania, 1888). Interessante per la genesi delle rocce cristalline e loro cronologia. Isole Fdroer. l Geikie (Chronologie des Trapps. Trans, de la ( Soc. d" Edimhourg 1861. Of the Geol. Society 1895-96) sostiene che in generale dai vulcani furono ei'uttate rocce di composizione chimi- Irlanda. \ ^^ intermedia., alle quali seguirono le rocce acide e hasicìie. Sopra questa importante osservazione vedi Isola Skge. ì j^icciardi. Boll, della Soc. di Naturalisti in Isolo Ehridi. \ ^>^^^- ^°1- ^^XI. 1907 p. 71, 83. Lyell, Manuel, 1855, p. 181, o Geikie , Trans. Soc. d'Editti. 1861. — U — Arcipelago delle A^^orre. Alcune isole di questo gruppo sono costituite di rocce scistose stratificate. L'isola S. Michele eruttò tracliiti e basalti, secondo "Webster. (Scroope, p. 4'22-424). (Guiod, 1863). L'isola Pico: trachiti; e Terceira e S. Giorgio: trachiti co- perte da espandimenti basaltici (Fuchs). Isola Madera: trachiti e basalti (Lyellj. Scroope, p. 423). Isole Porlo Santo e Basco: trachiti, fonoliti e basalti (Scroope p. 426). Isole Canarie. La grande Canaria lascia vedere nel fondo le trachiti coperte di tufo , poi diversi strati di greestone e di basalti. Fritsch e Reiss ^) accennano a sabalde di obsidiane che incass;ino i dicchi fonolitici e basaltici Le isole Forteavventura e Lancerote sono costituite di sieniti, trachiti e basalti. (Scroope, 430). Tenetiffa: trachiti con 60,79 di SiO^ "/o? greestone con 67,66 e basalti con 62,46. (Deville). L'isola Palma è poggiata su rocce archeane ed ha eruttato rocce trachitiche con 62,42 di SiO^ ^O: andesitiche con 66,40 di SiO^ (Mardnez), e basalti con 40,22 di SiO^ o/o (Wervek;. * * * Isole Capo Verde. Secondo Darwin e Doelter constano di gneiss ed altre rocce cristalline, dioriti, sieniti e diabasi. Fago : trachiti e basalti con 43,46 di SiO^ 7o (Deville , Pirsson). San- tiago : trachiti e basalti con 42,69—40,28 di SiO^ «/o (Doelter). Sant'Antonio: trachiti e basalti con 46,95 — 41,09 (Doelter, 1882) e Duvalle, Bull, de la Soc. géol. di France. Voi. Ili, 1846. (Darwin). Isola Ascensione: Scroope, p. 434, riporta le osservazioni di C. Darwin (Iles-volcaniques). « Les roches qui la composent sont en grande partie trachytiques , surtout les masses centrales et inférieures ». Eruttò pure lave basaltiche (Scroope, 434). Nelle rocce si riscontrano frammenti di granito; ciò prova che la piat- taforma è archeanica. Le trachiti contengono vene di silice e ricordano quelle dell' Isola Ponza (Mediterraneo). Isola Sanf Elena, trachiti, fonoliti e basalti. (Darwin). Isole Galapagos e Sala-i-Gomez a S. Secondo Lopez , le ul- time lave sono basaltiche. Bunsen trovò in un tufo polagonitico il 36,93 di SiO^ o/o. 1) Geol. Beschreibung, p. 407. 12 * * * Isole HoAvai. (Arcipelago delle Saindwich) Piattaforma gra- nitica; le lave recenti sono basaltiche e contengono 51,40 — 49,20 di Si02 o/o (Cohen N. lagrb. f. Min. II , 41 1880) W. Brigham Notes an the voi. Phen. of the Hawaiìan Islands. Mem. of the Boston Soc. of Naturai History 186 S. Isola San Paolo: rioliti con 72,30—71,81 di SiO^ "/o (Hauer) e basalti con 51,09 di SiO^ Vèlain. Rech. gèol (Aden, Réunion, St. Paul et Amsterdam) Paris, 1875. Madagascar^ sul tavoliere granitico in continuazione dell'A- frica. Le rocce dal granito, gneiss, dioriti, alle ultime lave ba- saltiche, con 48,61 di SiO^ % (Ricciardi). Indostan e Asia Centrale. Nella catena dell'Imalia, granito, sieuite, porfido, greestone e basalto con 48,24 di SiO^ ^o- Contengono pure trachiti , fonoliti con 56,20 di silice o/o e basalti con 48,95 di SiO^ o/o (Brasche). Isola Riunione : I vulcani delle isole dell' Oceano Indiano eruttarono prima rocce acide (rioliti) e poi basaltiche. * * * Isole Vulcaniche : Moliicche : Sonda (68,06) — N. Oiiinea\ N. Ebridi'^ Tonga, ecc. Filippine (54,48) Formosa (53,89) Vulcani del Giappone; (48,97) Curuli; Kamtschatka; Aleutine; Alaska. Perrey Lyon 1863.-^Dittmar e Bogdanowitsch in Peterm. Oeog. Miti. 1860 — 1904. Il Grande e Piccolo Ararat è costituito da trachite e « les laves du còte sud sont pour la plupart basaltiques » Scroope, 406. Il porfido del Grande Ararat contiene 77,60 di SiO'^ ; quello di Besobdal 76,66 e l'ossidiana del Piccolo Ararat 77,27 di SiO^ o/^ Abich, Ueber d. geol. Natur. d. Arraen Dorpuat, 1843. Nel Caucaso ove finiscono le grandi catene dell'Asia Cen- trale, si rinvengono rocce archeane che formano il substrato di quelle formazioni. 1j Elhurz nel Caucaso è un cratere estinto di trachite su base granitica; cosi nelle rocce del Kalsbek. Abich trovò SiO^ o/^,. 76^66—69,77 — 61,27—48,47, ossia la riconferma dell'evoluzione minerale. — 13 * * * Isola Siiìnatra. Secondo Verbeck ed altri scienziati quest'isola è costituita di scisti antichi ; granito intruso più recente ; scisti e calcari carboniferi, non clie una serie di eruzioni di inetre verdi, specialmente diorite e diabase. Inoltre ha formazioni terziarie con andesiti del terzia^-io medio ed i potenti vulcani recenti basaltici. Le andesiti contengono 63,41 di SiO'^ ^/o. Lo stesso Verbeek e Fennema ammettono che Sumatra si separò dall' isola Giava, le cui andesiti contengono 58,35 — 57,60 e 51,64 7o di SiO^, e il tufo palagonitico con 37,57 di SiO^ 7o, e presenta una straordinaria omologia tettonica tra il tavoliere Indiano e la parte settentrionale dell' Oceano Pacifico. Infatti l'Australia è un tavoliere circondato da montagne , delle quali non si vedono che alcuni frammenti nella Nuova Zelanda e nella Nuova Caledonia. Dalla Nuova Zelanda si ha un prolungamento della catena meridionale dei vulcani nella direzione della Terra di Vittoria, dove Ross trovò i noti vulcani Èrebo e il Monte Terrore. Tra i ghiacci del Polo Sud si rinvennero frammenti di granito. In queste isole , in generale , si ha la prova inconfutabile della cronologia delle rocce da me comprese nei due periodi, cioè dal granito ai melafiri, e dalle trachiti ai basalti. Infatti, nell'Au- stralia, nella Provincia di Vittoria, vi sono dioriti con 57,69 di SiO^ 7o (Howitt) e basalti, nelle formazioni mioceniche, che ri- posano sopra il granito e gli scisti paleozoici. Come nella parte settentrionale della Nuova Zelanda si ha la serie ascendente, se- condo Hector, dal granito alle diabasi e melafiri, e dalle trachiti ai basalti. Le trachiti della Nuova Zelanda contengono 71,00 "/o di SiO^ le andesiti 62,29 e quella del Tarawera dell' ei'uzione del 1866 contiene il 50,90 di SiO'- o/o (Pond) ; la dunite 42,80 (Kolendo). co Cri <^ bJO hJ O > b£i o o d o co bjD c« c3 OD 1 1 S Cd CD 0) > C3 r— " 3 &iD Ci rj S g i 1 CO g ^ O ^;^ bD '^ cp PI ® =? CD --I O J ^ E^ c^ O M' :5 ^ c3 a; cij 44 CD ® r^ bJD o p> ^^ ci^ m EH w. 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Stabilito che la roccia fondamentale o l' involucro idropla- stico non è che il granito, la logica vuole, tanto più che in natura non si procede a salti , che le prime eruzioni dovevano essere state di graniti, quando non vi era intervento di sostanze capaci di modificare il magma ; ma quando queste vi presero parte, ne modificarono il magma, e quindi le rocce eruttate presero altri nomi, essendo differente la loro composizione chimica e minera- logica. Per me è sufficiente riscontrare nelle formazioni vulcaniche continentali od insulari rocce acide e basiche, come difatti è av- venuto in tutte le parti del nostro pianeta, per ritenere avvenuta l'evoluzione: e tengo ad esempio due nostre isole: Pantelleria e Caprera, poiché esse sono tipiche, nel mettere in evidenza sia la cronologia, sia l'evoluzione nelle rocce di eruzioni subaquee (Ca- prera) e in quelle di eruzioni subaeree (Pantelleria) : Isola Caprera. (Ricciardi) Isola Pantelleria (Foerstner ^) Silice 7o Silice "/o 75,45 — 69,99 - 65,66 - 45,50 73,10 - 67,18 - 60,24 - 49,42 - 44,64 Nella Sardegna poi si rinvengono rocce subaquee e rocce subaeree. Rocce subaquee (Cossa, Mattirolo, Viola) : Porfido quarzifero Porfido Diorite Diabase ^) SiO^o/o 75,98 69,40 56,13 44,44 1) Min. u. petr. Mitth. 188.3— XII, 1891 p. 510 2) B. Lotti. Paragone fra le rocce ofiolitiche terziarie italiane e le rocce basiche pure terziarie della Scozia e dell'Irlanda. Boll. d. R. Coni. Geol. d'I- talia S, II, voi. YIL p. 73 1886. Ricciardi. L'evoluzione minerale messa in dubbio dal Prof. G. Mercalli. Boll, della Soc. NnturaliMi in Napoli. Voi, XXI, p. 76. Napoli, 1907. 18 Rocce stibaeree, Vulcano Monte Ferru (Doelter) ; Traohite sanidinica con 57,01 di SiO^ °/o » Trachite augitica ^ 65,11 » » Fonolite » 53,95 » » Andesite augitica » 53,27 » » Basalto plagioclasico » 45,51 » » Basalto leucitico » 43,30 » » Le rocce subaquee e subaeree della Sardegna sono identiche a quelle riprodotte nello spaccato della Nuova Zelanda del dottor Hector, che studiò accuratamente quell' Isola ^). A proposito della Sardegna, il Prof. Zirkel (voi. I, p. 813) scrisse che le rocce del vulcano Monte Ferru, presentavano una diminuzione progressiva di acidità. E gli altri vulcani della Terra che nelle eruzioni hanno eruttate rocce, che pure il chiaro prof. F. Zirkel chiama: Trachite, Fonolite, Andesite e Basalti, perchè invertendo le cifre ne costituiscono un esempio di vulcano « in cui si verificò un aumento progressivo di acidità » ? Pure gli uomini più eminenti , per combattere una legge, specialmente se esce dall' Italia, perdono la logica. Perciò rispondo al trascendentale e sistematico socio G-aldieri con quanto scrisse Suess: « Già prima fu cercato di ritrovare la serie della denudazione dei vulcani. Dai più recenti coni di cenere dell'attualità siamo giunti a quelli in cui si scorge l' intera im- palcatura (Venda, Isole Ponza), e in cui forse già sono ricono- scibili tracce d' intrusioni acide laterali (Venda), che ci conducono a un confronto colle grosse laccoliti americane (Henry Mountai- nes, ecc.) Là dove la erosione era più progredita, all'interno delle colate a volta si mostravano rocce di tipo antico (sienite, diorite quarzitica, granito) nel profondo del cratere (Isola Ebridi, Tirolo meridionale) ; ma poi 'Sparirono le colate , la sezione dei centri eruttivi si allungò , e la linea della frattura vulcanica tendeva sempre più a riunirsi (Banato). Continuando l'erosione del man- tello esterno del pianeta, si vedono le allungate cicatrici, e quei grandi pani granitici o sienitici , intrusi nelle rocce stratificate, che hanno metamorfosato le rocce sovrastanti, e siamo cosi con- dotti sulle tracce di una serie di fenomeni abissali » ^). 1) HocHSTETTEK. New Zeland. pag. 487. 2) Ed. Suess. L'aspetto della Terra. Voi. I, p. 214-215. — 19 — Scrope ^): Les couches sédimentaires elles-memes sont bien moins uniformes quant à leur coinpositinn minerale et leur di- sposition , à cause de la plus grande influence qu'ont sur elles les conditions variables de climat et d'action méteorique , aussi bien que de metamorphisme, que ne le sont les roches plutoniques et vulcaniques. Il n'y a dono pas , je le soutiens encore , une plus grande obscurité dans les lois par l'action des quelles una de ces classes de formation se reproduit , quo dans les lois de l'autre catégorie, si on les étudie avec impartialité et sans parti pris^ à l'aide de l'observation et des deductions de la logique ». Stoppani a proposito di questa conclusione si esprime come segue : « Eppure quando si pensa come fa appunto lo Scrope, all' infinita varietà delle condizioni in cui si formarono le rocce sedimentarie, alle innumerevoli influenze esercitate sa di esse dap- prima dal vario clima, da tutti gli agenti meteorici, dalle forze della vegetazione e della animalità, poi dagli agenti interni, dai gas, dalle sorgenti, dai vulcani, dalla pressione, dal calore interno infine da tutte le forze esogene ed endogene; si comprenderà di leggieri come l'opinione comune , circa l'uniformità delle rocce sedimentarie e circa l'estrema diversità delle eruttive, è basata piuttosto sulle apparenze che sulla realtà. Non si rassomiglia esso meglio il granito delle Alpi a quello d' Inghilterra o d'America che, spesse volte, uno strato calcareo allo strato calcareo che lo ricopre ? L'attività interna del globo è complessa, variabile, ma una; mentre invece l'attività esterna riunisce alla massima com- plessività, alla somma variabilità, la più decisa molbiplicità » ^). Scrisse il Suess che verso il 1859 la maggior parte degli scienziati cercò la cagione della diversità dei depositi e delle faune, in oscillazioni lentissime ed estesissime dei continenti , e in ripetute variazioni climatiche, dovute forse a queste oscillazioni stesse. Ma allora comparve il libro del Darwin sull' origine delle specie, il quale scrisse : « Poiché il processo di sterminio ha avuto luogo in proporzioni cosi grandi, il numero delle varietà mediate le quali prima popolarono la terra, deve essere certo straordinario. E perchè allora ogni formazione geologica non è piena di questi anelli di congiunzione ? Certo la Geologia non ci mostra una catena organica cosi finamente collegata, e ciò è forse la più vera e la più seria delle 1) G. PoDLETT-ScKOPE. Les Volcans. 495-496— Paris 1864. 2) Corso di Geologia. Voi. II, pag. 401. Milano, 1904. — 20 — obiezioni che si possono fare alla mia teoria ». Ma la spiegazione, secondo me , sta nella molto incompleta conoscenza dei fatti geologici. Poco dopo, Darwin dice ancora: « Io credo die la Terra re- centemente sia passata per uno di questi grandi cicli di trasfor- mazione; e che da questo punto di vista, considerando anche le diversità dovute alla selezione , un gran numero di fatti nella odierna distribuzione può essere spiegata con forme di vita uguale o almeno prossime ». Ma, dico io, se è riconosciuto che i documenti geologici sono in sommo grado incompleti , perchè si hanno tante pretensioni per accettare, parlo di alcuni geologici dell'Università di Napoli, ciò che è derivato naturalmente dallo studio dei materiali vul- canici di tutte le epoche ? Se i geologi hanno tanti peccati scien- tifici da farsi perdonare , perchè vogliono coinvolgere me ? Io scrissi e non tolgo una virgola, che le rocce eruttate che costi- tuiscono le isole hanno una composizione chimica identica alle altre rocce eruttive che si trovano nelle formazioni stratigrafiche geologiche di tutte le epoche , nelle quali rocce la silice oscilla da 76 "/o a 47 "/o. Sostenni pure che il graduale passaggio delle rocce da acide a basiche avvenne ed avviene gradatamente e che non occorre nessun salto (come ha fatto qualche geologo che salta dall'Europa all'Asia, e dall'Asia in America) per costa- tare la verità della mia legge, ma basta una escursione in un' isola vulcanica e 1' analisi chimica di quelle rocce. « Ma il line delle nostre investigazioni deve sempre rimanere il riconoscimento di quelle grandi mutazioni fisiche in faccia alle quali le mutazioni del mondo organico non sono che fenomeni di secondaria impor- tanza » (Suess). Quindi, se io mi attenni alle deduzioni che scaturivano dai risultati delle ricerche chimiche , da me e da altri eseguite, mi sembra che ricorsi ad un mezzo più sicuro e non elastico, come è quello del mondo organico, che va soggetto a moltiplici cause che ne possono essenzialmente modificare gli elementi. Infatti, per quanto riguarda ]e rocce che io compresi nel 1" periodo e sono le seguenti : Grranito con Si02 7o 74,09 Gneiss » » » 70,34 Porfido » » » 64,45 Diorite » t » 60,12 Eufotide » > i> 55,58 — 21 — Dolerite con SiO "/o 52,22 Basalto » » » 47,40 io mi attenni alla cronologia geologica , e nessuno fino a questo momento ha avuto da osservare : In quanto al 2» periodo , ri- corsi alla composizione chimica delle rocce che successivamente, dalle trachiti alle rocce moderne, sono state eruttate dai crateri insulari e subaerei. Come le seguenti rocce : Tradii te quarzifera 74,78 ^'/o Pantellerite 70,30 » Trachite sanidinica 65,75 » Antesite 60,24 » Trachite leucitica 55,08 » Leucitotìro 52,16 » Lava recente 47,12 » E vero che spesso avvengono eruzioni suba([uee, e l'orse qual- cuna avviene in questo momento, ma le rocce di queste contem- poranee formazioni, sia che rimangano subaquee, sia che diven- tino subaeree, dimostrano di aver subite le stesse fasi evolutive che subirono le eruzioni subaquee di epoche remotissime o quelle non meno remote subaeree che si continuano oo-o-idi. Per me la questione è una, ed è fondamentale, vai quanto dire, che essendo stata constatata la formazione baseale granitica in tutte le parti della Terra, e da questa formazione ininterrotta di roccia acida si è giunti gradatamente alle rocce basiche (queste ultime non sono comparse che dopo diverse epoche geologiche e sempre in con- tinuazione delle profonde rocce archeane) ; ed essendo queste for- mazioni geologiche considerate come provenienti da eruzioni sub- aquee, come del pari sono le rocce sabaeree ed hanno esse pure la stessa composizione mineralogica e chimica; cosi la mia legge ha messo in evidenza in modo inconfutabile la genesi e la costitu- zione litologica e la composizione chimica del nostro pianeta. Comprendo bene che i sistematici si debbano ribellare alla mia legge, poiché essi che fanno spesso voli pindarici, per spie- gare le grandi lacune e trasgressioni che spessissimo riscontrano nella loro geologia stratigrafica, le cui serie di strati furono in tutti i tempi sconvolte in modo da non sapercisi raccapezzare, non possono adattarsi innanzi ad un fatto innegabile e logico quale è quello da me messo in evidenza, sia pure che non pre- — 22 — senti agli occhi dei profani gli anelli di congiunzione , ma che resterà pertanto sempre 1' espressione del vero. Del resto, se la paleontologia offre lo spettacolo di esseri in continuo moto tra- sformativo, perchè taluni poi si oppongono alla mia concezione della evoluzione nel mondo minerale? Possono i sistematici distrug- gere i fatti da me messi in evidenza, che la quantità di silice nelle rocce che costituiscono la loro cronologia geologica varia da 76 a 47 o/o e che nelle lave che costituiscono le isole vulcaniche e i crateri subaerii della Terra, hanno una composizione analoga, cioè, che il tenore di silice varia dal 76 al 47 °/o ? Questi fatti non potranno mai essere confutati. E allora qual'è la conclusione logica ? Nient' altro che la legge è stata apoditticamente dimo- strata. Del resto scrisse Gaudry « che gli uomini che non sanno concepire il diletto nella ricerca delle sorgenti misteriose della vita, che non comprendono la felicità che si prova scrutando le meraviglie delia natura, sono ben disgraziati ». Durante la mia vita scientifica ho goduto appieno questa felicità, compiango chi non l'abbia conseguita, « specialmente se ignora che i fenomeni della natura sono di cosi svariate forme, che nascondono facilmente la semplicità delle linee fondamen- tali > (Newberry). Ed ora che ho tentato di far comprendere al socio Galdieri le ragioni che mi indussero ad enunciare la mia legge, egli che ebbe la sincerità di dichiarare che non aveva letto i miei prece- denti lavori , dovrebbe ora dirmi se conosce la cronologia delle rocce eruttive, stante che sono quelle stesse che io compresi nel primo periodo, designandole come provenienti da eruzioni suba- quee. Siccome egli con la sua critica aggressiva dette fondo a tutti i vocaboli irriverenti, perchè in seguito si mostri più man- sueto, voglio tentare di raddolcirlo e dico, a lui beninteso, che nelle formazioni archeane si rinvengono diverse rocce cristalline e tra queste il granito, che dalla gran maggioranza degli scien- ziati vien considerata come roccia fondamentale e più antica, ed è costituita da pochi minerali , che complessivamente han dato all' analisi chimica una percentuale di silice, la quale alle volte supera il 77 «/o (Zirkel, Lehrbuch der Petrographie. Leipzig 1894, indica come massimo 80 7o e minimo 60,50, mentre Neumayr (voi. I p. 603) ammette un massimo di 80 % e minimo 40). Seguono i graniti, i gneiss, i porfidi e le sieniti. Le ricerche di Rosenbusch, di Lassen, di Zirckel, di Mac Pheyon, di Hawes, di Hall, di Traili, di Fucho, di Geikie, di Credner, e di molti altri, constatarono che i gneiss ed i porfidi quarziferi, sono in molti casi una modalità — 23 — del granito. Il Du Rocher non dubita di affermare che graniti e porfidi non rappresentano spesso che diversi modi di sviluppo di una stessa sostanza; cosi Stoppani dice che le sieniti si possono considerare geologicamente come varietà di graniti, e ne seguono le evoluzioni. Le sieniti contengono da 77,29 a 43,29 di silice °/o. Da alcune analisi da me fatte dei porfidi del Lago di Orta ^) ebbi occasione di constatare che in dette rocce la quantità di silice varia da 77.94 "/o ^ 50.28 , nella porfìride della Guizza di Schio 60.88, e poco di più ne rinvenne Von Fekemberg nel porfido rosso e nero di Mareggia (Gottardo), cioè il 61,67 ^/q. Anche nella sienite lo Steng rinvenne il 61,72 % di silice. A queste rocce seguono quelle dette pirosseniche , quali le dioriti e le eufotidi, che contengono una quantità di silice che dal 70,17 "/o nelle dioriti quarzifere porfiroidi, scende a 48 70 ^/o nelle dioriti del Tirolo Meridionale (Hauer). Vengono di poi le doleriti che contengono al massimo il 56 ^o eli silice e quindi le diabasi ed i basalti, rocce basiche, ed anche ultrabasiche, che contengono una quantità di silice che va dal 58,82 al 41.26 ^/o, come risulta dalle analisi di alcune diabasi e dei basalti della Sicilia ^). Di modo che bisogna giungere nelle formazioni geologiche cono- sciute coi nomi di giurese e cretaceo per parlare delle doleriti e dei basalti, i quali ultimi comparvero nel Vicentino dallo spirare dell' era cretacea, e continuarono le loro eruzioni fino al periodo quaternario. In questi fatti da me citati, e non è la prima volta, io intravidi tutta la importanza che potevano avere per una più precisa conoscenza della Terra. Fui molto confortato nella mia sintetica concezione dalle osservazioni che ora riproduco. Mac- Culloch verificò « che il granito delle Shetland, composto di quarzo feldspato, mica e orneblenda, passa con gradazioni insensibili al basalto » ^). Lo stesso scienziato osservò nel granito ordinario di Aberdun, che al mica, si sostituisce talvolta V orniblenda ; altre volte esso granito si riduce ad una miscela di solo feldspato e orneblenda, e tale miscela, rendendosi più fina, diviene un gree- stone, che passa gradatamente al basalto e finisce in una argilla fossile » . De Beaumont nel 1822 (Ann. des Mines, VII p. 522) chiamò minette, le rocce alterate che si rinvengono sulle formazioni ar- caiche. 1) Ricciardi. Sulle rocce eruttive comprese fra il lago Maggiore e quello d'Orta. Accad. Gioenia di Catania, 1880. 2) EicciARDi. I basalti della Sicilia. Gazzetta Chimica italiana, XI, 1881. 3) Stoppani. Voi, III p. 108. Milano, 1904. — 24 — Leminette contengono quantità di SiO'^ o/o che oscilla da 57,37 a 44,94. E Suess a pag. 201 ^) « Ma i vari fenomeni che ci si mostrano nello studio delle Alpi, ci insegnano a conoscere altri fatti asso- lutamente inaspettati. Mentre le rocce sienitiche e dioritiche si tro- vano nei crateri di vulcani terziari, Stadie e John ci fanno co- noscere rocce eruttive , che assomigliano non poco alle recenti midesiti e propiliti^ e che nelle regioni superiori dell' Adda e dello Adige sono intruse nella massa sottoposta a tutta la potente serie mesozoica » Riprende a pag. 204 « Cosi dal cono di cenere di oggi arriviamo alle masse granitiche degli Erzgebirge ; al granito di Brammen in Norvegia e a riconoscere la straordinaria varietà nella formazione dei graniti alpini ». Un altro esempio del genere è il Puy Chopime nell'Alvernia, ove sul granito si vedono colate di trachite e di basalto. Cosi dicasi, secondo Abich, dell'Armenia, dove sul massiccio costituito da rocce archeane si vedono rocce di eruzioni subaeree, dalle trachiti ai basalti. Pure nella Sierra el Lote, la Piata Mountains, nella Sierra Abajo, nelle Henry Mountains, nella Serra Nevada, nelle Montagne rocciose, nella Cordigliera delle Ande, nell'Ada- mello, Pedrazzo Euganei , Cima d'Asta ecc. Come pure furono rinvenuti frammenti di granito nei basalti di Boemia, e nei me- lafiri di Pedrazzo, e di porfido nei basalti di Sassonia. Rilevata la analogia tra le rocce, sulla cui cronologia mi pare che nulla abbia avuto da osservare il socio Galdieri, con quelle che si rinvengono nei vulcani continentali o insulari, ne dedussi quanto precedentemente ho pubblicato. Il socio Galdieri non am- mette nemmeno 1' altra mia ipotesi che le prime lave dei vulcani subaerei sono trachiti, ossia granito modificato nell' aspetto fisico per 1' azione del calore. Ora se i fatti da me citati nelle mie pre- cedenti pubblicazioni, alludo in ispecial modo a quella che lo ha indotto a fare le osservazioni critiche ai miei lavori, non lo hanno convinto, gli ricordo le seguenti osservazioni, cioè: che « Certe mo- derne trachiti di Ungheria contengono sovente mica, quarzo, feld- spato, orneblenda » ^); che Zirkel cita molte trachiti quarzifere, quella, ad esempio, del piccolo Rosenau nel Siebengebirge, quella di Hohenburg, quella del monte Kradek in Ungheria, che Bischof considera una varietà di trachite, d' età molto recente, che Roth chiamò liparite, come una varietà molto affine al granito e al por- 1) L' aspetto della Terra. Voi. I. 2) Stoppani, voi. Ili p. 107. — 25 — fido quarzifero; die tra il Perù e la Bolivia le catene che si tro- vano a N. di Litua, nel dipartimento d'Ancans, il Raimondi ha trovato che sonò costituite da graniti^ porfidi^ sieniti^ e la Cordi- gliera negra in molti punti è traversata da diorite recente. (Suess). Il Raimondi continuando la descrizione di quell' importante formazione geologica, scrive . « Verso Kuaraz e Caraz ai banchi di areneria della Cordigliera Nevada si uniscono zone secondarie di marna e di calcare ». Le cime più alte di questa potente ca- tena constano di masse di trachite. Sono ricordate anche rocce granitiche , ma Raimondi ripetutamente avverte della difficoltà di distinguerle dalle trachiti, e della loro età recente i). Che Greikie'^j, parlando del granito, si esprime come segue: « Ora, essendo il granito di origine profonda, come ne fan fede gli espandimenti attraverso formazioni fossilifere di varie età, dalle più antiche fino alle superiori secondarie ed anche terziarie, pos- siamo ammettere con Hutton che le rocce eruttive più recenti del granito hanno prese forme diverse considerate dall' aspetto fisico ed anche dalla loro composizione mineralogica, perchè di- versi furono i materiali che contribuirono alla formazione dei di- versi magma ». E lo stesso eminente geologo asserisce che le rocce eruttive più antiche assumono 1' habitus dei graniti; il che è deri- vato da ciò che nei terreni delle più remote antichità , questi compaiono come dicchi o sotto forma di espandimenti. Si am- mette che i graniti ebbero il loro massimo sviluppo nell' era geo- logica denominata azoica e paleozoica, e le ultime eruzioni sot- tomarine, sempre secondo Geikie, 1' ebbero fino all'epoca terziaria. Che l'isola di Ponza è costituita da una roccia che dicono trachite quarzifera, che assomiglia ad un minuto granito, e della stessa roccia pare sia formata l' isola Palmarola. Che le isole Eolie sono costituite per la massima parte di rocce molto acide, e 1' abate Spallanzani nel suo Viaggio allo, due Sicilie^ descrive le lave di Basiluzzo e di Panaria come composte di quarzo, feldspato e mica. Che il monte Venda e Cattalo negli Euganei, constano d'una roccia tanto quarzifera da farla considerare come un granito leg- germente modifirato, ed il granito dell' Adamello, che forma il nucleo centrale del gruppo delle Alpi Retiche, si presenta come un anello di congiunzione, interessante sotto 1' aspetto litologico fra il granito e la diotite, ed è indifferente chiamare quella roccia i) Suess. L' aspetto della Terra, voi II p. 402-403, Pisa 1897. y^\C a"^ 2) Geikie. Tex - Bookofgeolopy. Loudon, 1882. /\0h'^^^ ìs [uj LI B R A R Y - 26 — diorite o granito. Che G. Targioni-Tozzetti scrisse che « la dif- ferenza fra il granito e la trachite (peperino) del monte Amiata sarebbe la stessa fra la carne cruda e la cotta ». Che Dana ^) dice « che la trachite differisce solo per 1' aspetto e per il tatto dalla felsite, che rientra nella varietà del granito. L' avere le trachiti i cristalli d' ortosio traslacidi è differenza troppo piccola mineralogicamente, non meno che cronologicamente per tener separate due rocce. Che Abich vedeva nelle trachiti una varietà analoga a quella dei graniti porfìrici. Neumayr scrisse « che i più esercitati petrogran non sanno decidere se un saggio isolato appartenga, per esempio , alla trachite quarzosa , roccia vulcanica recente , od al porfido quarzifero , roccia vulcanica antica ». Che il prof. Gr. Ponzi scrisse che le trachiti romane hanno aspetto granitico porfìroide. Come pure le ricerche di Savi, Pareto, Pilla, Meneghini, Cocchi, di Acchiardi, Stader, Krautz, Fournel, Rath, Lotti ^), ecc. , trovarono una stretta correlazione genetica fra il granito tipico dell' Elba e le prossime trachiti , o lipariti che è lo stesso, del continente. Ed infine Stoppani ^) cosi scrive: « Io penso non sarebbe forse nemmeno caduto in pensiero ai geo- logi di distinguere i graniti, ossia le antiche trachiti, dalle tra- chiti , ossia dai moderni graniti , se i graniti avessero subito le evoluzioni delle trachiti. Perchè mai le trachiti presentano , in confronto di graniti, tante differenze accidentali, tanta gradazione di varietà per cui da una granulosa, cristallina, litoide per ec- cellenza, si passa all' obsidiaua ed alle pomici ? Gli è per la stessa ragione per cui le rocce eruttive antiche presentano le stesse differenze, le stesse gradazioni, in confronto delle rocce vulcaniche moderne. L' unica ragione è questa, che durante le eruzioni tra- chitiche, sulle nostre aree continentali, ebbero luogo tutte le pos- sibili transizioni dai vulcani sottomarini ai vulcani subaerei. Non cosi quando erompevano i graniti ». Interessanti sono le notizie del Roccati sull'Uganda e sulla catena del Ruwenzori ^). 1) Neumayr, Storia della Terra: p. 600, Torino 1896. 2) Lotti. Boll. Coni. Geol. 1887. I fatti accertati nel Campigliese unita- mente a quelli constatati all' Elba e nelle altre isole toscane appoggerebbero l' ipotesi di una stretta analogia in queste contr.ide fra granito e trachite, se- condo la quale quello e questa sarebbero a ri-juardarsi conte semplici modalità di consolidamento di un medesimo magma eruttivo. 3) Stoppani, op e: voi. o.° pag. 403. *) Prof. Alessandro RoccATr. Nell'Uganda e nella (catena del Ruwenzori. Boll. Società Geologica Italiana p. 127. Roma 1907. — 27 — Seguirono allo Lra(jhiti lo altro rocce subaeree, che i geologi indicarono con tanti nomi, come ad es.: Trachite porfiroide. T. quarzifera, T. sanidinica, T. leucitica, ecc. e poi successivamente Lipariti, Pantelleriti^ Rioliti, Duciti^ Andesiti , Leucitofin, lave ba- saltiche. A pag. 43 {Boll. Cam. Geologico d' Italia 1887) l' Ing. Lotti scrisse « E da notarsi fin d'ora il fatto importantissimo che in tutti gli esemplari del granito, della trachite porfirica dei filoni, e delle varietà trachitiche della massa, comparisce nel quarzo il zircone colle rarissime forme di colonnette allungate e che colle stesse forme comparisce pure nelle rocce granitiche e porfiriche dell'Elba (Nessig. Zeitz d. d. g. Gressolg., 1883 p. 118). Questo fatto con- tribuisce non poco alla conferma di una relazione e contempo- raneità di tutte queste rocce ». Infatti ecco le quantità di silice trovata nelle seguenti rocce. Granito di Molo (Elba) 69,30 ^q (Funaro) Trachite di Campiglia (Toscana) 70,64 (vor. Rath) Porfido quarzifero » » 70,93 » Continua Lotti (p. 50) « Vedesi adunque stabilita da un com- plesso di fatti una stretta relazione genetica fra granito e trachite, tantoché quello e questa non sono da riguardarsi che come mo- dalità di consolidamento di uno stesso magma eruttivo » Lo stesso Ing. Lotti ^) nel suo recente lavoro si esprime : « come accolgo alla stessa guisa la sua opinione, che mentre alle superficie si elevano le trachiti del Monte Amiata coi loro mine- rali di mercurio, in profondità si formasse del granito con mi- nerali associati analoghi a quelli dell'Elba e del Massetano. Questa idea infatti io l'ho sostenuta fin dal 1887 a proposito dei rap- porti genetici fra il granito e le trachiti di Campiglia {Boll. Comit. geol. 1887 , nn. 1 e 2) , ed in base ad osservazioni sui giacimenti metalliferi della Tolfa {Rassegna mineraria ^ XVI [ 1900), dissi, anche più esplicitamente, che la trachite miocenica di questa località era da ritenersi, come quella contemporanea di Campi- glia, in correlazione di masse granitiche sotterranee , alle quali soltanto, e non alla trachite, potevano attribuirsi i fenomeni di metamorfismo e la formazione dei filoni di minerali solfurati e delle masse ferrifere di questa località. Posteriormente poi mi 1) lug. B. Lotti, Osservazioni .sulla memoria di L. De Lauuay « La mé- tallogénìe de l'Italie » Boll, del JB.o Comitato Geologico d'Italia 1907, p. 5. — 28 — accorse di osservare che dentro 1' area metamoriìca della Tolta, nel fondo di un burrone presso la massa ferrifera della Roccaccia e nel fosso G-avassa , a poca distanza dalla coperta tracliitica , affioravano dei filoni di una roccia porfirica piritosa, a grossi cri- stalli di feldspato ortose , aventi dei caratteri intermedi fra la tracliite della massa effusiva ed un porfido. Questi filoni sono incassati negli strati eocenici ed è probabile , aggiungevo , che stiano a rappresentare delle intrusioni di una massa granitica esistente in profondità sotto 1' area metamorfica e metallifera , alla quale roccia eruttiva sarebbero dovuti i fenomeni di contatto suindicati e i depositi metalliferi >. Infatti il Neumayr , pur ammettendo la discendenza delle rocce dal granito , quando giunge alle trachiti quarzifere , alle rioliti o lipariti, dice che queste non sono essenzialmente diverse dalle rocce antiche. Fin qui andiamo di accordo con 1' A.; ma la discrepanza viene nella classificazione da me fatta di rocce subaquee e subaeree, che costituiscono due grandi periodi e non una continuazione, come vorrebbe Neumayr. Sta di fatti che i geologi ed i petrografi hau constatato che alcune rocce eruttive basiche, nere o verdi scure, delle formazioni siluriane, carhoìiifera o triasica , non possono essere distinte dai basalti del terziario recente. « Cosi come oggi non si fa distinzione fra basalto e lava basaltica, si dovrà anche abituarsi a fare astrazione dallo stato di conservazione delle rocce eruttive ed a rìanìre ì porfidi paleo- zoici colle trachiti terziarie e i basalti paleozoici con quelli terziari ». (Neumayr, p. 600). Questi fatti invero costituiscono la prova più evidente delle evoluzioni delle rocce dal granito al basalto, e dalla trachite (gra- nito modificato dal calore) alle lave basaltiche ^). Tanto è vero che lo stesso Neumayr a p. 602 scrisse : « sono chiamate basalti tutte le rocce massicce fortemente basiche, tipicamante compatte emerse del periodo terziario e se ne separano talora i tipi distin- tamente granulosi col nome di dolerite. Essi sono i rappresen- tanti terziarii e moderni del gruppo del diabase e del melaliro ». Quindi se nelle rocce subaquee antiche si va dal granito con -)-75 di silice per cento al basalto terziario con + 47 ^/o di silice, cosi dalle trachiti, rocce subaeree con + di 75 di silice per cento, si giunge alle lave moderno che ne cont 'Ugono -\- 47 "/o- 1) Geikie constatò noi ciu-hoiiilei-o del Ndi'liuiubertaml un filone di dolerite passante a basalto. — 29 — Anche Delesso osserva che la traohite presenta presso a poco gli elementi del granito , e i trapp quelli della diorite ; e così , continua Delesse, ogni roccia vulcanica trova la sua roccia 'plu- tonica (leggi subaquea) corrispondente. Lo stesso autore espresse r opinione che i graniti e le dioriti non siano che trachiti o trapp metamorfizzati ; e il predominio delle rocce vulcaniche nei terreni recenti, e delle plutoniche negli antichi, ripete da quel metamor- fismo che da sì lungo tempo su queste, e da si breve si esercita su quelle. (Ètudes sur le mètamorpliisme des roches, pag. 26,27). E come dianzi ho riportato quanto Mac-CuUoch verificò nel passaggio del granito delle Shetland a basalto, cosi ora riporto quanto è stato osservato in un' isola vulcanica. « Il Picco di Te- neriffa presenta infatti associato il tipo meglio spiccato di un vulcano subaereo al tipo di un vulcano sottomarino. Un gran cono gemello sorge, da un vasto recinto. Ecco il tipo subaereo. Ma dall' un canto dell' isola si stende una specie di piattaforma. Le montagne centrali sono trachiticlie , porose , scoriacee (deve essere stata questa la ragione che indusse i geologi a far indicare come trachiti le rocce delle eruzioni granitiche subaeree); la piat- tafoi'ma invece è di strati basaltici e di conglomerati basaltici orizzontali » ^). Furono questi fatti citati e molti altri che non riporto, per- chè i miei sono lavori sintetici, dai quali il socio Galdieri avrebbe appreso molte cose, che mi indussero a dare alla geologia una classificazione delle rocce e alla scienza una legge. Infatti a pag. 24 del mio lavoro ^) « Sulle rocce eruttive subaquee e subaeree e loro classificazione in due periodi », scrissi quanto segue : « Su questi fatti importantissimi io chiamo tutta l'attenzione dei geo- logi , poiché, dal confronto dei componenti delle rocce delle di- verse epoche geologiche, io scorgo die si possono dividere le roc- ce stesse in due grandi periodi. Nel primo comprendo i graniti, i gneiss, i porfidi, le sieniti, le dioriti, le diabasi ed i basalti. Nel se- condo si aggruppano le trachiti, rioliti, le lipariti, le pantelleriti, le fonoliti, le andesiti, ecc., e le lave moderne ». Se il socio Galdieri non ha saputo comprendere quanto io allora esposi, mentre altri ne hanno rilevata tutta l' importanza, non è che mi accora, ma mi duole solo di aver scorto in lui la tendenza dell' homo homini lupus. ^) Stoppani, op. e. pag. 85 Volume 3.° — Milano 1904, 2) Atti della Società italiana di Scienze Naturali voi. XXX, Milano 1887. — 30 — Ora se queste citazioni nemmeno riusciranno a farlo sgannare e pretende altri fatti per convincersi che la legge da me enunciata effettivamente si verifica, e la relazione risulta più clie costante , almeno pei due periodi , nelle due serie o nei due cicli di rocce eruttate dai vulcani subaquei e subaerei, io non so più a quali elementari esempii dovrei ricorrere per farglielo comprendere. Come pure, se il socio Gal d ieri crede die gli esempi da me citati sian pochi, per cui si è indotto a ritenere che la mia opinione è erronea, e soggiunge (con una autorità che non so da quale precedente scientifico gli scaturisca), « come gììistamente pensa il prof. Mercalli », ossia quello stesso prof. Mercalli, che sempre se- condo il socio Galdieri, « ìion si è mai occupato dell' evoluzione mi- nerale », non so cosa fare, tanto più che io mi sono sempre mag- giormente convinto, pur non ignorando quello che altri ha scritto dopo che io enunciai il vero e intravidi la legge. Del resto nessun fatto, dopo il 1887, è stato registrato da induran a modificare le mie idee, e per tanto, se al socio Galdieri o ad altri possono occorrere notizie di vulcanologia ^) sono sempre pronto a fornire tutti gli schiarimenti sull' argomento a chi ne domanda. In quanto al concetto di Bunsen , a cui forse ha creduto alludere il socio Galdieri, sulle rocce normali trachitiche e pirosse- niche , non ho nulla da aggiungere a quanto pubblicai lo scorso anno nel Bollettino della Società Geologica Italiana , e negli atti del VI Congresso Internazionale di Chimica applicata, tenuto in Roma. Avverto il socio Galdieri che rinunzio, nel modo più assoluto, alla sua assicurazione, per stare tranquillo sulla sorte della mia legge, stante che se egli nega la mia pretesa legge., altri che hanno fatto carriera scientifica con i loro studii e ricerche originali , senza essere temerarii, 1' hanno accolta. Il mio critico venendo alla conclusione disse: « Non perciò viene posta in' dubbio la teoria dell' evoluzione « Questa., sia pel mondo organico che per V inorganico., è basata su ben altri argomenti. 1) A proposito di Vulcanologia, come va che questo insegnaniento non è stato impartito nella nostra Università fin dal 190;) , pur facendone obbligo 1' avviso di concorso al posto di Direttore dell' Osservatorio Vesuviano, e pur confermandolo la relazione della Commissione es miinatrice pubblicata nel Bollettino della Pubblica Istruzione N." 17, Voi. I, Anno XXXI, pag. 831, Roma, 17 Aprile 1904 V E quella relazione fu o no approvata dal Consiglio Superiore '? e le con- dizioni messe furono osservate e fatte ottemperare da clii di dovere? — 31 — Nel mio precedente lavoro ^), feci rilevare la contradizione in cui è caduto il Mercalli, poiché parlando delle rocce di Pan- telleria asserisce che si verificò una evoluzione molto regolare del magma da acido a basico (pag. 253} , mentre a pag. 396 sostiene che la teoria di Stùhel non spiega la individualizzazione e V evolu- zione dei magma. Ciò è sufficiente per far ritenere che il Mercalli ammette 1' evoluzione , pur cercando di negare quella legge da me enunciata fin dal 1887-88 e che meglio la spiega. Nessuno ignora che il concetto dell' evoluzione nel mondo biologico, ampliato e corredato di osservazioni inconfutabili, venne diff'uso da Carlo Darwin nella metà del secolo passato. Ebbene, dal 1859 ad oggi sono passati più anni di quanti ne sono scorsi dal giorno in cui io enunciai 1' evoluzione nel mondo minerale e fui compreso m Italia e all' estero , perchè gi' ingegni sani seppero comprendere , non solo leggere , quanto scrissi nel J888 e che riproduco « mercè 1' intervento dell'acqua del mare, le rocce erut- tive subiscono una fase evolutiva, passando dal tipo acido al tipo basico.... per me la roccia granitica, nelle evoluzioni delle rocce eruttive , rappresenta il ^rotile di Croockès e di Reynolds nella evoluzione chimica inorganica ed organica ") ». Nel granito quindi io vidi, per analogia, ciò che il zoologo vede in uu protozoo , e nel basalto o rocce basaltiche il mam- mifero, sempre per analogia. Ora, se altri fonda l'evoluzione mi- nerale o inorganica, su ben altri argomenti ^), io al massimo posso essere un ammiratore degli altri argomenti, ma posso pure rima- nere, come di fatti resto, saldo nei miei convincimenti derivanti dall' esperienza. 1) L. Ricciardi — L' evoluzione minerale messa in dubbio dal Prof. Giu- seppe Mercalli — Società dei Naturalisti di Napoli. Voi. XXl, pag. 68,98. Na- poli 1907. 2) Ricciardi — Coifronti tra le rocce degli Euganei, del Monte Amiata e della Pantelleria. Gazzetta Chimica Italiana., t. XXIll, 1888. Atti della Società, di Scienze Naturali di Milano. Voi. XXXI pag. 207 — 1888. •^) Boll, della Sccietà dei Naturalisti di Napoli. Voi. XXl p. 102— Napoli 1907 Allude, forse, il socio Galdieri, al Cardano, che accordò alle pietre anima e vita, o all'Etmullero, clie sostenne avere le pietre la facoltà di partorire ? 11 socio Galdieri come geologo dell' Università dovrebbe ricordarsi 1' opera del siciliano Scilla « Vana specidazione disingannata dal senso » che ha nel fronti- spizio rafifigui-ato il Genio dell' osservazione, situato sopra una montagna sparsa di corpi marini, che presenta una di quelle spoglie a un fantasma rabbuffato, in cui volle simboleggiare la filosofìa aristotelica, che vede e tocca, eppur non crede. — 32 — Chiedo intanto venia se lio dovuto riferire in questa tornata su cose trite, ma mi scusino i colleghi che mi sono stati larghi di benevolenza, prestando tutta la loro attenzione alla difesa di un argomento contro cui solo una deplorevole leggerezza ha po- tuto destare la velleità di compiere uno di quegli atti che spesso han fatto cadere nel ridicolo. E con ciò dichiaro che io non ho tempo da perdere , per seguire una polemica poco seria, ma nel contempo stesso dico di essere sempre pronto a sostenere ovunque e con chiunque discussioni su argomenti scientifici che formano la base della mia legge, il cui substrato è assolutamente granitico o trachitico, che è lo stesso. Mi auguro che i giovani che scendono nell' agone per lottare pel trionfo della scienza e del vero, cerchino di edificare e non demolire. E più ancora poi evitino di essere critici non originali, come è il caso del socio G-., stante che lo Stùbel, esumando la teoria di Humboldt che ammise i vulcani fossero isolati^ variabili e oscuri^ credette di combattere quanto io avevo enunciato, cioè che il fenomeno vulcanico è identico in tutte le parti del mondo. Cosi il Neumayr, pur convenendo con me sulla discendenza delle rocce dal granito, ammise che non v' era diiferenza di struttura e com- posizione tra la trachite quarzifera ed il porfido quarzifero; e di questa opinione è anche Zirkel, ma non accolse il mio concetto di considerare le trachiti come le rocce più acide del periodo subaereo. Infine Zirkel accolse quanto io ebbi ad osservare nella com- posizione delle lave dell' Etna e del Vesuvio, trovando interes- santi i risultati delle mie ricerche (voi. Ili p. 902), cioè che da secoli non subiscono variazione nel quantitativo di silice (Vesuvio: lava del 1036 con 48,17 di silice per cento ed in quella del 1906 SiO'^ °/o 48,15), e scrisse che, come liberamente ha riassunto il Socio G. « vi sono infatti, casi di composizione chimica costante; di aumento progressivo di acidità ; di alternanze di masse più acide e più basiche, ed infine aggiunge che il caso più frequente ■sembra essere quello del progressivo aumento di acidità » ^). Ecco le rocce che secondo Zirkel (voi. I p. 911) presentano il progressivo aumento di acidità : 1 2 3 4 5 6. 7 Silice 7o 38,6 46,0 47,5 (>2,6 (52,3 66,6 75,8 1) ZlEKEL. Voi. .1 p. 810. — 33 — 1. Halbserpantinisirles olivin — Diallaggestein. 2. Loser Block aus Enstatit , Diallag. Hornbleride , Biotit , olivin. 3. Biotitdiorit. 4. Hornblendebiotitgranit. 5. Hornblendebiotitgranit nàher an VI. 6. Porpliyrartiger Granit. 7. Felsitgànge in Veder III (Analisen von Player). Ma lo stesso Zirkel (Voi. IH p. 247-252) riportando la com- posizione delle rocce che indica col nome di granuliti , viene a confermare quanto io enunciai, vai quanto dire la graduale di- minuzione di silice , come appare dalle seguenti cifre ; ammeno che non si voglia sostenere anche pei granuliti che da basici di- vennero acidi. Silice o/o 76,85 - 74,15 - 72,97 - 68,30 - 63,14 - 60,47 — 54,06—49,95— 46,52 Ora, domando io, data la conoscenza che si ha della costi- tuzione geologica della Terra, della petrogenesi e della cronologia delle rocce, se uno scienziato esaminasse queste cifre, ne dedur- rebbe che le rocce da basiche, son divenute acide o che da acide son divenute basiche ? Se fosse incerto, non dovrebbe fare altro che cercare in un trattano di petrografìa la composizione chimica delle rocce che qui appresso riporto, per convincersi che le rocce dalle arcaiche alle lave recenti, gradatamente da acide divennero basiche e non al contrario. Pertanto lo Zirkel avrebbe dovuto, come feci io studiando i porfidi di Orta e del Lago Maggiore , piuttosto rilevare che nei due grandi periodi delle rocce subaquee e subaeree, avvengono altri piccoli periodi nei quali si verifica il graduale passaggio delle rocce da acide a basiche, nelle singole varietà di rocce che sono comprese nei periodi. Talvolta sono due, tre graniti o porfidi diversi che si intrecciano in un sistema di vene, ed hanno composizione differente. Metto intanto in evidenza l' importantissimo fatto col ri- portare le quantità di silice riscontrate nelle seguenti rocce : Granito ^) Si02 0/^ 76,62-75,31- 72,24 - 70,09 - 64,74 - 60,50 - 56,80-54,42 - 48,50,15 - 65-42,08 1) ZiRELEL (Voi. II p. 29-30) dice: la silice nei graniti oscilla da 81,77 a 60,50 % Neumayr (voi. 1° p. 603) ammette che oscilla da 80 a 40 %. Scheerer, Bull. Soc. géoL, 2^ Serie, T. IV. — 34 — Gneiss ^) Si02 o/jj 77,94 _ 75^91 _ 72,34 - 67, 16 - 64.44 — 56,44 Granuliti ^) Si02 0/jj 76,85 — 74,15 - 72,97 — 68,30 — 63,14 - 54,06 — 49,95 — 45,52 Porfidi 3) Si02 o/o 76,94 — 74,58 - 72,10 — 70,93 — 64,41 - 59,03|— 56,59 — 54,44 — 50,28 SlENITI Si02 o/o 77'29 — 70,25 — 63,20 - 6 1,08 — 58,05 —55,43 — 53,10 - 50,35 - 43,69 Dioriti Si02 % 70,17 — 66,91 - 60,12 — 55,54 — 52,97 — 50,55 - 48,90 EUFOTIDI Si02 o/o 60,46-56,46 - 55,58 — 51,84 - 48,34 Doleriti Si02 o/o 56,37 - 53,09 — 52,02 - 50,25 Diabasi k Melapiri Si02 o/o 58,82 - 53,50 — 50,58 - 46,60 Basalti Si02 o/o 54,20 - 51,83 - 50,82 - 49,52 - 47,40 - 45,06 - 41,26 1) ZiRKEL. Leh. d. Petrographie. Voi. Ili p, 247-252 Leipzig 1894. 2) ZiRKEL. Voi. III. p. 241. Granuliti — varietà di granito eruttivo. 3) Ricciardi. Atti dell'Acc. Gioenla. Catania 1885. Studer. Zeit. d. Dent. geol. Gesell. Berlin, 1875. Lasaulx » » » » » » 1873. GuMBEL. Rend. R. Acc. d. Se. di Monaco 1880. DoELTER. Nenes lahrb. 1873. Hauer. Verh. d. K. Iv. geol. Resclis. 1876. — 35 — Trachiti SiO'-^ »/„ 76,76 — 74,78 — 71,00 — 65,14 — 60,97 — 57,97 — 54,13 RiOLlTI E LlPARITI Si02 7o 76,80 — 74,80-73,10 — 71,81 — 68,99—66,59 Baciti e Pantelleriti Si02 7o 73,10—70,20 — 68,05—63,19-61,43 — 49,87 Andesiti SiO^ 7o 68,06 — 63,41 - 61,12 - 58,92 — 54,48 50,90 Fonoliti SiO"' 7o 67,8- 65,08—64,26 — 61,31-58,16—53,65 — 49,18 Leucitofiri Si02 7o 58,67 — 56,32 — 54,02 — 51,24 — 48,25 Lave Basaltiche Si02 7o 49,23 — 47,61 — 44,67 LiMRURGiTE (magma basaltico) Si02 7o 42,69 — 40,22 AUYNOFIRO ^) Si02 7o 39,74. Quindi 1' osservazione di Lawson e Palache fatta nelle rocce della Califormia : intermedie^ acide, basiche, ciclo che si ripete al- meno 5 volte, come ha riferito il socio G., non fa che confermare 1) Ricciardi. Sulle rocce e minerali del Vulture — Melfi, Gazzetta Chimica Italiana, t. XVIII 1887. — 36 — sempre più i risultati delle mie ricerche , come già ebbi a dire nella precedente comunicazione « L' evoluzione minerale messa in dubbio dal prof. G. Meroalli » ^) riproducendo a pag. 76 uno spaccato della Nuova Zelanda del dottor Hector dove le rocce si affermano come segue : granito, gneiss, scisti, quarziti, dioriti diabasi ; porfidi , trachiti , doleriti e basalti. Ora se , durante le eruzioni vennero eruttate rocce di composizione cliimica inter- media, acida e basica, non cinque cicli, ma ve ne sarebbero stati 10. Ma ciò non inficia la mia legge , poiché pure nella Nuova Zelanda si ha un esempio inconfutabile di quanto enunciai. Colà appunto, come nella Sardegna , nelle isole Caprera e dell' Elba, è stato messo in evidenza che dal granito si giunge alle diabasi, rocce subaquee , e si hanno i tipi delle rocce comprese nel 1° Periodo , mentre nelle roce e subaeree si hanno quelle del 11.'^ (vulcano Monte Ferru in Sardegna), onde vediamo che nel 1866 il vulcano Tarawera eruttò rocce che contengono il 50,90 di SiO^ o/q. Ora, se 1' analisi chimica ha dimostrato la identità di com- posizione di tutte le rocce, siano esse del gruppo archeano, siano dei vulcani della terra ; e se 1' analisi microscopica ha messo in evidenza che gli stessi sono i minerali che compongono le rocce eruttive, e che identica è la tessitura o struttura , a segno che i petografì concordemente chiamano trachite, andesite , leucito- firo o lava basaltica le rocce eruttate dai vulcani del Kamtschatka come quelle del Yellowstnn, dell' Ekla, dell' Eifel^ dell' Auvergne dell'Ungheria, della Bosnia, delle Antille, della Sardegna, d'Ischia di Pantelleria, delle Comoren, di Griava, delle Filippine, di For- mosa, del Giappone ecc. ; non so perchè si voglia continuare ad insistere che non vi sia relazione o continuità, eccetto che nelle condizioni, tra le rocce archeane e quelle che vengono eruttate pure oggi dai vulcani attivi della terra. Il prof. H. E-osenbusch , dopo che io nel 1888 a Milano ^) ebbi ad enunciare che la roccia fondamentale, o la più antica, oppure la più profonda era il granito, credette opportuno di dire la sua opinione sulla interpretazione del terreno primitivo ^). A me resta da far rilevare che come altri avevano indicate le rocce più antiche, col nome di archeane^ oppure fondamentali , o pri- mordiali o primigenie, io credetti di essere più esplicito indican- 1) EicciARDi — Boll. d. Soc. di NaturnlisH in Napoli Voi. XXL 1907. 2) Ricciardi — Confronto tra le rocce degli Euganei, del Monte Ainiata e delia Pantelleria. Atti della Soc. di Scienze naturali. Voi. XXXI p. 195. Mi- lano 1888. ') RosENBUSCH — N. Jahrh. fùr Min. nnd Pai. 1889. Band. 2. p. 81-97. - 37 - dole come tipo granito, poiché erano troppo note le discussioni che si erano fatte sugli scisti , sui gneiss e sui graniti^ ma non s' era venuto ad una conclusione accettata da tutti i cultori della scienza. Dicevo pertanto che il Rosenbusch pure avendo pubbli- cato ciò che avrebbe diffuso dalla cattedra, cioè cosa debba in- dorsi per terreno primitivo, non potette non riconoscere la iden- tità di composizione chimica e mineralogica degli scisti, dei gneiss e dei graniti. Da questo insieme di fatti provati e riprovati, poi- ché la sintesi ha dato alla scienza tutti i tipi delle rocce dalle archeane ai basalti, non so, ripeto, comprendere la ragione di con- testare un principio che, essendo di applicazione universale, vien considerato come legge, e perciò é immutabile. In conclusione la differenza tra i dotti della Grermania ed il socio Galdieri sta in questo, che i primi, pur non accettando completamente i risultati delle mie ricerche scientifiche, si tenne- ro sempre all'altezza dell' importantissimo argomento, che come scrisse Neumayr, ha provocato maggiori polemiche ed ha fatto scrivere più di quanto si sia scritto pel principio di Darwin. Quegli scienziati nelle loro osservazioni furono impersonali, ed io, rispon- dendo nei miei precedenti lavori, sono stato anche impersonale al segno che non li ho nemmeno citati , convinto che quelli a cui credetti di esporre fatti , non ipotesi , in appoggio delle mie ri- cerche, fossero al corrente della letteratura sul!' argomento e del vasto dibattito. Risultati dell' analisi dell' acqua termo-minerale della sorgente San Calogero neir Isola di Lipari pel Socio Antonio Gabella (Tornata del 5 dicembre 1907) Nel versante occidentale dell' isola Lipari a circa 40 metri sul livello del mare e distante dal medesimo di duecento metri trovasi la sorgente dell'acqua termo-minerale, che, conosciuta da tempi remoti, prende ora il nome di San Calogero. L' acqua sgorga da una fenditura della roccia viva e poi si versa in un pozzetto, dal quale per mezzo di canali si scarica nelle camere di raffreddamento. La sorgente e il pozzetto sono chiusi da una di quelle co- struzioni antichissime , con grossi blocchi di pietra sovrapposti l'uno all'altro terminando a cupola, e l'unica apertura per poter accedere è molto più bassa dell'altezza media di un uomo ; que- sto recinto cosi chiuso chiamano stufa, poiché serviva e serve attualmente da camera sudorifera : l'insieme di tutta questa an- tica costruzione ha moltissima somiglianza coi Nuraghe di Sar- degna. L'interno della stufa di costruzione cosi antica è stata poi nei tempi più vicini a noi rimodernato con pavimento di marmo e la piscina centrale guardata da una ringhiera in ferro ; la stufa ha un diametro di circa 5 metri e nel contro un' altezza di tre metri. RICERCHE alla SORGENTE. Mia prima cura fu quella di assicurarmi se dalla fenditura si sviluppassero corpi gassosi, tanto più che il gorgoglio dell'a- cqua lascia in dubbio l'osservatore. Por questa ricerca montai un apparecchino simile a quello di Bunsen per la raccolta dei gas, servendomi di nn imbuto di vetro che collocai, capovolto, sopra la fenditura, innestando alla — 39 — coda dell'imbuto un lungo tubo di cauciù in comunicazione con una piccola boccia di Woulf a due gole. Fissato bene l'apparec- chio, aspirai un poco e l'acqua si riversò subito nella boccia di Woulf, a cui innestai un tubo di vetro per la raccolta dei gas con bagno e provetta capovolta piena della stessa acqua mine- rale. I risultati di questa ricerca sono stati negativi. Temperatura — Con un termometro campione a massimo, im- mergendo il bulbo nella fenditura, mi assicurai che la tempera- tura dell' acqua era di 62° centigradi , mentre la temperatura esterna all'ombra segnava 30° centigradi (30 settembre 1906). Neil' interno della stufa non si sente alcun odore speciale ; ma si sente fortemente il caldo umido, provocante abbondantis- simi sudori. Le carte reattive rosse di tornasole lasciate nell' ambiente della stufa, dopo alcuni minuti, si inumidiscono e prendono co- lore violaceo azzurrognolo. Le carte di acetato di piombo non subiscono nessuna alte- razione, come pure quelle di solfato di cadmio. L'acqua sgorgante dalla sorgente è limpida senza alcun co- lore ed odore particolare; lasciata raffreddare in un recipiente a bocca larga ed aperto si copre di un leggero strato bianco, se invece si lascia raffreddare in recipienti pieni e ben chiusi con sughero o meglio con tappo smerigliato l'acqua non subisce al- cuna alterazione e si conserva ottimamente, come ho potuto con- statare dopo undici mesi dalla raccolta dell'acqua. L'acqua dopo raffreddata ha sapore piuttosto piacevole. Il tenuissimo deposito., che dopo parecchio tempo, compare in fondo ai recipienti non essendo costituito da sole sostanze minerali ed avendo tutte le appa' enze di microrganismi, con molta cura ne ho raccolto una certa quantità, che consegnai al dottor d'Arrigo, pregandolo dell'analisi batteriologica, ed ebbi la seguente risposta : L' esame batteriologico delle acque termominerali della sorgente S. Calogero in Lipari ha dimostrato che esse sono assolutamente prive di microrganismi patogeni. Prof. Dott. G. d' Arrigo L'acqua leggermente acidulata con acido cloridrico, 2-3 goc- ce in un litro, non fa più quel deposito e si conserva inalterata. Se si agita in una bottiglia chiusa momentaneamente, non si intorbida, mentre se dopo l'agitazione si lascia riposare si ha un leggerissimo intorbidamento. - 40 — L'acqua agitata con un poco di acqua di calce si intorbida; questo intorbidamento si ridiscioglie quasi totalmente dopo agi- tazione ed aggiunta di altra acqua minerale. Ricerca dei nitriti, nitrati e dell' ammoniaca. La reazione di Griess ha fatto svelare tracce minime di nitriti. La reazione di Lungo pei nitrati è risultata negativa. La reazione di Nessler ha fatto svelare tracce minime di ammoniaca. Queste reazioni ho ripetuto nel laboratorio ed ottenni lo stesso risultato : positivo per la presenza dei nitriti ed ammo- niaca, negativo pei nitrati. Ricerca dell'idrogeno solforato e dei solfuri. Sebbene le carte all' acetato di piombo avessero dato rea- zione negativa della presenza dell'idrogeno solforato nelle vici- nanze della sorgente e nella stufa , pure volli provare 1' acqua calda e fredda ed ottenni risultato negativo con tutte le rea- zioni, inclusa quella col nitro-prussiato sodico. ANALISI QUALITATIVA. Con i metodi conosciuti per 1' analisi delle acque minerali ho proceduto a queste ricerche ed ho ottenuto i seguenti risultati: Gras disciolti [ ossigeno ) azoto anidride carbonica libera Cloro Anidride carbonica » solforica » silicica Ossido d d » d d i potassio sodio calcio megnesio di alluminio CI CO2 SO3 SÌO2 K2O NaaO CaO MgO AI2O3 in quantità dosabili — 41 Anidride fosforica P20r, I . . , i i .,• ^ ., ,. ^ „ ^ » in quantità non dosabili Ossido di ferro h eaOs ^ Ammoniaca AzHa ^ Anidride nitrosa AZ2O3 \ tracce minime L'acqua ha carattere spiccatamente salino e contiene la mag- gior parte dei suoi sali allo stato di bicarbonato. DETIiRMIN AZIONI QUANTITATIVE. Mi sono servito dei metodi già noti e delle quantità di acqua necessarie alla determinazione di ciascun elemento e gruppo di essi e le cifre che riporto nei quadri sono il risultato medio di due o più determinazioni per ciascun corpo. Il peso specifico venne determinato col picnometro; il cloro allo stato di cloruro di argento , 1' anidride solforica allo stato di solfato di bario, etc... Per la determinazione dei gas disciolti nell' acqua vennero riempiti alla sorgente dei palloni della capacità di un litro e poi chiusi ermeticamente con tappo di cauciù, nel cui foro centrale passava un tubo di vetro forato lateralmente che permetteva di chiudere il pallone immerso nella stessa acqua minerale e poscia di metterlo in comunicazione col resto dell' apparecchio senza avere contatto con l'aria esterna. Per la determinazione dell'anidride carbonica si procedette nel modo seguente: alla sorgente si introdussero in diversi pal- loncini ce. 'iOO di acqua e subito veniva aggiunta sufficiente quantità di cloruro di calcio ammoniacale di recente preparato e celeremente chiusi con tappi di cauciù. Indi nel laboratorio, con le norme indicate dal Classen, l'a- nidride carbonica totale veniva dosata, facendola assorbire da calce sodata. I risultati di queste determinazioni e dei calcoli sono ripor- tati nei seguenti quadri (I-IV): 42 Temperatura dell'acqua (30 settembre 1906) ■> dell'ambiente ( » » » ) Peso specifico a 15° Cloro CI per litro gr. Anidride carbonica totale CO2 » » » » solforica » silicica Ossido di potassio » di sodio » di calcio » di magnesio » di alluminio Ossigeno disciolto Azoto » Eesiduo a 100° . I2O0 » » 180° » in solfati SO3 SÌO2 K2O Na20 CaO MgO AI2O3 0 Az ce. sr. 62« 30o 1,0021 0,196920 0,666650 0,687270 0,282000 0,005370 0,441000 0,330500 0,030000 0,026009 3,2 25,6 2,154 2,100 2,050 2,314 II. RESIDUO IN SOLFATI. Solfato di potassio K2SO4 £ » sodio Na2S04 » » calcio CaS04 » » magnesio MgS04 » » alluminio Al2(S04)3 Silice SÌO2 scr. 0,009940 1,010032 0,802643 0,060000 0,087177 0,282000 B-esiduo in solfati calcolato = gr. 2,251792 » » trovato direttamente » 2,314000 Differenza gr. 0,062208 — 43 — III. COMPOSIZIONE PKOBABILK UELL' ACQUA PARAGONATA COL RESIDUO A 180» Cloruro di potassio » » sodio Solfato di sodio » di calcio Carbonato di calcio KCl NaCl Na2S04 CaS04 CaCOs > » magnesio MgCOg Allumina AI2O3 Silice SÌO2 sr. 0,008494 0,318299 0,622798 0,572344 0,168949 0,062705 0,026000 0,^82000 Totale gr. 2,061589 Residuo a 180° trovato direttamente » 2,050000 Differenza gr. 0,011589 IV. C0MP0SI7.I0NE PROBABILE DELL ACQUA CALCOLANDO I CARBONATI ALLO STATO DI BICARBONATI. Per litro : Cloruro di potassio KCl " » sodio NaCl Solfato di sodio Na2S04 » » calcio CaSO^ Bicarbonato di calcio Ca(HC03)2 » » magnesio Mg(HC03)2 Allumina A1203 Silice SÌO2 Ossigeno disciolto ce. 3,2 pari a Azoto » » 25,6 » » Anidride carbonica libera (calcolata) Anidride fosforica, nitrosa, ammoniaca, ossido di ferro, tracce. p-r. 0,008494 0,318299 0,622798 0,572344 0,273593 0,108789 0,026000 0,282000 0,004577 0,032017 0,452564 Totale gr. 2,701475 — 44 — CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONE. Queste acque vennero credute sempre solfuree e specialmente ricche di solfuri in genere e di ferro in specie. Anche dalle ricerche fatte dal Dottor F. M. Filomena nel 1816 e dalle sue conclusioni si deduce che l'acqua della sorgente San Calogero era solforosa. Da questa epoca non si trova alcun cenno di analisi chi- mica; ma nel 1872, il prof. Griuseppe Arrosto di Messina ha dato la seguente composizione : Ossigeno. . 0,0037 Azoto. . 0,0126 Totale acido carbonico . 0,2768 Acido solforico. 1,8842 » silicico. 0,0082 Cloro . 3,8630 Calcio . 0,5286 Magnesia 0,3219 Potassio . 0,1092 Sodio 2,7629 Ferro, sostanze organiche ed allumina tracce. 9,7701 Acqua . . 990,2299 1000,0000 Ho voluto riportare questo quadro per dimostrare che il prof. Arrosto fu il primo a riconoscere che l'acqua non era sol- furea, né solforosa , salvo che dal 1816 non abbia subito profondi mutamenti nella sua composizione chimica. Seguendo i criterii della maggioranza dei chimici analisti, la mineralizzazione dell'acqua di San Calogero è dovuta ai clo- ruri e solfati di sodio , potassio e calcio ed ai bicarbonati di calcio e magnesio. In quest' analisi mi ha coadiuvato moltissimo il dottor Ales- sandro Fenizia, per cui sento il dovere di ringraziarlo pubbli- camente. Napoli, Maggio 1908. su LA GENESI E FINE DEL NOSTRO GEOIDE del socio Leo.vardo Ricciardi (Tornata del 5 aprile 1908) L' uomo primitivo non era attratto che alle cose che aveva presenti ed ai bisogni del momento , osservava senza riflettere , non astraeva , non risaliva alle cause dei fenomeni ; la vita per lui era ciò che è per la pianta, ciò che è per il bruto : pascersi, crescere, soddisfarsi fisicamente. Ma ogni moto del pensiero, ogni investigazione dei fatti, vuoi cosmici , vuoi psichici, non poteva apparire nell' uomo che in epoca molto posteriore, giacché ogni miglioramento delle facoltà astrattive è possibile solo dopo che le facoltà vegetative e sensitive si sono sviluppate, perfezionate, ben definite ciascuna nei limiti della propria attività. L' uomo, col progresso della vita materiale, andò acquistando lentamente tutte queste attitudini; e sin da quando comiuciò la vita dello spirito, l'uomo sentì la necessità di rispondere alle domande più ardue, e si propose la soluzione dei problemi più difficili del pen- sare e del vivere. Il risultato di questi sforzi è ben noto. I popoli antichi sup- plirono con la fantasia alla mancanza di notizie sicure , dando cosi origine ai miti, e le credenze religiose servirono di fonda- mento a molti di questi racconti favolosi. La deificazione delle forze sconosciute insite nella natura stessa del suolo, che libero si feconda e produce le biade e il vino e tutto ciò che occorro ai bisogni della vita, creò i numi di Ce- rere e Bacco e Cibele e i riti solenni e le feste del monte Ida e i misteri di Eleusi. Uosi rifulsero nel cielo dell'arte e della teo- sofia dei Greci e Romani le Deità fragorose e impetuose di Ty- pliòn e di Chimera, o quelle carezzevoli e miti di Zeffiro e Noto, per idealizzare i venti , e sentimmo la sovrana poesia del mare divinizzata in Nettuno, in Teti, nei Tritoni e in mille altri numi marini. Dicasi lo stesso di tutte le innumerevoli e varie manifesta- zioni della vita quotidiana, dai fenomeni più complessi e miste- riosi alle più semplici forme dell'essere. — 46 — Da queste primigenie creazioni della fantasia si passò all'e- same di manifestazioni più astratte, e surse cosi lo studio della metafisica, giacché i filosofi, sopra un corredo più o meno ampio, ma sempre insufficiente di cognizioni positive, innalzarono quei grandi sistemi, dove, tra molte chimere , si rinvengono talvolta intuizioni geniali, che poi sono entrate nel patrimonio della scien- za. Noi , invece , che sappiamo i limiti della nostra conoscenza, ci contentiamo di formulare delle ipotesi , che hanno tanto più valore, quanto maggiore è il numero e l'importanza dei dati di fatto su cui si fondano, e ci dichiariamo sempre pronti a rifiu- tarle, ogni volta che si presentino nuove ipotesi , che possano spiegare un numero più grande di fenomeni. Vero è che anche nelle ipotesi scientifiche entra un po' di metafisica , ma questo avverrà sempre necessariamente, finché Iside non avrà sollevato del tutto il velo che ricopre i suoi arcani. Uno dei problemi che ha più e più a lungo affaticato la mente dell'uomo, è quello dell'origine del mondo ; ed é bene, pri- ma di esporre le aride e fredde ragioni della scienza, ricordare qualcuno dei miti e dei sistemi cosmogonici, tanto più che qual- che favola è già divenuta conquista della scienza , e forse po- trebbe essere la verità di domani. Una delle più antiche cosmogonie è la leggenda sumerica, di cui poco tempo fa Teofilo Pinches scopri una copia fra le ta- volette frammentarie della biblioteca di Sardanapalo, che si con- servano nel Museo Britannico. Questa leggenda sumerica rimonta a circa seimila anni or sono , ed esjw^'ime un concetto del tutto originale sulla creazione del mondo : secondo essa, non solo l'uo- mo e gli animali, ma anche le più antiche divinità abitarono il nostro pianeta, il quale ebbe origine dalle acque, per intima virtù loro. Si tratta , adunque , come nota il Prof. Hommel , di una cosmogonia nettunistica inspirata alle lente cause attuali, e come gli antichi Egizi formarono le loro teorie geogoniche sullo spet- tacolo delle gigantesche alluvioni del Nilo, cosi i Sumeri dell'A- sia Centrale , immigrati nella Mesopotomia , dovettero trarre il concetto nettunico della creazione dalle alluvioni dell' Eufrate e del Tigri. E a tutti nota la cosmogonia mosaica. Secondo la Genesi, Dio nel primo giorno creò il cielo e la terra, la quale era dap- prima informe e vuota e circondata di acque e tenebre, poi creò la luce e la distinse dalle tenebre. Nel secondo giorno creò il firmamento e divise le acque inferiori dalle superiori. Nel terzo radunò le acque inferiori in un sol luogo, e le terre apparvero — 47 — asciutte e capaci di produrre. Nel quarto creò il Sole, la Luna e le Stelle; nel quinto gli animali aquatici, i volatili e i grandi mostri marini ; nel sesto i rettili ed ogni altro animale terrestre e poi l'uomo a sua immagine e somiglianza: infine nel settimo giorno Dio si riposò. In questa minuta esposizione delle cose create da Dio l'autore della Grenesi dimenticò l'aria, perchè questa come si sa, è invisibile ! Non meno nota è la cosmogonia omerica. Prima ancora di Talete, Omero aveva detto, a modo suo, che l'acqua era il prin- cipio di tutte le cose, quando chiamava l'Oceano il padre degli Dei. Invece, secondo Esiodo , v' erano in principio tre esseri : il Caos, cioè, probabilmente, lo spazio vuoto, la Terra e l'Amore. Solo la Terra è feconda, giacche Caos ed Amore non lasciarono posterità. Tutta una cosmogonia splende in riassunto nelle indi- cazioni rapide del poema di Esiodo : la massa terrestre si orga- nizza, la luce si distingue dalle tenebre, il cielo si svolge al di sopra delle montagne nascenti , il mare si riposa nel suo letto profondo; fenomeni misteriosi non descritti, ma contenuti e quasi velati in qualche nome espressivo , come Èrebo e Notte, Etere e Giorno, Cielo e Mare. Con la Scuola Ionica cominciano le grandi intuizioni del pensiero Ellenico. L'elemento primigenio, secondo Talete, era come si è detto, l'acqua. Invece, secondo Anassimandro il mondo era derivato non dall'acqua, ma da una materia che egli chiamava upeiron ^). Che cosa intendeva egli con questa parola ? Gli studiosi non sono d'accordo : ma le opinioni più probabili si assommano in questa che essa, forse, era una materia di natura indistinta fra l'acqua e 1' aria. Ad ogni modo tutto era derivato da questo apeiron, « materia imponderabile », per separazione o per distinzione e tutto doveva un giorno ritornarvi in attesa di nuove nascite e di nuove morti; giacché, secondo Anassimandro, la vita presente non è che un breve momento in questa serie ritmica di oscilla- zioni fra la nascita e la morte universale. Di poi, per ispiegare l'origine degli esseri terrestri, egli riprendeva F idea di Talete : 1) Suppongo risponda all' akasa, principio misterioso dei bramaui, al te- lesmn di Ermete , al fuoco primigenio di Eraclito, all' enormon di Ippocrate, al pneuma di Galeno, al co, pò spirituale di S. Paolo, alla luce astrale dei ca- balisti, allo spirito universale dei Paracelsisti , alla quintessenza degli alchi- misti, al blas humanuni di Helmout, alla materia sottile di Cartesio, allo spi- ritus suhtilissimus di Newton, al jjsicnde di Tury, alla forza neurica raggiante di Barety, alla materia radiante di Crookes, all'oc/ (odica) di Keichenbach. — 48 — l'acqua, separatasi dall'apeiron, aveva prodotto i primi animali: questi ne avevano prodotto altri alla loro volta, le specie si era- no moltiplicate, perfezionate, e l'uomo era una delle specie più recenti. E impossibile ricordare queste opinioni, senza essere col- piti dalla rassomiglianza che esse offrono con qualcuna delle teo- rie più moderne, e senza ammirare l'ingegno acuto che tracciava cosi, a grandi linee, un sistema della natura, di cui alcune parti rimangono ancora oggi. Anassimene credette di trovare nell'aria l'elemento primitivo del mondo. Mediante la condensazione e la rarefazione, l'aria pri- mitiva si muta o in fuoco o in acqua o in terra : questi erano gli elementi dell'universo. Mentre la Scuola Ionica cercava un principio fisico del mondo, Pitagora immaginò un principio matematico: il numero. Egli con- fuse l'astratto e il concreto : non vide che il numero è un'astra- zione , e ne fece una sostanza e una causa attiva. Illusione bizzarra agli occhi dei moderni, abituati da secoli a queste di- stinzioni, ma ben naturale, se si pensa che ancora ai tempi di Platone un sofista poteva confondere l'idea astratta della bellez- za con l'idea concreta di un oggetto realmente bello. Del resto anche oggi quanti comprendono a fondo senza mai sbagliare che il triangolo di cui la geometria studia lo proprietà è un trian- golo ideale e non quello che è disegDato sulla carta? La cosmo- gonia pitagorica, ancora assai imperfetta, rappresenta tuttavia un gran progresso su quella dei suoi predecessori; e, cosa curiosa, è in parte senza dubbio all' osservazione , ma in parte anche a certe concezioni a priori tolte dai numeri , che Pitagora ha do- vuto questa superiorità- È inutile del resto entrare nelle parti- colarità del sistema, sul numero e l'ordine dei pianeti, sul fuoco centrale, sull'an ti terra, sull'armonia delle sfere, ecc. ecc. Limitia- moci a ricordare che, secondo la tradizione, Pitagora fu il primo a chiamare cosmos l'Universo ; bella parola che ha fatto fortuna , idea ben degna di quel grande ingegno, pel quale la materia non era nulla senza il numero e senza l'armonia. Per Senofane la vera causa di tutto è l'Essere uno e immu- tabile, ma in quanto alla successione e alla coordinazione delle apparenze effimere , non si discostava molto dalle teorie di Ta- lete e d'Anassimandro. Egli ammetteva che tutti gli esseri mor- tali fossero sortiti dalla terra e dall'acqua : in origine la terra e l'acqua, diceva egli, erano mescolate e il tempo le aveva divise; e difatti, soggiungeva , in piena terra e nelle montagne si tro- vano conchiglie, e a Siracusa, a Paro, nelle cave o nelle rocce, — 49 — si vedono le impronte dei pesci. Gli astri sono nuvole incande- scenti, e l'arco baleno è una nuvola multicolore. Il Cielo è sfe- rico, e le radici della terra si allungano in basso verso l'infinito. Ma Senofane, che aveva un sentimento assai vivo della debolezza della mente umana, si affretta a soggiungere : « Tali sono lo mie opinioni, secondo la verosimiglianza ». Secondo Eraclito, la varietà apparente delle cose è una illu- sione, tutto è uno. Ma questa unità non è immobile come cre- deva Senofane ; al contrario, non è che mobilità : tutto scorre e nulla sussiste. Il flusso degli esseri somiglia al corso d' un ru- scello. Il fondo delle cose è il fuoco, che si accande e si spegne volta per volta, eterno, ma sempre in movimento, sempre in via di trasformazione. Ora il fuoco, spegnendosi, diviene terra e acqua, ora l'acqua, a sua volta, disseccandosi, diventa terra, e poi ritorna allo stato di fuoco. Dall'alto in basso e dal basso iu alto, il corso delle trasformazioni è unico. Non vi è opposizione o differenza: i contrari sono identici ; la vita e la morte, il sonno e la veglia; il giorno e la notte, l'inverno e l'estate, la guerra e la pace sono, in fondo , la stessa cosa. Le opposizioni apparenti si fondono insomma in un'armonia, come nell'arco e nella lira il contrasto dei rami e delle corde genera, nell'infinita varietà de' suoni, la voce armonica delle cose, e scopre il genio di Rossini, di Bee- thoven, di Wagner, di Verdi. Parmenide ammise l'esistenza di un Essere immutabile, ma nulla diremo della sua cosmologia, poiché è assai incerta, e molto discordanti sono a tal riguardo le opinioni dei dotti. Noto è in- vece il sistema di Empedocle. Egli ammette che esistano quattro elementi materiali : il fuoco, l'aria, l'acqua e la terra, immutabili iu sé stessi, ma che producono la varietà degli esseri per mesco- lanza, associazione e dissociazione, sotto l'influenza di due prin- cipi di movimento : l'Amore e la Discordia. In origine tutti gli elementi erano confusi in una massa sferica, mantenuti dall' A- more, ma disciolti poi a poco a poco dall'azione separatista della Discordia. La lotta di questi due principi é tutta la storia delle cose: ciò che la discordia ha disfatto, l'amore lo rifarà. La massa sferica sarà eternamente distrutta e ricostituita dal gioco delle due forze contrarie. A queste vedute essenziali Empedocle univa una grande quantità d'idee particolari, in parte nuove, in parte dovute ai filosofi anteriori. Secondo Anassagora gli elementi primordiali dell' Universo sono illimitati di numero, infinitamente vari e infinitamente di- visibili. Essi esistono in tutti i corpi , ma in proporzione varia, 4 — 50 — e la diversità dei corpi dipende dalla natura di questa propor- zione. In origine gli elementi erano tutti mescolati in una spe- cie di Caos, e la formazione dei corpi si produsse mediante una specie di circolazione, che permise alle parti simili di riunirsi e di raggrupparsi insieme. Il principio del movimento è lo Spirito, che è una forza indipendente e superiore. La teoria platonica è alquanto più complessa; ma basterà indicarne i tratti sostanziali. In origine , secondo Platone , Dio esiste , essere potentissimo e ottimo. Al suo fianco esistono al- tresì due sostanze: l'una indivisibile e incorporea, il mondo in- telligibile delle Idee , 1' altra divisibile e materiale , il mondo degl' infiniti esseri che si vedono nell' universo. Dio nella sua bontà vuol fare un' opera buona, e sul modello delle Idee pro- duce il mondo sensibile, che è perfetto quanto più è possibile. Il mondo platonico è formato di un corpo e di un' anima, e quel corpo del mondo comprende la totalità della materia, modellata da Dio secondo le Idee : la sua anima è formata dalla unione delle due sostanze. Col mondo nasce il tempo mobile, immagine dell'eternità, immollile ; e gli astri hanno il compito di misurare il tempo. Rimane a popolare il mondo ; e anche qui Dio consulta il mondo eterno delle Idee : quante specie di animali vi scopre , altrettante bisogna che ne esistano nel mondo visibile. Ve ne sono quattro razze principali : quella degli Dei, e quelle degli animali che vivono nell'aria, nell'acqua e sulla terra. Il Dio Supremo crea dapprima gli Dei, i quali debbono creare a loro volta gli altri animali. Ecco il sistema cosmologico di Platone quale appare nel Timeo. Per Aristotele non v'è cosmogonia. Dio esiste ed è il prin- cipio necessario di tutte le cose, ma egli non ha creato nel tempo la materia e il movimento, giacché tempo, movimento e materia sono eterni. Ma un movimento , per quanto eterno , ha sempre bisogno di avere una causa prima: se no, non è concepibile. Il primo motore è Dio, che è immutabile, ma attira a se tutto quello che si muove per l'amore della sua perfezione infinita. Il movi- mento e la vita della natura intera non sono altro che un im- menso slancio d'amore verso la perfezione, cioè verso Dio: amore oscuro , incosciente negli esseri inferiori ; amore cosciente e ra- gionevole nell'uomo, che è l'essere più vicino a Dio. Questa con- cezione metafisica è di sicuro una delle più grandiose e, nella severità della sua espressione, una delle più poetiche che ci ofi'ra la storia del pensiero umano. — 51 — Secondo gli Stoici , tutto ciò che esiste è materia , ma la materia è duplice, e comprende un elemento attivo e un elemen- to passivo. Questo è inerte, ed è la materia propriamente detta: quello, un soffio igneo, una forza intelligente, logos. Nulla v' è che non sia la riunione, l'accordo, l'armonia di questi due prin- cipi : nell' individuo il soffio igneo è 1' anima, nel mondo è Dio. Dio è eterno, ma al disotto di Dio, anima del mondo, vi sono le divinità della mitologia, che sono le anime degli astri, e sono mortali. Il mondo, che è il corpo di Dio, si trasforma continua- mente, e passa successivamente per i quattro stati : fuoco, aria, acqua, terra, dopo di che s'infiamma di nuovo, ricomincia il ciclo. La provvidenza divina governa il mondo, e l'anima umana è una particella dell'anima divina, che sopravvive al corpo, e poi, alla fine del ciclo della vita universale, rientra nel tutto divino. Democrito, come Leucippo, vede il principio degli esseri ne- gli atomi. Gli atomi infiniti in numero, eterni, semplici e simili per qualità , ma diversi di volume e di forma , si muovono nel vuoto, e si raggruppano diversamente, in modo da costituire gli esseri particolari. La nascita e la morte delle cose derivano dal- l' aggregazione e dalla separazione degli atomi. La dottrina di Democrito fu seguita in complesso da Epicuro : questi però am- mette che il movimento degli atomi non si operi sempre dall'alto in basso , ma che subisca talvolta delle deviazioni. Inoltre, nes- suna Provvidenza governa, secondo Epicuro , questi movimenti, che invece sono l'effetto del Caso, Maestro sovrano del Mondo. Dopo tanto idealismo, che ha in sé non pòco di misticismo ascetico, dalla concezione di Platone a quella degli stoici, la teoria di Leucippo, amplificata da Democrito e meglio ancora organata da Epicuro, era un ricondurre le origini e 1' essenza della vita universale ai principi di forza e materia, in cui aveano appun- tato lo sguardo indagatore della mente Talete e Pitagora. Epperò il sistema Epicureo doveva sembi^are, com'era, un sistema ribelle, che non voleva vedere la vita in astrazioni metafisiche ; era na- turale perciò che questa esuberanza potente e creatrice di forze cosmiche vincesse l'anima di generazioni ribelli in tempi evoluti, e parlasse ne' canti dei poeti , nel marmo degli scultori , nelle tele de' pittori. È la dottrina di Epicuro che nella pienezza di civiltà positive diede le pitture murali di Micene e di Pompei, le sculture di Fidia e le mirabili rappresentazioni del nudo della scuola del medio evo romano, la poesia dirò panteistica di Lu- crezio Caro, di Wolfaugo Goethe, di Mario Rapisardi, di Giosuè Carducci. - 52 — Esposte , le più importanti concezioni dell' antica filosofia greca, possiamo afi'ermare che i Romani seguirono l'una o l'altra corrente ellenica, senza crear nulla di proprio, perchè a Roma, come si sa, la filosofia ebbe un indirizzo tutto pratico, e si oc- cupò esclusivamente, o quasi, solo di problemi morali. Nel medio evo poi dominarono la Bibbia e una certa filo- sofìa empiristica e trascendentale, che fu detta aristotelica, ma che di Aristotele serbava solo una terminologia astrattiva e il tecni- cismo dialettico. Ogni lampo geniale di pensiero si era ecclissato, ogni relazione tra il reale e l'ideale era rotta , nera e profonda incombeva la tenebra su la coscienza umana. Bisogna giungere al secolo decimosesto per trovare nuove ipotesi fondate sullo studio diretto dei fenomeni. Verso la metà di questo secolo, la scienza progredì e fece un gran passo, met- tendo il sole al centro del mondo, in luogo della Terra, ridotta all'ufficio di semplice pianeta. I tribunali ecclesiastici ed il Sinodo protestante non se ne dettero per intesi , come non se ne impensierirono i dottrinari aristotelici. Durante sessantasei anni, lasciarono in pace il libro di Copernico ; che anzi, esso era stato pubblicato ad istanza di un Cardinale e dedicato al Papa Paolo III. Ma dopo poco tutta la ira loro la rivolsero su Brano e Galilei, fondatori della vera filo- sofia scientifica. Tutti i partigiani della nuova scuola astronomica furono mo- lestati, perchè attaccavano i libri esegetici, onde i seguaci della vecchia metafisica riuscirono a far condannare la teoria Coper- nicana sul movimento della Terra. 11 perchè della momentanea insurrezione deve ricercarsi nell'essere stato insegnato nelle scuole la scienza ricavata dai libri di Aristotele. Il falso concetto del- l'immobilità della Terra, sulla grossolana testimonianza dei nostri sensi, era divenuto, per moltissimi dotti, assioma, quanto la re- ligione stessa pei credenti. Intanto le idee moderne, che erano agli antipodi, acquista- rono tutti i giorni nuovi partigiani : esse diffondevano una luce cosi viva, corroborate dalle scoperte che si andavano facendo nel cielo, grazie alle applicazioni del Telescopio, che era ben diffi- cile di offuscare con la discussione. I vecchi partigiani di Aristo- tele e di Tolomeo, facilmente battuti, a colpi di ragione, messi in ridicolo, vedendo sfumarsi il loro credito, si turbarono, e quelli che avevano dati i primi colpi alla Bibbia, e demolite le fonda- zioni della Terra, si querelarono alla Congregazione dell'Indice, accusando i novatori di eresie , perchè sostenevano la rotazione — 53 — della Terra. Il torto dei teologi della Congregazione dell'Indice, poco competenti in studi d'astronomia, fu d'essersi dichiarati dalla parte dei filosofi della scuola d' Aristotele e di Tolomeo. Essi nel 163'2, prima di condannare l'autore del « Dialogo dei massimi sistemi » con 1' « erratae in scientia^ haereticae in fide » , avreb- bero potuto rispondere : La religione viene da Dio , la scienza, vera o falsa, viene dagli uomini ; andate dunque a risolvere le vostre discrepanze coi vostri libri o nelle vostre Scuole. — Né è a credersi che i teologi dogmatici o sinodici si siano emendati; oggidì giudicano alla stessa stregua, poco curandosi delle affer- mazioni della scienza ; ciò, pertanto, non impedisce che si con- tinuino le indagini, né un verdetto negativo della Congregazione dell'Indice, del Sinodo o l'ostruzionismo, che tentano di introdurre i gesuiti moderni camuffati da scienziati, potrà annientare la verità. Anche a Roma, sessant'anni fa : — la Terra gira, — esclamò Pellegrino Rossi, ministro di Pio IX, quando gli ostacoli alla dif- fusione delle dottrine galileane furono rimossi ; mentre il Vescovo di Oxford condannava nel 1860 F « Origine delle specie » con quasi le stesse parole con le quali l'Inquisizione Romana nel 1632 aveva condannato Galileo. Viene di poi Cartesio, che apre la serie dei pensatori moderni. Cartesio crede che la terra debba distinguersi in tre regioni, di cui la centrale é occupata dal primo elemento, che è quello stesso di cui è formato il Sole, e la seconda regione da un se- condo elemento , che é di natura opaca e densa ed é diviso in particelle minutissime, le quali occupano gli intervalli fra la parte centrale e la parte superiore della terra e non sono dotate di movimento. Ora, quando avviene uao spostamento dei globuli celesti che formano il primo elemento, nasce il fuoco, e le par- ticelle del secondo elemento sono agitate da un movimento ra- pidissimo ; onde il generarsi de' terremoti che sono accompagnati da eruzioni vulcaniche , cioè dall' emissione del fuoco formatosi come testé ho accennato. L'Herschell vide nelle nebulose il principio dell' evoluzione siderale. Egli ammetteva tre forme di nebulose : nebulose diffuse^ stelle nebulose e nebulose planetarie ; le prime, nebulose vere e proprie , controdistinte da condensazioni più o meno luminose, che hanno l'apparenza di teste di comete, sono i primi abbozzi dei mondi siderali ; le seconde , cioè quelle circondate da atmo- sfere fosforescenti, circolari ed estesissime, somiglianti alla luce zodiacale, costituiscono la transizione della materia cosmica dal suo stato diffuso ed incoerente allo stato di stella formata; le — 54 — terzo infine , quelle a forma circolare o leggermente ellittica, come la forma dei nostri pianeti , rappresentano il periodo di decrescimento, ossia di estinzione graduale di un mondo, ossia dell'associazione di più mondi. Questa teoria fu annunciata dopo accurate ricerche su 2451 nebulose, e le leggi matematiche sta- bilite principalmente dal Maclaurin, dal lacobi e dal Poincaré la confermarono. Kant e Laplace credettero che la terra, come ogni altro corpo celeste, fosse formata dalla condensazione di una ne- bulosa: per effetto di questa condensazione la parte esterna della terra si è solidificata^ ma è rimasto nell'interno un nucleo, che, trovandosi a temperatura altissima , è in istato di fusione e di agitazione continua, e dà origine ai fenomeni sismici e vulcanici. Le teorie di Herschell e di Kant-Laplace ebbero numerosi seguaci e tra questi Cordier, Elie De Beaumont, Prevost , Pfatf (1873), Wadsword (1884), Fischer (1889), Folie (1889), ecc.; ma anche ac- caniti avversari : ricordo soltanto Faye e C. Braun. Ammessa la fluidità del contenuto terrestre, vennero dipoi le cifre indicanti lo spessore della cosi detta crosta o pellicola della terra, che si fa ascendere a 40 chilometri (Fischer), o varia da 40 a 50 (De Beau- mont e de Lapparent), da 80 a 90 (Pfaff) a 120 chilometri (Walt- tersbausen, Pilar, ecc.) Seguirono i sostenitori dell' ipotesi che la terra sia solida in tutte le sue parti , ed essi poggiavano le loro deduzioni su dati astronomici o fisici, cioè: sulla precessione, Hopkins, G. Dar- win (1879) , Schiaparelli (1889) , o sulla nutazione, Thomson e Thait (1874), oppure, secondo Bernard, sulla precessione e nuta- zione insieme. Lo stesso Thomson partendo da dati fisici ammise la soli- dità della terra in tutte le sue parti e che la solidificazione era proceduta dall' interno all' esterno. Nel 1881 Vics-Winkelmann sostenne che le rocce solidificate, essendo più leggere delle fuse, 1' ipotesi non era sostenibile. Fischer enunciò un'altra ipotesi, quella cioè che tra la crosta terrestre e la parte liquida possa esservi uno strato di passaggio o di liquido imperfetto. Accolsero e diffusero questa ipotesi Scrope, Dana, Sterry Hunt, Penck ed altri. Giinter (1897) con- sentendo ogni possibile temperatura e pressione nell'interno della terra ne dedusse che in essa si devono trovare tutti gli stati di aggregazione , dal rigido al liquido e al gassoso , senza salti , senza lacune. Questa ipotesi condusse 1' autore ad enunciare la teoria della varia aggregazione, teoria che ha del verosimile poi- ché è logica , ma non condivido completamente questa ipotesi, — 55 — perchè escludo lo stato liquido , ossia di fusione della materia neir interno del nostro pianeta , stante che il microscopio ha messo nella massima evidenza che le rocce eruttive per la loro struttura derivano da un magma idrotermale, e quindi la terra eoa grande probabilità dev' essere costituita come segue : l.o da un involucro esterno relativamente risfido ; 2.0 da un involucro idroplastico ; 3.0 da altro involucro costituito da un magma idrotermale; 4.0 da una gran massa gassosa primordiale. Nel seguente quadro riporto la composizione dei gas emessi dai vulcani attivi e di quelli che si ottengono dalla distillazione delle rocce eruttive ^) : Idrogeno libero. . Anidride carbonica (con tracce di COS) * Metano. Ossido di carbonio Idrocarburi non sa- turati **. . . . Acido solfidrico . Nitrogeno (con Ar- gon) . . . . . Ammoniaca e clo- ruro d'ammonio ^) Gas estratti nel vuoto dalle rocce riscaldate al rosso Granito Porfido ' Ofite 1 Gneiss Gautier) (A.Gautier) (A Gautiar) ; (Tilden) 77,20 14,80 4,93 tracce 0,83 tracce 32,01) 56,29 59,15 35,71 2,58 1,99 4,20 4,86 — 0,45 2,10 0,68 tracce tracce 61,9 31,6 0,5 5.4 1,6 Gas vulcanici Monte Feiée (Moissan) 22,4 44,20 15,7 4,60 12,20 tracce Saotorino (Fouqué) 16,2 50,40 2,96. tracce 30,32 tracce 1) A. Gautier. Sur le mécanismes qui provoquent et entretiennent le phénomènes vulcaniques. Atti VI Cong. Int. di Cldmìca Applicata. Secondo Voi. p. 330, Eoma, 1907. 2) Nei gas che si sviluppano dalla distillazione secca fi elle rocce dell'Etna, del Vesuvio e dai basalti delli Sicilia, ho trovato quasi sempre l'ammoniaca (Ricciardi). * Il Gautier dopo di aver constatato la presenza deirossisolfuro di carbonio nei gas delle rocce primitive, da altri è stato trovato in alcuni gas vulcanici e acque termali. ** In questi ultimi tempi è stata constatata la presenza dell'elio, del radio, del neon , del cripton e del xenon , insieme ad altrd sostanze gassose prove- nienti dalle regioni profonde. Curie, Laborde e Strutt l'iscontrarono il radio, 0 le emanazioni del radio in quasi tutte le acque nainerali , nell' atmosfera, neir acqua del mare, nei minerali e nella superficie terrestre. — 56 — Le ricerche sperimentali di Daubrée ^), Michel- Levy ^), Foii- qiié ed altri, non che le osservazioni di Arcangelo Scacchi ^) con- fermate da I. von E,oth •*) e la teoria da me enunciata nel 1883 sulla genesi delle lave vulcaniche ^) vengono in appoggio non solo della mia teoria, ma confermano lo stato in cui trovasi il nostro geoide. Infatti, mentre Daubrée ha ottenuto per sintesi i componenti mineralogici del granito , per azione idrotermale e sotto forte pressione, Arcangelo Scacchi mise in evidenza nel 1852 che condensandosi i vapori che venivano esalati dalle cor- renti laviche , si formavano oltre le note incrostazioni sulle bocche delle fumarole, ma pure tra le sublimazioni, i seguenti minerali : quarzo , feldspato , sodalite , atifiholo , granato , melanite^ mica, pirosseìie, augite, nefelina, melinite, anortite, filippite , oligi- sto, comptonite, apatite, analcime. anidrite, ecc. ecc., che costitui- scono le rocce eruttive. (Nelle meteoriti si rinvengono gli stessi elementi chimici e mineralogici che sono stati finora riscontrati nel nostro geoide). Val quanto dire che quasi tutti i minerali delle lave « possono conservare la loro composizione, se la tem- peratura non li dissocia * come scrissi nel 1883. Le importantis- sime osservazioni di Scacchi provano che molti minerali ad una temperatura che certamente oltrepasserà i 1600° , qual' è quella delle correnti laviche, si volatilizzano dando origine alle vario- pinte sublimazioni, quindi la teoria sulla genesi del primo invo- lucro del nostro geoide è stata dimostrata sperimentalmente. In conclusione, il nostro geoide , a partire dalla nebulosa terrestre che man mano è venuta raffreddandosi, è giunto allo stato che noi conosciamo per 1' azione combinata del vapore acqueo sulla massa primigenia, a temperatura e pressione elevata. Seguendo in fatti le fasi del Crookes , la materia primor- diale dallo stato etereo passa a quello ponderabile. Con 1' ab- bassarsi della temperatura gli elettroni, reagendo tra loro , se- condo r affinità , dettero origine ai primi composti , e questi, alla loro volta, reagendo col vapore acqueo, che man mano an- dava condensandosi, la nebulosa terrestre divenne sferoide con un involucro esterno composto di vapori, che poi formarono il 1) Daubrée. Eapport sur les progrès de la geologie esp. Paris. 1867. 2) FouQUÉ ET Michel-Levy. Svnthése des mineraux et des roehes. Paris 1882. Vedi pure: Classification des magmas. Bull. Soc. Geol. de France, XXV, 1897. pag. 338. 3) A. Scacchi. B. Acc Seien. Napoli. 1852, pag. 104, 4) I. Rote. « Sfcudien am. M. Somma, Ab. d. K. Ak. d. Wiss. zu Ber- lin, 1887. ^) L. RicciAEDi. Acc. Giocnia di Catania. 1883. — 57 — magma , e questo da idrotermale a idroplastico , e finalmente, quando questo rimase a contatto dell'aria, divenne relativamente rigido; e la forma della Terra che si avvicina molto ad un el- lissoide di rivoluzione conferma questa ipotesi. L'Huggins, nel 1864, applicando lo spettroscopio allo studio delle nebulose, scopri in alcune la presenza di cumuli enormi di gas e vapori incandescenti, e in altre la presenza di corpi soli- di o liquidi. Le ricerche degli astronomi successivi , ed in ispe- cial modo di Normann Lockyer, confermarono i risultati dell'Hug- gins, che erano stati divinati da Ticone e da Keplero ^). Esiste dunque negli spazi celesti una materia non ancora condensata in stelle, né brillante di luce propria. La materia caotica, contenente il principio di tutti gli elementi chimici finora conosciuti e forse altri non ancora noti ^), essendo dotata d'un movimento di rotazione intorno al proprio asse, per la forza centripeta porta al centro gli aggregati molecolari più pe- santi, e per la forza centrifuga i più leggieri alla periferia. Abbas- sandosi la temperatura, la massa immensa perdeva man mano, tra gli altri, i gas idrogeno, ossigeno, nitrogeno, ecc. che si erano spe- cializzati ed i primi due, combinandosi, formarono l'acqua, che, allo stato di vapore, si diffondeva nell'atmosfera insieme col nitrogeno ed altri elementi. Pertanto, appena la temperatura lo permise, il vapore aqueo, condensandosi, reagiva con gli aggregati moleco- lari o atomici recanti o no carica elettrica , dando luogo ad una serie di fenomeni , il cui risultato ultimo era rappresentato da una miscela di corpi cristallini e di sostanze amorfe. Questa miscela, trovandosi in presenza dell'acqua nelle condizioni più favorevoli di temperatura e di pressione, cominciò a formare le prime specie mineralogiche che, alla loro volta cementandosi, for- marono i primi aggregati di rocce cristalline, quali i graniti , i gneiss , e gli scisti , (mai diabasi e gabbri come ammise Stùbel) essendo queste le rocce più antiche, e trovandosi, in tutte le la- titudini e le longitudini della terra ^). L'acqua che si depositava successivamente, continuava ad ossidare gli elementi; gli ossidi e le anidridi venivano salificati, ed i sali, idratandosi, aumenta- vano sempre in spessore l'involucro, che si manteneva pastoso e plastico, come si conservano le rocce in genere ed i graniti in 1) A. Secchi. Le Stelle. 2) P. Grumer. Apercu Generale de la Désaggrégation Radioactive de la matiere. Archives des scienccs physiques et naturelles. Genève 1907. XXIII. N.° 1 a 6 p. 356-486. 3) L. Ricciardi. Sul graduale passaggio delle rocce acide alle rocce basi- che. Gazz. Chimica Italiana, 1887 . — 68 — ispecie nelle cave. Infatti il dottor Reusch visitando V isola Bòm- mel ebbe ad esclamare « che quella massa granitica deve esse- re stata plastica e in movimento ». Cade quindi l'ipotesi della contrattività. 1 gas ed i vapori, rimasti imprigionati, esercitava- no un'azione dinamica sull'involucro omogeneo idroplastico, for- mandosi sulla superficie delle ondulature o pieghe, se non proprio delle protuberanze o gibbosità i), che furono poi i massicci an- tichi o le rocce arcaiche , che si rinvengono in tutte le parti della terra. Mi servirò di una similitudine per rendere meglio il mio con- cetto. Ricordo di aver assistito ad alcune esperienze per deter- minare la resistenza delle corazze che servono per le navi da guerra : ebbene, quando il proiettile non forava la piastra, sulla parte opposta a quella ch'era stata colpita si formava un'intu- mescenza mammillonare, che alle volte rimaneva intatta, e altre volte presentava delle fenditure basilari , e nella parte colpita, toltone il proiettile, rimaneva un vuoto somigliantissimo ad un cratere vulcanico e propriamente ad un imbuto guardato dalla base. Lo stesso si verifica nei crateri eruttivi , come 1' Etna , il Vesuvio, Vulcano, Stromboli, ecc. ecc.. dove spesso il magma la- vico, non potendo raggiungere la bocca del cratere, fende, spac- ca, squarcia in tutti i sensi il monte ignivomo, onde dalle frat- ture, alle volte lunghe chilometri, sgorga la lava. Ora, continuando la nostra esposizione , le ondulature e le gibbosità aumentavano sempre più , secondo che 1' acqua pene- trava e trasformava, come continua a trasformarsi la massa pri- mordiale rimasta imprigionata , che aumenta internamente lo spessore dell'involucro: quindi una maggiore compressione sulla massa gassosa che a sua volta reagiva dinamicamente e costituì ad esempio la catena dell'Imalaia, ecc. ecc. Intanto le acque esterne che s'erano depositate sul geoide cominciarono il loro lavoro di erosione, il cui detrito, se non avesse incontrato le intumescenze, avrebbe seguito ininterrottamente il movimento delle acque ; invece i detriti , fermatisi attorno o sulle cupole , costituirono poi, quando queste si liberarono dalle acque, i terreni antichis- simi privi di rappresentanti della flora e della fauna. Ho già detto che le prime cupole costituiscono i massicci antichi, le quali se non resistettero alla dinamica interna , die- dero luogo alle eruzioni subaquee eruttando sostanze della stessa 1) H. Shardt. Les vues inodernes sur la tectonique et l'origine de la chai- ue des Alpes. Archivcs des Sciences pliysiques et naturclles. Genève, 1907. Tome XXIIl. Avril. p. 356. — 59 — composizione mineralogica e chimica dello involucro periferico, o roccia fondamentale : si ebbero allora le prime rocce cristal- line o granitoidi , come concetto collettivo del materiale costi- tuente le rocce del terreno primitivo. Le successive formazioni geologiche non escludono eruzioni granitiche e di altre rocce cristalline, come gneiss, granuliti, por- fidi, sieniti, ecc. e che investirono o attraversarono formazioni già esistenti, e nelle quali si rinvengono in vene diramate, dicchi, apofisi o espandimenti. L'ipotesi che il granito sia una roccia formatasi per l'azione combinata del calore e dell'acqua sotto forti pressioni, fu emessa da PoLilett Scrope fin dal 1825, e fu accettata da molti geologi e confermata infine dalle esperienze del Daubrée, Fouqué e Mi- chel-Levy ^). Anche 1' analisi microscopica ha confermato siffatta genesi, e tutti i geologi sono d' accordo nell' ammettere che i graniti, che ora si trovano sulle vette più alte, come quelle dell'Imalaia, del Tibet, del Ruvenzori, del Monte Bianco, eco. furono, in epoche remotissime, fondo di mare. In quanto all' orogenia del nostro pianeta ricorro ad un esempio che valga per tutti, e scelgo la nostra penisola. Si sa che nelle Alpi , nell' Italia centrale e nelle Calabrie (Sila, Aspromonte) si rinvengono formazioni cristalline. Ora, pri- ma che le cupole arcaiche emergessero dalle acque , già s' era formata la fauna (Reusch) e la flora ^). Il protoplasma sia della fauna sia della flora, fino a che la temperatura si mantenne ele- vata, non poteva esistere, perchè si formò più tardi, per la com- binazione diretta degli elementi che lo costituiscono ; né il car- bonio o i suoi composti ossigenati potevano formare i carbonati, poiché, come é noto, questi sono tutti decomposti dagli acidi, e moltissimi dal calore. Dalla scienza non é stato ancora risoluto quale delle due, fauna o flora, siasi prima formata; quindi, quando emersero i massicci antichi , avevano già dato asilo ai rappre- sentanti biologici. Ma, come abbiamo accennato, le rocce fonda- mentali, finché sono inzuppate d'acqua, si mantengono plastiche, mentre a contatto dall'aria diventano relativamente rigide; cosi 1) Classification des magmas. Bull. Soc. géol. de France , XXV, 1897, p. 338. 2) D.r H. Ekusch. Bòmmelen og Karmòen med omgivelser geolojisk bes- krevue. Kristiania, 1888. « Rosjubusch. Zur Auffassang des Gi'undgebirges. N. lahrb. f. Miu. u. Pai. 1889, p. 81. — 60 — avvenne pure pei graniti e per le altre rocce cristallino, come ad esempio quelle delle nostre Alpi, dell'Italia centrale, delle Calabrie e della Sicilia , quando si trovarono a contatto dell' aria atmo- sferica, e quindi , quando il dinamismo interno reagì , non più sopra una massa completamente plastica, ma relativamente rigi- da , e questa non potendo più cedere alla spinta della massa sottostante spingente, almeno nella parte emersa, si fratturarono le cupole o intumescenze in tutte le direzioni e presero la forma accidentata che ordinariamente hanno tutte le montagne coi loro vertici, crinali o creste. Sul fondo delle acque dell'oceano Theys (Suess) tra le Alpi e le Calabrie, si depositarono prima i detriti prodotti dalle ero- sioni, e successivamente i depositi calcarei-magnesiaci, poiché un sedimento presuppone 1' esistenza di una superficie su cui esso si deponga , quale superfìcie , ripeto , io ho sempre considerata costituita di granito plastico ; e quindi allorché avvennero i più grandi sollevamenti, come quello che formò la nostra penisola, vi furono grandi manifestazioni vulcaniche, che si possono spie- gare nel seguente modo. La catena appenninica , esercitando un' enorme pressione sull' involucro fondamentale plastico , pro- vocò una depressione, e questa, premendo sul contenuto gassoso interno, produsse una violenta reazione dinamica: allora il magma lavico, non potendosi fare strada nella parte occupata dagli Ap- pennini, diede luogo a quella serie di vulcani che si allinea lungo il littorale tirreno alla base degli Appennini. L'attività eruttiva subaerea e submarina, cominciata prima e durante 1' epoca ter- ziaria, continua tuttora nei vulcani attivi nostri, che sono tra i principali d' Europa. Suess, Bertaud, Michel-Lévy ammettono che la formazione della catena delle Alpi sia legata all' apparizione d' una corona periferica di vulcani (Alvernia, Boemia, Hegau, Eifel). Questi vul- cani si trovano nei punti singolari delle pieghe erciane, e i loro prodotti hanno grande analogia nell'evoluzione dei loro magmi, da cui deriva, come dice Michel-Levy , una ceita aria di famiglia^ che secondo la mia teoria rappresentano una vera evoluzione. Delle antiche formazioni cristalline alcune sono ancora in- tatte e costituiscono alle volte grandi mammelloni o cupole, su altre, depositandosi, prima le arenarie e successivamente i fondi dei mari, diedero origine alla geologia stratigrafica, su altre cu- pole o altipiani infine , tanto subaquee che subaeree , si deter- minarono fenomeni vulcanici , formandosi sopra graniti e rocce cristalline crateri eruttivi, come nelle isole vulcaniche e sui con- — 61 — tinenti del nostro pianeta, e diedero origine alle rocce che ven- nero indicate con diversi nomi, come graniti, gneiss, granuliti, porfidi, sieniti, dioriti, eufotidi, basalti, diabasi, serpentine, rocce che io compresi nel I» periodo, come provenienti da eruzioni su- baquee o rimaste nella formazione sovraincombente senza venire a contatto dell' aria. Vennero di poi le rocce subaeree , che co- stituiscono il II» periodo, e allora il granito modificato dal calore si disse tracliite quarzifera e quelle successive rioliti, pantelleriti, lipariti, duciti, andesiti, leucitofiri. lave basaltiche, rocce che come quelle del 1° periodo contengono una quantità di silice che gra- datamente va diminuendo e da circa il 76 % nel granito o nella trachite, giunge a meno del 47 '-/o come nei basalti , nelle dia- basi e pure nelle lave moderne di tutti i vulcani della terra ^). Spiegata cosi la genesi del geoide , credo di poter rispon- dere al dilemma di Aristotele e di Leonardo da Vinci : « o il mare è stato su quelle montagne, o le montagne furono un tem- po sotto 1' acqua ». Suess ammette che non furono le terre che emersero dal mare, ma il mare che si è abbassato. Io non condivido 1' opinione di Suess , perchè credo che i massicci antichi emersero in seguito a spinte orogenetiche; come pure opino che ai tempi nostri non sia il mare che si abbassi , bensì una diminuzione dell' acqua del mare che resta imprigio- nata nel nostro pianeta, che evolve verso una fine. Infatti Du- roches, Bischoff, Delesse, Bombicci, Stoppani, Neumayr, ecc. am- mettono che nella parte minerale del nostro pianeta è trattenuto un volume di acqua superiore a quello che si rinviene nei mari e nell'aria allo stato di vapore. Secondo A. Gautier ^) la mag- giore quantità di acqua contenuta nelle rocce deve considerarsi come di costituzione, che possono perdere soltanto alla tempera- tura del calor rosso. Ecco alcuni dati : Acqua perduta nel vuoto per ogni 1000 grammi : Da 150 a 200o Da 200o fino al rosso Granito, grammi 2,29 gr. 7,35 Porfido » 5,80 . 12,40 Ofite — . 15,06 Lherzolite — » 16,80 ') Hoff e Lyell misero in evidenza che gli agenti e le energie , che noi possiamo studiare oggi, hanno prodotto anche tutti i pz-ocessi e le modifi- cazioni dei periodi precedenti. 2) Atti del VI Congresso Internazionale di Chimica Applicata. Secondo Volume, pag. 333. Eoma, 1907. — 62 — Dai risultati delle sue ricerche il Gautier uè deduce che un chilometro cubo di granito riscaldato alla temperatura del caler rosso sviluppa 28 milioni di tonnellate d' acqua e 7 miliardi di metri cubi di gas, calcolati a O*' ^). Quest' acqua trasformata in vapore occuperebbe a 100° un volume di 43 miliardi di metri cubi, e alla temperatura di 1100° il volume di 160 miliardi di metri cubi. Altri scienziati tentarono invano una soluzione del dilemma vinciaiio ; e lo stesso padre Secchi, dopo avere fantasticato molto per trovare una risposta plausibile, finì con l'accettare le teorie dei vecchi filosofi, esprimendosi come segue : « che la terra gal- leggiava suir acqua : so per acqua intendevano dei mari era as- surdo , ma se intendevano una massa liquida o lava a grande profondità in fusione (altro assurdo aggiungo io, perchè la lava avrebbe dovuto avere una densità superiore alla densità media della terra, che secondo Slimidt ascende a 4,785, acqua=l), ave- vano ragione, e per fare loro ouore crederemo cosi ». Le cime dei monti furono adunque un di effettivamente in fondo al mare , e da questi abissi furono sollevate , mutando la faccia del geoide e facendo che ivi divenisse terra ove era mare, e che fosse mare ove era solidissima terra, come cantava il poeta Ovidio. Ed ora veniamo ad altre osservazioni, quelle che ci debbono condurre alla più probabile ipotesi della fine del nostro geoide. Emerse le terre, nelle depressioni si riunirono le acque che diedero origine agli oceani. Dalle sterminate superficie dei mari, evaporandosi 1' acqua , i vapori si diffondono nell' aria atmosfe- rica, e se a questa assegniamo lo spessore di 20 chilometri, il vo- lume del vapore acqueo in esso contenuto è di chilometri cubi 9,715,521,481,330. Negli oceani si ammette che il volume di acqua sia di chilometri cubi 1,347,874,850 così ripartito: Oceano Atlantico .... Kmc 290,704,650 Pacifico .... » 601,810,160 Indiano .... » 185,251,900 Oceani Artico e Antartico . . » 270,180,201 Totale Kmc 9,716,869,438,181. Per l'abbassamento della temperatura dell'aria il vapore aqueo in esso contenuto si condensa e cade sotto diverse forme. Dai 1) Da 25 a 30 milioni di tonnellate d'acqua per o£?ni chilometro cubo di granito, che è la roccia meno ricca di acqua. — 63 — calcoli da me fatti risulta che cade ogni anno sulla superficie emersa una quantità di acqua corrispondente a Kmc 164,781,800. Ora , se di questa una parte sola penetra nelle superficie emerse, è quest' acqua che dà origine ai fiumi e a tutte le ma- nifestazioni endogeniche, che fanno parte della meteorologia en- dogena. Woeikof ammette che tutti i fiumi scarichino nel mare un volume d'acqua di 600 milioni di metri cubi al minuto secondo, vai quanto dire Kmc. 18,921,000 all'anno. Il Marray ammise che i fiumi portino al mare ogni anno una quantità di acqua uguale a Kmc. 27,191,000. A questa circolazione provocata dal calore , io ne ammetto un' altra dovuta alla infiltrazione delle acque del mare. Infatti, se le acque delle precipitazioni atmosferiche sulla superficie emer- sa non perdono il loro carattere di potabilità, le acque del mare che penetrano nel nostro geoide, non perdono la loro salsedine; le prime danno fiumi di acqua dolce, le seconde, di acqua salata; i fiumi sgorgano dalle superficie emerse ed anche nel mare stesso, quelli derivanti dalle acque del mare sgorgano dagli abissi degli oceani ad una temperatura superiore a quella delle acque dei mari stessi , e conservano un grado di salsedine maggiore. Vediamo quale sia la portata di questi fiumi: Amazzone. . . . metri cubi al secondo 80,000,00 Congo .... » » 60,000,00 Rio de la Piata . . » * 40,000,00 Menam a Bangkok (Indo Cina) » » 30,000,00 Mississipì. ... » » 20,000,00 Danubio .... * * 9,000,00 Immensamente superiore a questi fiumi è il Gulf-Stream, che ha un'uscita di circa 90 milioni di tonnellate al secondo (De Lap- parent). Tanto le acque dolci, quanto le acque del mare , a profon- dità variabili, nel geoide, si mescolano e danno origine alle acque salimastre ; donde si deve dedurre che non occorrono le vicinanze di grandi masse d'acqua, come alcuni sostengono ancora, perchè si verifichino, anche in contrade molto lontane dal mare, feno- meni vulcanici. Ora se 1' acqua e gli altri agenti meteorologici tentano di demolire le formazioni geologiche emerse , trascinando i detriti — Be- ai mare, il vulcanismo è il principale agente che concorre a mo- dificare la morfologia del nostro geoide. Fu detto, e qualcuno lo sostiene ancora, che il vulcanismo sia un fenomeno oscuro^ isolato^ e variabile, ma io ho dimostrato in modo inconfutabile (e permettete che lo dica senza false mo- destie) che il fenomeno della vulcanicità è simile in tutte le parti del mondo , e che la materia prima elaborata dai vulcani è la stessa, ed unica: il granito. In conclusione, se Angelo Secchi nel 1864 enunciò V unità delle forze fisiche^ dai fatti da me esposti si deduce che una è la materia primordiale, una è la roccia fondamentale , una è la acqua che nei diversi stati fisici concorre potentemente alle mo- dificazioni del nostro pianeta, e che una è pure 1' altra energia, che si manifesta nelle forme di calore ed elettricità, e che insie- me con l'acqua facilita 1' evoluzione della materia primordiale e della roccia fondamentale; e l'insieme armonicamente ci mette in evidenza l'ipotesi da me enunciata sulla genesi del nostro geoide, e soddisfa pienamente quella curiosità , che come accennavo al principio, è tanta parte della nostra esistenza. A conferma poi di quanto io avevo sostenuto precedente- mente sulla circolazione delVacqua e correnti marine^ ^) la natura sperimentalmente lo ha messo in evidenza, come si rileva dal te- legramma del Sun del giorno 19 Aprile 1907. Il telegramma è da Galveston e dice cosi « Un battello da € pesca, giunto qui, riferisce che domenica (14 Aprile) sera, la « parte meridionale del Golfo del Messico fu convertita in acqua € bollente, probabilmente a motivo di qualche eruzione sottoma- « rina. Una forte corrente si formò a un tratto, e dei veri Gey- « sers si elevarono improvvisamente alla superficie del mare fino « a 76 metri circa. Il carico di ghiaccio che il battello aveva « nella sua stiva per conservare il pesce, venne liquefatto com- « pletamente in meno di due ore, a motivo del caldo provocato « dalla temperatura dell' acqua sulla quale il battello navigava « (Sun) ». Questo importantissimo fatto non è nuovo, poiché, durante la eruzione del Pelée nel 1902, l'acqua del mare raggiunse la tem- peratura di 46» C. e diede origine ad una corrente superficiale della velocità di tre nodi all' ora (Thoulrt, L' Ocean. pag. 372. Paris, 1904), e il dottor Berte, testimone dell'eruzione del Pelée, in una sua relazione fece rilevare che dalle osservazioni fatte du- ') Boll, della Società di Naturalisti. Napoli 19U7. — 65 — rante l'eruzione del 1902 sembra esistere tra le correnti marine e le manifestazioni vulcaniche qualche rapporto e scrisse quanto segue : « la vigilia della catastrofe di Saint Pierre la corrente del mare aveva una velocità di chilometri 6,5 all'ora (tre miglia) ed era fangosa, mentre il giorno seguente la nave rimase tutto il giorno e la notte in sito senza notevole deriva. Durante questo tempo la mont;igna Pelée era calma e poco agitata ; il 20 Maggio nuova eruzione, nuova corrente. Il 6 giugno si riprodussero gli stessi fenomeni ». Riferisce Neumayr (pag. 230) che durante 1' eruzione del Krakatau o Peloe Rakata del 1883 fu interessante il moto delle acque marine, che dallo stretto della Sonda percorsero pure il Pacifico con una velocità di 306 miglia marine all' ora. Stoppani (voi. I, pag. 518, 521) ^) riporta dal giornale La Stam- pa del 12 luglio 1900 quanto segue : « Recentemente i giornali davano la notizia di una nuova eruzione sottomarina nelle acque dell' Oceano Pacifico. Mentre V incrociatore britannico « Ringa- rooma » navigava al largo, in vicinanza delle Nuove Ebridi, per- dette una torpediniera, che affondò repentinamente. Furono fatti tre diversi tentativi di scandaglio per ricuperare la torpediniera, ma ogni sforzo riusci inutile, poiché fu trovato nel posto della sommersione, a grande profondità, un vulcano in piena eruzione. L'acqua proveniente dal gorgo era caldissima , e i marinai ed i palombari stessi riportarono gravi scottature ». Questi fatti citati sono sufficienti per spiegarci i terramoti sottomarini e certe ondate di mare , la cui origine per molti è misteriosa. Accennando dianzi all'unità della materia ho detto che una è r acqua che nei diversi stati fisici concorre potentemente alle modificazioni del nostro geoide. Infatti, le acque che derivano dalla liquefazione delle calotte di ghiaccio dei poli, quelle degli oceani, dei fiumi, per le mutate condizioni termiche, si diffondono allo stato di vapore nell' aria atmosferica , ma condensandosi, cadono in tutte le latitudini e longitudini e si approfondano per gravità e per capillarità nel geoide. Quelle che cadono sulle su- perficie emerse sgorgano relativamente pure e si dicono acque dolci o potabili ; e questa proprietà fisica la conservano , quelle che costituiscono i fiumi e quelle che sgorgano dagli abissi ma- rini e formano esse pure fiumi, correnti, zampilli di acqua dolce 1) Corso di Geologia, terza edizione, con note ed aggiunte per cura di Alessandro Malladi-a. Milano, 1900. — 66 — in mezzo al mare, come 1' esempio recentissimo manifestatosi in mezzo allo specchio del porto di Torre Annunziata (1907). Ammesso in cifra tonda clie le superfìcie conosciute ascen- dano a 490,500,000 Kmq cosi ripartite : Superficie occupata dalle terre . . 135,400,000 Superficie occupata dalle acque . . 355,100,000 e che la media della pioggia annuale giunga a 1217 mm., nelle superfìcie emerse ne dovrebbero cadere 164,718,800 Kmc. Ora, se si ammette che un quinto cade nei bacini chiusi senza de- flusso al mare, si può concludere che dell'acqua che cade negli altri quattro quinti dei continenti , solo la quarta parte trovi sfogo nel mare , cioè Kmc 32,956,360, cifra superiore a quella indicata dal Murray, 27,191,000 di chilometri cubi di acqua, che ogni anno i fìumi versano nel mare. Se queste cifre riescono a soddisfare la nostra curiosità in- torno al rapporto che passa tra le acque o nevi che cadono sulla superfìcie emersa e quelle che vi rimangono assorbite e le altre che sono portate al mare, chi ci fornirà le cifre indicanti la quantità di acqua che penetra nel nostro geoide dalle super- ficie submarine e dai crateri subaquei, e che pure alla loro volta, sgorgando dalle superficie sottomarine, danno origine ai colossali fiumi quali il Gulf-Strcam^ il Kuro-Sivo^ il Mozamhico^ V Humboldt ed altri, che costituiscono le correnti marine ^) , o se sgorgano sui continenti o nelle isole danno origine a geyser , ai soffioni, alle acque termali o altre manifestazioni vulcaniche secondarie? La scienza su questo problema , per ora , non può rispondere, poiché possediamo soltanto su quel gran fiume , che scorre in mezzo all'Atlantico come se fosse rinchiuso in un canale la cui acqua termale assoluta è di color azzurro indaco e differisce notevolmente dal colore dell'acqua del mare, tanto che si discerne benissimo la linea di separazione del Gulf-Stream dall'acqua cir- costante, pochi dati. Si calcola che il volume d' acqua salata e calda a circa 250-27^0 che il Gulf-Stream scarica nell'Atlantico è , come ho accennato , di circa 90 milioni di tonnellate al mi- nuto secondo, di modo che la quantità annua ascenderebbe a Kmc. 2,836,240. ^) L. Ricciardi. Circolazione dell'acqua e correnti marine. Boll, della Soc. di Natur. in Napoli, 1907. — 67 — Le acque clie sgorgano dai bacini sorgentiferi o dai crateri fiumi sottomarini, che danno origine alle correnti marine, insie- me a quelle di pioggia che vi ricadono e alle altre che vi giun- gono dai fiumi subaerei, costituiscono le acque degli oceani, dai quali evaporandosi si diffondono nell'atmosfera, da dove, ripeto, condensandosi ricadono nei mari e sulle terre, costituendo tale avvicendamento nelle condizioni fisiche che in generale dagli oceanografi si ammette che il livello del mare sia costante. Arrogi che Hayden distingue le sorgenti termali del Yellow- ston in tre categorie : 1.0 Sorgenti intermittenti (geysers) , la cui temperatura , al momento della esplosione , supera quella dell' ebollizione , e nei tempi di quiete discende a 66° ; 2.0 Le sorgenti bollenti e zampillanti, la cui temperatura è sempre quella dell'ebollizione, e ohe lanciano l'acqua a due o tre metri d'altezza con getti quasi continui ; 3.0 Le sorgenti tranquille con una temperatura che varia tra 27° e 87° : queste sorgenti in generale furono zampillanti in passato. Il distretto dei geysers del Yellowston ha una superficie di 9259 chilometri quadrati (Kook , Falson , Hayden), e il numero delle sorgenti termali e dei geysers è attualmente calcolato a 10000 per la plaga meglio studiata, che è quella che circonda il lago e il corso del Yellowston , ritenuto un antico cratere vulca- nico, di cui i geysers, le sorgenti calde, i vulcani di fango, ecc. rappresesentano l'avanzo di una attività non ancora spenta; ma a questo numero già straordinario se ne suppone un altro eguale per le zone meno conosciute che stanno a oriente del lago. Il lago ha circa 40 chilometri di lunghezza per 28 di lar- ghezza, con una profondità di più che 100 metri nel mezzo , e giace a 2300 metri sul livello del mare ^). L' acqua è di color bluastro o verdognolo e contiene cloruro di sodio. Pure il E-otomahana, geyser della Nuova Zelanda , rappre- senta un vero lago di acqua calda , lungo 6 chilometri circa e largo 2 ; la temperatura dell' acqua oscilla tra i -}- 40» a 26o. L' acqua è limpida, d' un bellissimo azzurro (tinta , che come è noto, prende 1' acqua marina condensandosi , come ad esempio nelle saline). 1) Basta questo fatto per ammettere come provata la notevole forza ascensionale che hanno le acque provenienti da sorgenti vulcaniche termali e che costitvaiscono le correnti marine. — 68 — Questo ed altri laghi della Nuova Zelanda si trovano sopra una zona di 226 chilometri. In fine, trascurando di accennare altre contrade (California) e isole vulcaniche, nelle quali si rinvengono geysers e sorgenti geyseriane, ricordo che Honda e Terada ^) riferirono che presso Atami nel Giappone esiste un geyser nelle cui acque si rinven- gono, oltre tutti i sali caratteristici dell'acqua marina, conside- revoli quantità di cloruro di sodio. Dunque io ero nel vero quando scrissi che nel Golfo del Messico dalla bocca di un vulcano estinto o da un bacino sor- gentifero traeva origine il Gulf-Stream. Come da altri crateri sottomarini o bacini sorgentiferi traggono origine gli altri fiumi il Kuro Sivo^ V Humboldt, il Mozambico^ ecc. Ho detto poco fa che il volume di acqua contenuto negli Oceani e nell'aria ascenda approssimativamente in volume a chi- lometri cubi 9,716,869,438,181. Ma da alenai si ammette che quella rimasta imprigionata nel nostro geoide per imbibizione, cristallizazione e di costituzione , ascende ad una quantità supe- riore ^). Da ciò si deve necessariamente dedurre che se il nostro pianeta dall' èra della sua formazione ha trattenuto un volume d'acqua superiore a quello esistente nell'aria e nei mari, per as- sorbire quest' acqua, ci vorrà, per lo meno, tanto tempo, quanto ne è scorso dalla formazione fìnoggi , cioè , secondo Thomson, da 20 a 400 milioni d'anni, o come verosimile, secondo alcuni, a 100 milioni d' anni. E che sarà dunque del nostro geoide ? H satellite del nostro pianeta ce lo dice, poiché è passato per le stesse fasi. Infatti il Melloni, r illustre fisico che impiantò 1' Osservatorio Vesuviano, dimostrò nel 1846 che la Luna conserva ancora una quantità di calore ; il Langley confermò , più tardi , le geniali ricerche del Melloni. Nei primi mesi dello scorso anno 1907 le ricerche di Very ed i calcoli di Poyiiting ci danno come molto probabile che la superficie della luna possa raggiungere almeno la tempe- ratura di 300° assoluti, vai quanto dire a 27oO. (La temperatura del Sole è 5880° assoluti). Ammesso che del diametro terrestre che approssimativamente è di Km. 12.755 soltanto 100 Km. siano stati occupati dalla massa 1) On the Geyser in Atami, Tokyo, 1906. 2) SuEss. Neber heisse Quellen, Leipzig, 1902. Chiama acque giovanili quelle che si formano durante i parossismi vulcanici per !a combinazione diretta dei suoi componenti, i quali non possono derivare che dalla dissociazione del vapore acqueo, sia pure proveniente dall' acqua di costituzione. — 69 — caotica trasformata in magma idroplastico e che altrettanti , se non pure il doppio, cioè altri 200 Km. possa trasformarne l'ac- qua, vi resterà sempre una massa caotica contenuta nel nostro geoide, rappresentata da uno sferoide che ha un diametro di Km. 12.455. Allora, mentre non v'è aria, oppure vi potrà essere del nitro- geno, dell'argon, dell'elio, ecc. e non v'è acqua, ^) il nostro pia- neta sarà come la Luna , cioè che , mentre non potrà dare più asilo ai rapj)resentanti dalla fauna e della flora, conserverà an- cora delle energie imprigionate e perciò incapaci di continuargli le funzioni. E noi ? E noi, che di quella fauna facciamo parte, noi che siamo gli sfruttatori principali di quelle energie che animano il nostro geoide, è evidente, moriremo con esso. Ah non vi spaven- tate ! quel noi qui è semplicemente eufonico . perocché ne do- vranno passare millenni! e millennii, prima che il nostro pianeta diventi altra cosa da quel che è. E badate, io ho detto diventi altra cosa, giacché la scienza non parla mai di morte, la morte non esiste per la scienza, e come il lampo geniale del pensiero e le magiche astrazioni della poesia e le arcane investigazioni metafìsiche si perpetuano luminose sempre nei secoli, cosi anche la materia che fu base originaria a quelle forme astrattive ideo- logiche , resta eterna. Si , perché la materia si trasforma , non muore: « Trasmutabil elVè per tutte guise! > — come dice il Poeta rostro (Par. V. 97). Anche la terra, questa divina Grea degli an- tichi padri dell'Eliade, si trasformerà, diventerà altro , riconfer- mando il pensiero di Hegel dell' eterno divenire , ma certo non 1) Servizio speciale del « Matin » Londra, 27 Febbraio 1908. « Il profes- sor Lowell, astronomo e capo dell'osservatorio di Flagztafb (Arizona) che è una delle principali autorità , intorno alle questioni che si dibattono intorno al pianeta Marte riferisce oggi una sua scoperta della più grande importanza. Il prof. Lowell è uno di quelli che credono che i canali del pianeta Marte non siano un'illusione ottica, ma opere artificiali. Egli ha poi studiato ancora sul pianeta Marte in questi ultimi tempi da un posto di osservazione del sud Africa , e il risultato dei suoi studi ha rafforzata la sua idea, che sulla su- perficie del pianeta Marte esistano degli animali ed altri esseri viventi. Una delle obiezioni alla teoria dei canali marziani è questa : si sosteneva che sul pianeta Marte mancasse il vapore acqueo. Ora, appena tornato a Flagztaft, il prof. Lowell si mise a studiare il pianeta con uno spettroscopio espressamente costruito , e ora egli proclama che è riuscito a constatare la presenza del vapore acqueo nell'atmosfera del pianeta. Dunque la vita sarebbe possibile. Il prof. Lowell ricevette già nel 1894 la medaglia d' oro del Jannsen della Società geegrafica francese per i suoi studi sul pianeta Marte. — 70 — cadrà nel nulla, perchè il nulla non esiste, Natura aborret a vacuo. Passeranno secoli e secoli molti, muteranno assai volte i linguag- gi dell'uomo, i più tardi nostri nepoti appariranno forse in formo più perfette , si da sembrare ai futuri paleontologi degli Dei a confronto di noi , forse novi astri e novi soli appariranno sui campi sterminati del cielo , e dopo il nostro geoide si trasfor- merà, e forse altri pianeti si saranno sviluppati, evoluti, perfe- zionati allora, si da dare ospitalità a nuova flora, a nuova fauna, forse a nuovi uomini. Si, sogniamoli, è bello sognarli, questi novi uomini dei millenni avvenire , i quali saranno per noi , ciò che noi siamo per i trogloditi , per i fossili terziari e quaternari, e forse essi avranno un palpito per noi che fummo i loro ante- nati. Confortiamoci, adunque ; pur trasformandosi il nostro geoide, rimarrà eterna la materia, ed eterno con la materia l'amore. Napoli, 5 Aprile 1908. LE CARIOCINESI NEI SARCOMI PARVICELLULARI poi socio Claudio Gargano (Tornata del 14 maggio i'JOSj Lo studio accurato delle cariocinesi nei neoplasmi maligni (carcinoma, sarcoma), è stato oggetto di un numero limitato di memorie, credo per la impossibilità nella quale si trova il chi- rurgo di avere sempre a sua disposizione i reagenti occorrenti per gli esami citologici, ed anche per non potere spesso fissare con sollecitudine i tumori asportati, tanto da non indurre in essi delle gravi alterazioni. Abbiamo i lavori di Martin e Cincinnati (1881), di Pfìtzner (1886), di Cornil (1886), di Hansemann (1890, 1892), di Miiller (1892), di Bretland Farmer, Moore e Walker (1904), di Hacker (1904), e pochi altri. Comunemente si dice che le cellule dei neoplasmi, in specie dei maligni , si moltiplicano per cariocinesi ed i vasi per gem- mazione dell'endotelio delle loro pareti, che le figure mitotiche sono prevalentemente tipiche, ma che abbastanza frequentemente si hanno anche le forme atipiche , che porterebbero alla conse- guenza di avere le diverse varietà cellulari, sotto le quali si pre- sentano le diverse forme di neoplasmi in parola. Mi sono occupato per ora delle cariocinesi nei sarcomi par- vicellulari od altrimenti detti globocellulari, e come materiale di osservazione mi son servito di parecchi sarcomi tolti da infermi nei quali il neoplasma, sebbene asportato, si era riprodotto in sito. Previa prolungata fissazione nei liquidi forti di Hermann e di Flemming , ho proceduto alle varie colorazioni consigliate per lo studio delle figure cariocinetiche. I migliori risultati li ho ottenuti con 1' ematossilina ferrica secondo Heidenhain [anche usando la modifica consigliata da Tretiakoff (1904)], e con la saf- franina sciolta in acqua di anilina. Per le osservazioni ho adoperato il 2 mm. apocr. ap. 1,40 di Zeiss ad immersione omogenea con la serie degli oculari com- pensatori e la luce artificiale di un forte lume ad incandescenza a gas, e, come controllo, anche la luce monocromatica , facendo — 72 — filtrare quella data da tale sorgente luminosa attraverso ad una soluzione satura di acetato di rame. 1 sarcomi, osservati, sono a piccole cellule rotonde; risultano di elementi piccoli senza parete (Fig. 1; Fig. 2), con scarsissimo citoplasma leggermente granuloso, che assume oltre i colori acidi di anilina, in parte anche i colori basici. A forte ingrandimento questo protoplasma ha struttura trabecolare, e nelle maglie si trovano disseminati i granuli di maggiore refrangenza. Oltre di essi se ne trovano dei più grandi, di forma talvolta sferica, come gocciole, tal altra indeterminata ; questi si tingono pallidamente con la saifranina ed intensissimamente con l'ematossilina ferrica, tanto da sembrare dei punti neri. Sono sempre abbastanza disco- sti dal nucleo. Si debbono interpretare come inclusioni cellulari cromatofìle, come cromidi [Hertwig (1904)] ; sarebbero una diffu- sione di proteidi nucleari avvenuta lungo i fili cromatici del pro- toplasma. Adoperando la colorazione allo Scharlach R, all'acido osmi- co, la reazione di mordenzamento , la differenziazione col ferro- cianuro di potassio, ecc. consigliata da Michaelis (1904), non si può stabilire se sieno di natura grassa od albuminoidea. Reagi- scono anche al Sudan III , ciò non ostante propendo più per 1' idea che sieno in parte protoplasmatici e cromatici , anziché sostanza grassa , giacché ho sempre ritenuto non essere tutto grasso ciò che annerisce con 1' acido osmico e ciò che si colora in rosso col Sudan III. Ewing (1906) studiando le lesioni epiteliali prodotte dal vi- rus vaccinico nella cornea del coniglio e colorando i preparati, fissati in alcool assoluto, col metodo Romanowsky, interpreta le inclusioni cellulari come cromidi e crede che corrispandano a tutte le reazioni della cromatina, laddove Reichauer (1906) ritiene che almeno per il mollusco contagioso degli uccelli {Oefiilgelpo- cliel) si tratterebbe di degenerazioni protoplasmatiche. ed Apolant (1903) adoperando la fissazione in Hermann seguita dall'azione dell'acido pirogallico, e la colorazione Pappenheim-Unua. é d'o- pinione essere le inclusioni cellulari anche nel mollusco contagioso degli uccelli di due specie , le une dovute a degenerazione del nucleo e le altre a quella del protoplasma , degenerazione pre- valentemente grassa. Per i caratteri morfologici ed istochimici nei sarcomi, le ri- tengo sempre prodotte da diffusione di sostanza del nucleo , le credo dei cromidi. - 73 — Vicino al nucleo in alcune di queste cellule sarcomatose (Fig. 3), non in tutte, (forse in quelle che si accingono alla ci- nesi) . si trovano delle piccole masse granulari , ohe si colorano intensamente sia con l'ematossilina ferrica, che con la saffranina. Nel loro interno non è difficile scorgere uno o due granuli più grossi degli altri, di forma sferica e più intensamente colorati. Si debbono o pur no interpretare per centrosfere e centroso- mi ? La quistione non è facilmente risolvibile. Escoyez (1907) crede di aver potuto ottenere questa differen- ziazione , colorando le cellule germinali della Marchantia poly- morpha con l'ematossilina ferrica : l'elemento cromosomico assume in tal modo una tinta ben nera e non si può confondere con i centrosomi. Escoyez trova questa colorazione adeguata , perchè gli ha potuto mettere in luce nettamente i corpuscoli polari di molte cellule. Cerruti (1906) ritiene che i fissativi contenenti acido osmico, sebbene anneriscono intensamente molti dei granuli di grasso, che si osservano nel citoplasma, e sebbene mettono in evidenza le centrosfere, sono poco vantaggiosi per l'esame dei centrosomi; consiglia invece il sublimato , il liquido di Zenker e quello di Bouin. Questi centrosomi, facendo uso anche di tali reattivi, non è possibile di metterli in evidenza in tutte le cellule , né in tutti gli stadi cinetici; si trovano quasi costantemente nello stadio di metacinesi all' estremità del fuso acromatico, laddove non si ritrovano mai negli altri stadi, ed in ciò si avrebbe qualche cosa di analogo a quello che descrive Ikeno (1903) nella spermatoge- nesi della Marchantia polymorpha ; giacché in tutte le divisioni spermatogeniche ad eccezione dell' ultima, i centrosomi divente- rebbero invisibili dopo la metafasi, mentre nell'ultima cinesi, cam- biando funzione, si porrebbero diagonalmente alla cellula cubica, trasformandosi in blefaroplasti dei due spermatidi. Si notano qualche volta, anche vicino al nucleo (Fig. 4), delle masse uniche, rotondeggianti, cromatofìle anche esse, che inter- petro come prodotte da imperfetta divisione del nucleo. Il nucleo , voluminoso , di forma sferica o vescicolare , è tanto grande , che in molti punti del neoplasma non si vedono altro che nuclei addossati l'uno all'altro con scarsissima sostanza citoplasmatica che li divide. Il nucleo ha una membrana propria, che non è il semplice raddensamento del reticolo cromatico ; in^-- xt:t~ -^ ì B R ^ f^ y — 74 — fatti le masse cromatiche nel suo interno spesso si trovano rac- colte nella parte centrale [nuclei sinapteni di Winiwarter (1900)], senza che nessuna risoluzione cromatica nucleolare arrivi alla membrana stessa , e d' altra parte questa membrana in qualche caso si colora meno intensamente della cromatina ; con ciò non escludo la possibilità che il reticolo cromatico in molti nuclei, giungendo fino alla membrana nucleare, la raddensi. Risultano (Figg. 1-4) di un reticolo cromatico minutissimo, i cui fili si incrociano e risolvono variamente, di numerosi nu- cleoli, di masse cromatiche di forma indeterminata, e di granuli cromatici. La sostanza acromatica del nucleo apparisce come un reticolo sottilissimo, talvolta come la semplice trama nella quale si trova la cromatina. Il reticolo cromatico, a forti ingrandimenti, si vede formato di numerosi granuli avvicinati l'uno all'altro , ed aventi le rea- zioni della cromatina, reazioni della cromatina che hanno anche i nucleoli, le masse cromatiche indeterminate ed i granuli. Winiwarter (1900) dal modo come questo reticolo cromatico si comporta e si aggruppa con i nucleoli e con le masse croma- tiche nell'ovario del coniglio e dell'uomo, divide i nuclei in deu- tobrochi, leptoteni, sinapteni, diploteni, pachiteni, ecc. Tutte le varietà di nuclei studiate da Winiwarter (1900) si possono riscon- trare nei nuclei delle cellule dei sarcomi globocellulari. Spesso i filamenti cromatici ed i nucleoli si concentrano sem- pre più verso il centro del nucleo, dando luogo ai cosidetti « Cen- tralTcorper » di Born (1894). Il fatto di riscontrare molti nuclei in sinapsi , nuclei nei quali la sostanza cromatica resta intensamente colorata , anche con i processi che mettono in evidenza solo le figure cinetiche, potrebbe dimostrare essere la sinapsi uno stadio iniziale, quasi costante della cariocinesi delle cellide sarcomatose. Però molto controversa è nei citologi l'interpretazione della sinapsi: por alcuni sarebbe assolutamente priva di ogni valore, come per Mottier (1904), laddove per altri, come per Moore (1895), avrebbe grande importanza n^i fenomeni di moltiplicazione cel- lulare. Giardina (1901) studiando l'oogenesi del Dytiscus marginalis crede che la fase di sinapsi sia connessa con una divisione dif- ferenziale della cromatina, per cui ha luogo il differenziarne iito delle oogonie in oociti e cellule nutrici ; stadio di sinapsi che precede o segue una divisione differenzialo della cromatina; sa- rebbero delle divisioni differenziali , laddove la fase di sinapsi — 75 — osservata negli spermatociti rappresenterebbe vina fase seconda- ria e non iniziale dell'accrescimento. Giardina (1902) medesimamente studiando tali fenomeni cro- matici di sinapsi in un insetto, nella Mantis religiosa^ crede dover distinguere due forme di sinapsi : una simile a quella studiata nel Dytiscus, nel quale solo una parte della cromatina si contrae in una massa unica , rimanendo 1' altra a costituire un reticolo (sinapsi parziale), mentre nella Mantis tutta la cromatina sembra coinvolta nel processo (sinapsi totale). Queste due forme di sinapsi hanno valore diverso. Nei sar- comi la sinapsi rappresenta un inizio della cariocinesi ? Rappre- senta una divisione differenziale della cromatina ? Ovvero un modo qualsiasi di distribuzione della sostanza cromatica ? Difficile è la soluzione di questo quesito. Propendo più per l'idea che sia l'inizio della divisione cellulare. Queste cellule, dato il loro numero, la rapida riproduzione, si ammassano talvolta in nidi , si comprimono e prendono un aspetto poliedrico e fra le cellule àavvi minima quantità di so- stanza intermedia granulo-fibrosa. Il tessuto di sostegno è scarso, composto di sottili fibrille di tessuto connettivo ; in molti punti si presentano focolai di lieve infiammazione con accumulo di ele- menti parvicellulari ed in altri notansi delle degenerazioni. * * * Le cellule dei sarcomi globocellulari si riproducono per ca- riocinesi : non si possono riscontrare tutti gli stadi che si rinven- gono nelle mitosi delle cellule epiteliali normali; sono delle ca- riocinesi atipiche ed abbreviate. Costante in tutte le fasi è il considerevole ingrandimento cellulare, che fa subito riconoscere la cellula in divisione dalle altre in riposo , ed è notevole che negli stadi cinetici dalla metafase fino alla ricostruzione dei nu- clei, la cellula assume una forma decisamente sferica od ellittica. Nella cinesi d' ingrossamento del nucleo si vedono più di- stinti i nucleoli e le masse cromatiche indeterminate , il loro orientamento è del tutto arbitrario. Le risoluzioni nucleolari sono più semplici, si hanno ora dei bitorzoli, ora qualche ansa senza molte volute; anche il reticolo cromatico in molti punti si risolve in innumerevoli granuli liberi nel carioplasma : del tutto eccezio- nali sono lo forme di « Centralkorper » di Born (1894). — ze- li citoplasma apparisce ])iù chiaro, meno granuloso, si scorge indistintamente la struttura finamente trabecolare ; non si vedono elle poche masse cromatofile in esso incluse ; e nelle colorazioni all'ematossilma ferrica, in molte cellule, in questo stadio, si rie- scono a vedere vicino al nucleo quelle fine masse refrangenti con uno o due granuli più brillanti, masse che per molte reazioni pos- sono far pensare alle centrosfere ed ai centrosomi. La membrana nucleare si dissolve. I nucleoli, le masse cromatiche, ed il reticolo cromatico si risolvono in numerosi pezzi tozzi (fìg. 6), e sono i cro- mosomi. Non ho potuto mai riscontrare uno stato di spirema, in cui fosse possibile vedere un filo cromatico unico, che successi- vamente si frammentasse. Fra questi cromosomi continuano a persistere poche risolu- zioni nucleolari ed ancora un discreto numero di granuli. Sia queste risoluzioni nucleolari che i granuli si colorano meno in- tensamente con 1' ematossiliua ferrica, e restano quasi del tutto scolorati con la saffranina. È impossibile procedere a qualsiasi numerazione di cromosomi , il loro numero varia da cellula a cellula e per essere sovrapposti gli uni agli altri, si rendono an- cora meno distinguibili. Adoperando una forte illuminazione arti- ficiale del preparato ed il condensatore a piena apertura, si può notare la struttura intima di essi : risultano di granuli sottilissimi, avvicinati tanto strettamente fra di loro , da dare 1' aspetto di grossi pezzi, di blocchi cromatici. In questa cinesi nel protopla- sma non si trovano mai i presunti centrosomi. Molto interessante è lo stadio successivo (fig. 6) in cui i cro- mosomi si dispongono a rosetta. Sebbene riuscirebbe più agevole il poterli numerare, pure si hanno risultati cosi diversi da cellula a cellula e da osservatore ad osservatore , da far supporre che non vi sia nessuna regola nel modo come la sostanza cromatica dei nuclei di queste cellule neoplastiche si risolva in cromosomi. Al centro della rosetta dell' aster cromosomico si vedono nuo- vamente dei nucleoli che si risolvono in parecchi filamenti cro- matici, chi ad ansa, chi frastagliati, chi diritti, oltre a numerosi granuli sparsi nel carioplasma. Bisogna necessariamente supporre che nello stadio precedente tali formazioni anche esistevano , ma che per 1' ammassarsi dei cromosomi non erano evidenti. Ritengo pure che non tutta la sostanza cromatica del nucleo si risolva in cromosomi. Nello stadio a rosetta o di monastro le risoluzioni nucleo- lari si tingono bene anche con la saffranina e restano intensa- - 77 — mente colorate con l'ematossilina ferrica. Nel protoplasma man- cano sempre i centrosomi. Lo stadio successivo è quello (fig. 7) di metacinesi o di piastra equatoriale. Chiaramente apparisce la disposizione a fuso della sostanza acromatica del nucleo , e nei due poli si vedono dei punti di maggiore refrangenza , che per alcuni caratteri si potrebbero identificare por centrosomi , laddove per altri non rispondono alle reazioni di essi : infatti non sempre questi poli del fuso acromatico si tingono con i reattivi opportuni e restano invece come punti brillanti scolorati , tal altra invece prendono i colori cromatinici. Il protoplasma cellulare diviene sempre più trasparente e meno granuloso ed attorno al fuso si trova anche una zona più chiara di citoplasma. I cromosomi si distribuiscono lungo 1' equa- tore del fuso e danno a medi ingrandimenti 1' aspetto di una fascia cromatica densa. Impossibile riesce qualsiasi numerazione; sono talmente sovrapposti gli uni agli altri , talmente di forma indeterminata, che non è per nulla agevole descriverli. I nucleoli che ancora rimanevano, le risoluzioni nucleolari, i granuli cromatici sparsi nel carioplasma spariscono , forse per un processo di cromatinolisi, ed invece si ritrova all'intorno dei poli del fuso acromatico una sostanza che debolmente si colora con i reattivi della cromatina, sostanza di forma indeterminata, che dà 1' aspetto di una corona ai due poli dell'aster acromatico. Non ho potuto riscontrare nessuna fase cinetica nella quale i cromosomi apparentemente si sdoppino per dare luogo ai due astri. Forse, anzi certamente, avverrà qualche cosa di analogo a ciò che succede nelle cariocinesi tipiche, ma non è agevole os- servarlo, anche ricorrendo ad artifizi di tecnica. Dallo stadio di metacinesi si passa (fig. 8) ad uno stadio di ascensione polare dei cromosomi. I cromosomi, seguendo sempre la direzione delle fibre del fuso acromatico si vanno avvicinando ai poli di esso : sono dei blocchi di cromatina che ascendono. Anche in questo stadio si ritrova sempre sopra ai poli quella sostanza leggermente cromatofila, che ho interpetrato, come de- generazione dei nucleoli e del restante reticolo cromatico della fase di monastro. Arrivati a questa fase i cromosomi o si pongono ai due poli del fuso acromatico come due fasce parallele di segmenti di cro- matina (sempre di forma indeterminata), ovvero queste due fasce sono inclinate (fig. 9) in modo da dar luogo ad un angolo aperto rispetto ad un meridiano del fuso anzidetto. Credo che questo — 78 — secondo modo di disposizione sia non il normale , sebbene non è difficile riscontrarlo in un numero discreto di cellule. Quel leg- giero reticolo cromatofilo che prima trovavasi sopra ai poli è un poco più rado e meno appariscente, probabilmente perchè molta di quella sostanza deve restare coperta dai cromosomi figli, che hanno migrato verso i poli. Centrosomi non se ne scorgono più, né se ne vedranno negli stadii cinetici successivi. I cromosoni si vanno sempre più accentrando verso i poli del fuso acromatico (fig. 10) e danno luogo alla figura di diastro. Si vedono le due stelle figlie. Il fuso acromatico nel suo equa- tore si presenta più cliiaro e trasparente e dalla periferia della cellula, in corrispondenza sempre dell'equatore di detto fuso, si inizia un j)i'Ocesso di raddensamento protoplasmatico , un inizio di strozzamento cellulare. La sostanza leggermente cromatofìla di degenerazione si trova in parte più sparpagliata al di sopra di questi astri cromatici figli- si passa quindi alla fase (fig. 11) della ricostruzione dei nuclei delle due cellule figlie, senza passare per la fase di dispi- rema. Il protoplasma cellulare della cellula madre si è strozzato formando le due cellule figlie ; in esso non si scorge che la sola struttura trabecolare ; non si vedono i granuli cromatici, né reli- quati della sostanza cromatofìla di degenerazione. I nuclei si sono circondati di una membrana nucleare ; i cromosomi si sono riso- luti in nucleoli, in masse cromatiche indeterminate , in reticolo cromatico ed in granuli. Qui sorge la quistione se quella sostanza cromatica di dege- nerazione, che non si riesce più ad osservare, ricostruisca in parte il reticolo cromatico e ritorni nella composizione della cromatina dei nuclei figli, ovvero degeneri completamente. Per quanto abbia cercato di indagare questi fenomeni con delicate colorazioni, non son riuscito a poter definire la cosa. E vero che la cromatina dei nucleoli, del reticolo cromatico e dei granuli nelle diverse cinesi si comporta variamente rispetto ai reagenti, in modo da non potersi ritenere costante la compo- sizione, però i mutamenti avvenuti in queste varie parti croma- tiche sono sempre identici per ogni stadio, confermando in ciò quanto Carnoy e Lebrun (1898) hanno riscontrato nell' oogenesi dei Batraci. È probabile che i jiucleoli in queste cellule neoplastiche in parte concorrerebbero alla formazione dei cromosomi ed in parte passerebbero nel protoplasma forse anche per nutrirlo. — 79 — Questa da me descritta rappresenta la forma, direi univer- sale di mitosi delle cellule dei sarcomi parvicellulari , la forma costante che pur differisce tanto da quella dei tessuti normali. Accanto a questo modo di moltiplicazione , si riscontrano altre divisioni nucleari asimmetriche. Hansemann (1890 , 1892) crede che le figure cariocinetiche asimmetriche provengano dal che i cromosomi si spezzettano inegualmente. Cornil (1886) trova che è facile osservare negli epiteliomi le cellule moltiplicarsi per divisione indiretta o cariocinesi : ha po- tuto in due tumori studiare il modo di divisione in tre. Il fila- mento cromatico presentava la forma di una stella a branche raggianti con i grani di sostanza cromatica. La divisione diretta o amitotica delle cellule dei sarcomi globocelluhiri non può nemmeno riportarsi in tutte le sue fasi a quella descritta da Remak e da Ranvier nelle cellule liufatiche del sangue dell' Axoloth. Tali cellule neoplastiche non sono povere di sostanza cromatica, nò il processo di scissione incomincia dal nucleolo. Si verifica anzi 1' opposto, che le cellule più ricche di cromatina (nucleoli, masse cromatiche , reticolo cromatico , gra- nuli) , non infrequentemente vanno soggette a questa forma di riproduzione. In primo tempo il nucleo si ingrandisce in uno dei diameiri, la membrana nucleare presenta un leggiero strozzamento nel suo equatore. È questo l'inizio della divisione nucleare. I nucleoli ed il reticolo cromatico si concentrano negli estremi del diametro maggiore del nucleo, i granuli si raddensano vicino ai nucleoli, nel mentre che la membrana nucleare , andandosi sempre più restringendo, finisce per individualizzare due nuclei figli (fig. 12). Ad i fenomeni nucleari si aggiungono quelli protoplasmatici, cioò parallela scissione del citoplasma cellulare , il che dà origine a due cellule figlie. È da notarsi che non sempre avviene la scissione protopla- smatica, in modo che dalla divisione del nucleo si possono qual- che volta generare cellule con 2, 4, ecc. nuclei , cellule polinu- cleari , le quali spesso si trovano intovate in piccole cavità di degenerazione. Mi ò riuscito di osservare in molte cellule, vicino al nucleo, due piccoli nuclei, i quali evidentemente sono stati originati da un processo atrofico di scissione diretta. Questi piccoli nuclei figli lasciano imperfettamente vedere la loro intima struttura ; anche con i più forti ingrandimenti sembrano quasi dei blocchi di so- stanza cromatica. — so- li citoplasma nelle cellule die si dividono per scissione di- retta non presenta mai inclusioni di sostanza cromatofila, né tam- poco centrosfere o centrosomi. È evidente che questo è un modo di moltiplicazione abbre- viata nei punti nei quali il processo di riproduzione cellulare è più rigoglioso. Il modo di comportarsi del reticolo cromatico, come descrive Cornil (1886) negli epiteliomi non mi è mai stato possibile di riscontrarlo nei sarcomi globocellulari. Ritengo che il modo universale di riproduzione delle cellule neoplastiche dei sarcomi globocellulari sia una cariocinesi atipi- ca, con abbreviazione di molte fasi cinetiche. Dalla Stazione Zoologica di Napoli, aprile 1908. - 81 — BIBLIOGRAFIA CITATA 1903. Apolant, H., Beitrag zur Histologie der Geflugelpocke; in: Virchow's Ardi. 174. Bd. p. 86-95 1 T. 1879. AuNOLi), 1. , Uel^er feinere Structur dcr Zellcu untcr nonnaleu und patbologischeu Bedingungen; ihid. 77. Bd. p. 180-207. 1894. BoRN, (t. , Die Structur des Keimblaschens von Triton taeniatus ; in: Arrh. mihr. Aliai. 43. Bd. p. 1-79 T. 1-4. 1904. Bretland Farmkr, I., Moore. I. E. S. und Walker, C. E., Ueber die Aehnlichkeit zwischon den Zellen malignar Neubildungen beim Menschen und denen nornialer Eortptianzungsgewebe; in: Biol. Central. 24. Bd. p. 1-7. 1898. (Jarnov. I. B. et Lebrun. H. , La vésicule germinative et les glo- bules polaires chez les Batraciens ; in : La Cellule, Tome 14 p. 109-2" 0 PI. 4. 1900. Cerruti, a., Sull'evoluzione dell'Uovo ovarico nei Solaci; in: Atti Arcad. Se. Fis. Mai. Voi. XIII p. 1-88 T. I-VII. 188G. 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Tome XVII p. 39-199 PI. 4-8. 83 — SPIEGAZIONE DELLE FIGURE (Tav. I e II) Coni h ivo z inni oftlchc. — Obbiettivo 2 mm. apocr. ap. 1,40 Zeiss >< 8 corap. — Camera lucida di Abbo-Aputy di Koristka. 1 disegni sono stati eseguiti al- l'altezza del tavolino del microscopio e successivameute sono stati molto in- grauditi con la tbtogralia. Tavola I. Fig. 1 e 2. — Cellula sarcomatosa iu stato di riposo con le sue inclusioni pro- tO]jlasmat.iclie cromatofile. Cfr. pagg. 72, 74. » 3. — La stessa avente vicino al nucleo dei granuli clie si potrebbero interpetrare per centrosomi e centrostere. CtV. pagg. 73, 74. >■> 4. -- La stessa iivente vicino al nuclei delle masse rotonde cromato- lile. prodotte da imperfetta divisione del nucleo. (Jt'r. pagg. 73. 74. » 5. — Spezzettamento del reticolo cromatico ilei nucleo in cromosomi. Cfr. pag. 7G. » »j. — Disposizione a rosetta dei cromosomi. Cfr. pag. 7(j. Tavola II. » 7. — Stadio di metacinesi. (jÙ: pMg. 77. » tì. — St idio di ascensione polare dei cromosomi. Cfr. pag. 77. » y. — Stadio di m-ientazione dicentrica atipica dei cromosomi. Cfr. pag. 77. » 10. — Stadio di diastro. Cfr. pag. 7b. » 11. — Ricostruzione dei nuclei. Cfr. pag. 78. » 12. — Scissione dii-etta dei nuclei. Cfr. pag. 79. UNA CISTI DI SFEROCRISTALLI RINVENUTA IN UN SACCO ERNIARIO pel socio Claudio Gargano (Tornata del 14 maggio 1908; Nei primi di giugno 1906 il prof. Fabrizio Padula operava nella clinica una donna affetta da ernia inguinale sinistra non riducibile. L' operazione dimostrò trattarsi di un idrope di un vecchio sacco erniario, nel quale non si riscontrarono né visceri, ne epiploon. Fin qui nulla di notevole. Nel liquido del sacco si Aii:^Si O T" J^ del Socio Fk. Sav. Monticelli fTornata del 14 maggio 1908Ì Liiiton in un sao reconte scritto ^), a pag. 103, riassume le caratteristiche di una Encotyllabe sp. raccolta sulle branchie del Calamus calamus , che disegna nelle fig. -49-53 della tav. 7 del detto lavoro -). Leggendo la descrizione ed esaminando le figu- re dell' insieme del venne e delle caratteristiche particolari di questa forma indeterminata di Encotylluhc che ha date 1' autore, ho subito riconosciuto che essa rappresenta una nuova specie da aggiungersi alle quattro finora note del genere . quali risultano dal mio recente studio su Encotyìlahe ^). Rivoltomi alla cortesia del collega Linton per esaminare da vicino questa specie di En- cotyllabe , che molto m' interessava , egli fu sollecito a soddi- sfare il mio desiderio, inviandomi 1' esemplare che possedeva ed autorizzandomi a farne oggetto di particolare studio. Questo ha confermate le mie conclusioni sulla differenza specifica della En- cotyllabe in esame dalle altre del genere . e mi ha permesso di completarne la descrizione e ritrarne nuove e più particolareggiate 1) LiNTON, Eu. — Notes ou parasite^ of Bermuda Fiylies: l'roc. U. S. Nat. Musnmi. X. 1560, Voi. 33, j.aj. 85, Plt. 1-15. 2) La descrizione del Linton è la seguente : Body elliptical , tlattened : posterior sucking disk joined to the body by a stalk , prowided with two hooks but witliout radiai ridges ; two anterior snckei's , wich were circular in the living ])ut clliptical in the preserved specimen. The anterior end is prowided with numerous small lobes, wich probably repi-esent two lobate an- terolateral prolangations of the body with lobate borders. The genital aper- ture is on the left side of the median line a sohrt distance behind the leffc sucker. The specimen was rolled up when first seen and was toc fragile to allov a satisfactoiy manipulation. 3") Monticelli Fu. Sav. — '1 genere Encofi/ luhc : Atti R. Lstit. lmianti in modo centripeto dalla ferita. Il morsicato 'è preso da forte sete: ha la bocca e le fauci secche e le mucose oculari, boccali e genitdi appaiono rosse ed infiammate. Queste manifestazioni durano spesso lungo tempo, fino a 24 ore, e sono sovente accompagnate da emorragie ocu- lari, del canale gastro-enterico (bocca, stomaco ed in- testino) nonché della vescica e degli organi genitali. Se il veleno introdotto bastava per dare la morte, poche ore dopo la morsicatura comparisce uno istupidimento, anestesia generale, poi sonnolenza, dispnea al più alto grado ed infine arresto di respirazione, mentre che il cuor.- può continuare a pulsare per 15 minuti , dopo che il respiro è interamente cessato. La Vipera russellii inietta maggior quantità di veleno delle nostre vipere e produce quindi maggiore infiammazione delle mucose intestinali, tali da procurare facilmente enterorragia, ra- gione per cui non meraviglierebbe 1' enterorragia nel caso che qui espongo , ove fosse dimostrato che la vipera in parola s' è trovata in condizioni tali da iniettare una maggior quantità di veleno degli altri animali della stessa specie , che hanno mor- sicato. E ciò che cercherò di mostrare, analizzando le varie condi- zioni in cui si trovava l'animale in parola. a) È risaputo che l'epoca in cui la vipera morde può influire sulla violenza dell' avvelenamento. L' Albertoni ha fatto delle esperienze sul proposito ed ecco quanto egli potette assodare (pag. 153): « L'umore prodotto dalla gianduia velenifera pare ve- ramente pressoché innocuo nel mese di aprile e che la sua potenza cominci a manifestarsi nel maggio per crescere nei mesi succes- sivi. Perocché delle esperienze praticate al princii)io dell' aprile non diedero nessun risultato, sebbene le vipere usate si mostras- sero vivaci, ed in altre fatte nel maggio con vipere della stessa provenienza, si ebbero fenomeni gravissimi » . Si ha cosi che è nel maggio che il veleno è attivo; ed il maggio é proprio 1' epoca in cui ha morsicato la nostra vipera ; onde resta stabilito che essa si trovava nella stagione adatta a far si che fosse efficace 1' avvelenamento prodotto dalla sua morsicatura . h) Una vipera, dopo aver morsicato alcune volte, perde il ve- leno perfino per alcune settimane. Ora, siccome le vipere si nu- — 116 — trono di piccoli animali, che prima avvelenano col loro morso per poterli comodamente ingerire ; cosi le glandule del veleno con- tengono maggiore o minore quantità di secreto in rapporto al periodo di tempo durante il quale l'animale ha digiunato. Se ha morsicato e mangiato di recente, la quantità di secreto è poca; se invece ha morsicato e mangiato molto tempo addietro , la quantità di esso contenuta nelle glandule è maggiore (nelle nostre vipere raggiunge un massimo di 25 cmc). Ho osservato attentamente l'intestino dell'animale di cui qui tratto. L'ho esplorato dall'apertura boccale all' anale, aprendolo longitudinalmente; ma non vi ho trovata traccia alcuna, né di animali in via di digestione nel primo tratto dell' intestino, né di escrementi nell' ultimo tratto: 1' intestino era completamente vuoto di alimenti o di residui di essi. Ciò mi dice che l'animale era completamente a digiuno da moltissimo tempo (altrimenti si sarebbero trovati almeno degli escrementi): forse da che era uscito dal letargo non ancora aveva mangiato. Cosi, d'accordo con quanto ho detto innanzi, l'animale, non avendo morsicato da molto tempo, doveva avere le glandule ve- lenifere molto piene di secreto e trovarsi , conseguentemente , nelle migliori condizioni atte a morsicare. A ciò dobbiamo aggiungere che, come ha mostrato il Cal- METTE (2, pag- 18"!), dopo un digiuno prolungato il veleno é gran- demente più attivo. e) Un coefficiente di cui bisogna tener conto é l'irritazione di cui é stata oggetto la nostra vipera nera. I nostri contadini conoscono assai bene il piccolo serpente velenoso, ed è nuovo il caso che si diano a scherzare con esso : eglino lo fuggono , quando lo incontrano, o cercano di ammaz- zarlo, E quando ne sono morsicati é sempre a loro insaputa che l'animale ha potuto farlo, o perchè è stato involontariamente ur- tato o per semplice spirito di offesa. Ora l'animale in parola si é trovato in condizioni tali , in cui credo non si sia trovata ancora alcuna delle vipere che han- no morsicato uomini. Essa fu presa in mano , gittata addosso ad un uomo, caduta a terra fu ripresa in mano. Strapazzata in questo modo, credo che si trovava nelle condizioni più adatte a far si che potesse avvalersi dei suoi mezzi naturali di offesa e difesa. Risulta quindi che essa mordendo abbia cercato di iniettare la maggior quantità di secreto che le era possibile. ~ 117 — Riassumendo, quindi; la vipera di cui qui dico: a) si trovava nella stagione adatta, perchè la sua morsicatura producesse un avvelenamento effioace; h) aveva le glandule velenifere piene di veleno, ed avendo digiunato da molto tempo , il veleno era più attivo; e) l'irritazione prodotta nell'animale dai continui scoti- menti cui era stato sottoposto , ha fatto si che esso, mettendo in atto il massimo dei mezzi di difesa di cui poteva disporre , abbia cercato di iniettare quanto più veleno le è stato possibile. Queste tre cause biologiche a me sembrano sufficienti per spiegare la violenza dell' avvelenamento con i suoi sintomi e le conseguenze letali: la quantità di veleno iniettato, maggiore che nelle altre morsicature di vipere, la sua maggiore attività del momento, ha prodotto alterazioni pia profonde nell'intestino, come nella Vipera mssellii. e come nell'avvelenamento per morsicatura di questo animale, imponente enterorragia. Nel notare una forma di avvelenamento, violento come quello descritto, prodotto dal morso di una vipera nera, doveva venire spontaneo al zoologo il sospetto che potesse esservi relazione fra il colorito dell'animale e l'entità dei fenomeni osservati. Ma, da quanto sopra ho esposto risulta che anche una qualunque delle comuni vipere, trovandosi nelle condizioni di quella di cui qui è parola, avrebbe potuto produrre identici risultati con la sua mor- sicatura ; ragione per cui mi pare di poter supporre che il colo- rito dell' animale ha potuto essere una fatale coincidenza e che dal caso presente non si può dedurre che la forma di avvele- namento da me descritto possa essere particolare alle vipere me- laniche. Istituto zoologico della R. Università di Napoli. Dicembre 1908. 11« [.AVORI CITATI 1879. Albertoni, P. — Sull'azione del veleno della Vipera. Lo sperimentale T. 44. 1906. Calmette, a. — 1. Intossicazioni determinate da veleni di origine ani- male, in: Mense C. — Traitato delle malattie dei paesi tropicali. Voi. 1. Trad. F. Reo. Torino. 1907. 2. Les veuins. les animaux veniraeux et la sérotliérapie anti- venimeuse. Paris. 1888. Camerano, L. — Monogratia degli olidi italiani. Parte prima: Viperidi. Mem. E. Acc. Se. Torino (2) T. 39 1882. Costa, A. — 1. Sugli effetti del veleno della Vipera nelluomo. Rend. E. Acc. Soc. Napoli, (1) Voi. 21. 1892. — — 2- Lezioni di zoologia accomodate principalmente ad uso dei medici, 7.^ edizione, Napoli. 1906. Faust, E. S — Die Tierischen CTifte. Braunsweig. 1767. Fontana, E.— 1. Ricerche tisiche sopra il veleno della vipera. Lucca. 1784. 2. Traité sur le vénin de la vipere, sur les poisons americains. etc. Florence, 2 voi. ' 860- Ranzi, a. — Lezioni di patologia chirurgica T. 1 , Firenze. 1778. Redi. F. — 1. Osservazioni intorno alle vipere, in: Opere di F. Redi T. 3. Napoli. 2- Sopra alcune opposizioni fatte alle osservazioni intorno alle vi- pere, in : Opere di F. Redi, T. 3. Napoli. 1867. Spediacci, A. — La vipera ed i serpenti velenosi Lettura popolare. Milano 1868. Viaud-Grand-Mabais. — 1. De la léthalité de la morsure des vipères. Gaz. des hopifaux, N." 62 e 65. 1869. 2. De la léthalité de la morsure des vipères. Gaz. des hopitaux. N° 48, 49 e 54. Per r inaugurazione del monumento a Salvatore Trinchese in Martano di Lecce I>I«SCOI«SO pronunziato dal Prof. Fk. Sav. Monticelli il H Novembre 190? i) Concittadini, amici, discepoli ed ammiratori vollero sorgesse qui in Martano, dove egli nacque nel 1836, un ricordo marmo- reo per Salvatore Trinchese , professore di anatomia comparata neir Università di Napoli, perenne testimonianza di comune af- fetto, non dimentico, alla sua memoria. Il comitato promotore . inaugurando oggi questo ricordo, sorto per sua cura assidua, ha affidato a me, discepolo di Trin- chese e, per lunga tradizion« pugliese di famiglia , quasi di lui conterraneo, l'onorato compito di commemorarlo. Grrato per l'in- carico di portare, con la mia parola, il comune tributo di me- more ricordanza all'ottimo maestro, parlerò di Salvatore Trinchese con devozione di discepolo, cui non fa velo l'affetto nell'impar- ziale giudizio, che di lui e dell'opera sua può e deve farsi ad un decennio dalla sua morte. Libero da preoccupazioni politiche ed accademiche, con fran- ca parola, senza convenzionalismi, dirò il pensier mio, espressione sincera di verace^ stima per l'uomo e lo scienziato, integrandone la figura cosi, quale egli fu realmente nella complessa manifesta- zione delle sue attitudini e delle sue qualità, nelle azioni e nelle opere sue. E ricordando oggi, in quest' angolo remoto di Puglia , Sal- vatore Trinchese continuatore non degenere di una nobile tradi- zione scientifica pugliese, a lui si associa nella mente , da cor- riva memoria evocata , tutta una pleiade d' intelligenze elette, d' ingegni potenti , d' illustrazioni di ogni ramo di lettere e di scienza, che pullularono in questa plaga feconda d'Italia e furono affermazione di una rigogliosa cultura italica, irradiante per tutta la penisola civiltà di sapere. 1) Pubblicato per deliberazione dell' Assemblea dei socii, nella tornata del 5 dicdmbre 1907, che volle fosse inserito questo discorso nel Bollettino della Società, in omaggio alla memoria del Prof. Trinchese, che fu caldo faixtore e protettore della Società di Naturalisti in Napoli, — 120 - Salvatore Triachese fu un di quegli spiriti eletti, clie si fog- giano da sé stessi nell' asprezza delle contingenze della vita, e per tenace volere non conoscono ostacoli nel cammino ascensio- nale della fortuna del sapere. In tempi , purtroppo da noi non felici per la scuola, die corsero dalla riforma del 1850, più che altro ispirata al concetto di utilitarismo politico disceutratore della studentesca universitaria, Salvatore Trinchese, compiuti gli studi classici in Lecce, nel 1856, volendo avviarsi per quelli pro- fessionali di medicina e chirurgia, ben avvisato dal consiglio di un illustre suo comprovinciale, matematico di buona fama, Raf- faele Rubini, brindisino, piuttosto ohe seguire i corsi preparatore della Scuola professionale annessa al Liceo locale , preferi emi- grare nell'Ateneo pisano. Quivi trovò accoglienza fraterna fra i condiscepoli, e, dalle autorità universitarie gratificato di agevo- lezze , fu iscritto senza esame di ammissione. Colà , seguendo i corsi di medicina, coltivò con predilezione le discipline naturali e specialmente quelle zoologiche, nelle quali allora, in Pisa, era maestro Paolo Savi: studio che poi prosegui anche a Firenze. Il promettente ingegno indagatore del giovine meridionale, che con tanto entusiasmo e tenace volontà si era dato alla ricerca micro- scopica, non sfuggi alla perspicace mente di Carlo Matteucci, il fisico insigne, che fu largo al giovine Trinchese di aiuto, di con- siglio e di incoraggiamenti. Conseguita la laurea nel 1860, per le speciali attitudini da lui dimostrate nelle scienze naturali, fu prescelto, nel 1861, con altri pochi giovani naturalisti, per un tirocinio di perfezionamento al- l'estero : e fu inviato a Parigi, dove egli frequentò i corsi d'insigni maestri e valentissimi cultori delle scienze biologiche ; raccogliendo ed accumulando con pazienza assidua quei tesori di conoscenze, che dovevano poi farlo uno dei più colti insegnanti d'Italia. Ma più specialmente il Trinchese segui con grande amore le lezioni di Claudio Bernard, la mente geniale, che si vivida luce spandea nella scienza : e, certo, gì' insegnamenti di quel maestro contri- buirono non poco ad aprire al Trinchese nuovi orizzonti , ed a guidarlo nella via degli studi biologici, da lui con predilezione intrapresi. Rimase a Parigi fino al 1865, e potè condurre a termine il suo primo lavoro sulla struttura del sistema nervoso dei mollu- schi gasteropodi, compiuto nella scuola di Bernard e pubblicato noi rendiconti dell'Accademia francese delle Scienze, nel 1863. Per il che, gl'italiani, convenuti per studio a Parigi, vollero testimoniargli l'affetto e la stima che avevano per lui, facendogli — 121 — dono di uu microscopio, acquistato dalle comuni economie, per- chè potesse liberamente continuare le sue ricerche. Di che fu egli cosi tocco, che ne serbava ricordo gratissimo e, non senza una giustamente orgogliosa commozione di animo, raccontava questo aneddoto della tribolata sua vita di studente a Parigi. Dalla quale lo ritolse la sospirata nomina ad un insegnamento in patria: quella, cioè, di professore di storia naturale e direttore del rela- tivo Museo nella R. Università di Genova. Per questo ufficio fu designato al Ministro della P. [. da Filippo de Filippi, lo zoologo eminente ed uomo di cuore, , che seguiva gli studii dei giovani naturalisti , e , valendosi dell'influenza che egli godeva, si ado- perava efficacemente a vantaggio di tutti coloro, di qualunque scuola fossero, che fornivano migliori prove di operosità e d'in- gegno. Trinchese era da due anni a Genova, quando fu scissa la cattedra di Storia Naturale di quell' ateneo , ed egli prescelse, secondo la sua inclinazione , 1' insegnamento della zoologia ed anatomia comparata. , che tenne fino al 1871 ; quando sostituì , nella cattedra di Zoologia dell' Università di Bologna , il prof. Lessona, trasferito a Torino, per la morte del compianto de Fi- lippi, scomparso ai vivi nel lontano Oriente. Nel 1880, invitato dal Ministro de Sanctis ad 'occupare la cattedra illustrata da Paolo Panceri, che lasciava di sé cosi largo rimpianto di stima e di affetto, Trinchese, non senza esitazione, accettò la nomina di professore di Anatomia comparata nella R. Università di Napoli , dove nel 1881 inaugurava il corso delle sue lezioni. * * * A Genova, come a Bologna , egli fu presto apprezzato dai colleghi e dai discepoli per l'indole mite e gentile, per l'umore gioviale e per 1' efficacia del suo insegnamento , informato alla teoria della discendenza, che, con sereno ed equanime giudizio, svolgeva nelle sue lezioni, come affermazione di progresso scien- tifico ; mentre intorno ad essa si faceva gran parlare in Italia, fors'anche senza conoscerla, e, per puro spirito di parte, si gri- dava contro essa 1' anatema. Ed a Bologna fece scuola col Bel- lonci, che gli ha fatto onore per le ricerche microscopiche sul sistema nervoso condotte sotto la sua guida. Così a Genova, come a Bologna, Trinchese continuò intenso il suo lavoro di ricerche, proseguendo le indagini sulla struttura del sistema nervoso e sulle terminazioni dei nervi nella serie degli animali ; ricerche che tanto lo attraevano, cosi da seguirne con — 122 — interesse lo studio per tutta la sua vita , e dandosi, poi, più spe- cialmente, alla illustrazione dei molluschi nudibranchi, dei quali il porto di Grenova gli offri suggestivo materiale di investiga- zione zoologica. Ed a Bologna, come a Genova, legò larghe amicizie, e, spe- cialmente a Genova, fu parte attiva di quel gruppo di zoologi genovesi, capitanati dal Marchese Giacomo Doria, il fondatore e munifico direttore di quel Museo Civico di Storia Naturale. Alla illustrazione delle preziose collezioni del quale, veri tesori per la zoologia , Salvatore Trinchese fu tra i primi collaboratori nella serie di quegli Annali. * * * Ma a Napoli, nel grande Ateneo del Mezzogiorno, dall'ambiente vasto, dove l'animo meridionale meglio e più largamente poteva espandersi nella pienezza dei suoi mezzi, si rivelò appieno Sal- vatore Trinchese e si affermarono in lui il cittadino amante del patrio decoro e rivendicatore del primato intellettuale di quel- l'alma madre degli studii, lo scienziato nel maestro, ed il mae- stro nello scienziato, conscio della sua missione educatrice di una scuola, che, di quell'antica napoletana, la quale, per nuovo germo- glio egli rinuovellava. continuasse le tradizioni. Succeduto al Panceri , mentre era ancora viva la memoria e caro il ricordo ai colleglli e studenti di un cosi amato mae- stro, seppe conquistare le universali simpatie. Tutti presto rico- nobbero in lui l'acuto investigatore, l'ingegno forte, pronto, vi- vace, il geniale maestro dall'indirizzo nuovo e suggestivo. Da quella Cattedra di Anatomia comparata, la prima istituita in Italia , nel 1808 , risorta in progetto nel 1832 e ripristinata nel 1861 , Salvatore Trinchese propugnò di nuovo, col sussidio delle allora dominanti teorie darwiniane, il concetto evolutivo dei viventi , che , al principio del secolo , Giosuè Sangiovanni era stato primo a diffondere in Italia, fra noi, portando viva e calda la parola del Lamarck suo maestro. Concetto evolutivo dei vi- venti, che Oronzio Gabriele Costa , leccese , dalla cattedra, fino alla sua destituzione nel 18-18 , in tempi men liberi , ma forse più felici per la nostra cultura , liberamente svolgeva nelle sue lezioni, meravigliando anche oggi storici e naturalisti per l'ampio modo col quale egli intendeva lo studio della zoologia. Le dottrine evolutive, trattate con entusiasmo equilibrato di convinzione sincera, guadagnarono al Trinchese 1' animo degli — 123 — scolari. Il raccoglimento uel quale si seguivano le sue lezioni accademiche, era la rivelazione di rispettoso ossequio e di stima alla sapiente parola del maestro, di una scolaresca cui^il numero è cagione di non sempre troppa , né commendevole disciplina di scuola. E pure, come insegnante, Triucliese ebbe parola non sempre facile, alle volte stentata ; ma, sempre precisa , chiara , incisiva. Che, egli, parlatore piacevole, raccontatore attraente ed immagi- noso, entusiasta nel dire, faceto ed arguto, non era oratore ! Le sue lezioni non allettavano , solleticando con 1' effetto del dire; ma, nella pur talvolta stentata dizione, nella ricerca della frase, della parola che incarnasse, scolpendo, il concetto che era nella sua mente , furono sempre 1' affermazione originale del suo pensiero. Quelle lezioni lasciavano traccia nell' animo e nella mente degli ascoltatori, anche se stanchi da lunga tensione di spirito per seguirlo nello svolgimento degli argomenti trattati ; per vero non molti. Egli, infatti, rifuggiva dal regolamentarismo didattico di nordica importazione presso noi; dove, sotto antico regime uni- versitario, r insegnante svolgeva, in elevata maniera, solo parte della materia, perchè gli studiosi avessero agio d'imparare come s' intenda la scienza e come va studiata. Mentre , al veramente libero insegnamento privato era allora affidato il compito, inse- gnando la materialità del sapere, mi si conceda la frase, di for- mare gli uomini, che dovevano esserne padroni nel consorzio civile. Le lezioni di Trinchese, difatti, non costituivano un corso com- pleto nel programma didattico generale universitario, ma il suo corso , unico ed originale nel suo genere, segnava un indirizzo ed apriva la mente alla conoscenza vera della scienza, incitando allo studio complementare. Al quale provvedeva, del resto, egli stesso col corso d'embriologia, svolto, con criterio moderno, nella quiete del suo Laboratorio agli studenti di scienze naturali ed ai volenterosi della Facoltà di Medicina. E nel suo Istituto egli cercava d'istruire, col consiglio e con la parola, i giovani natu- ralisti, supplendo così all'assurdo della nostra organizzazione uni- versitaria, nella ragione economica forse comoda, che stabilisce, che un solo ed unico corso della materia debba valere per stu- denti di medicina, di scienze naturali, di veterinaria, di farmacia- mentre diverse sono le tendenze e gli scopi cui un corso di scienze naturali deve rispondere , per indirizzi didattici tanto differenti. E pure Trinchese , nelle sue lezioni , sia nella scelta degli argomenti, come nello svolgimento dei medesimi, sapeva — 124 ~ trovar modo di attirare l'attenzione di così diversi uditori, e eon 1' esplicazione di concetti generali, misuratamente ed a tempo esposti, con chiarezza mirabile, interessava l'uditorio. * * * Cura principale di Salvatore Trincliese a Napoli fu di creare un Laboratorio, perchè i giovani , di qualunque facoltà, purché desiderosi d'istruirsi, si iniziassero alla ricerca microscopica ed alla indagine scientifica con metodo moderno. Privo di locale, nelle angustie del Museo di Anatomia com- parata, vero tesoro accumulato da Paolo Panceri, purtroppo al- logato in una quasi soffitta, che si chiama Grabinetto di Anatomia Comparata, installò in breve, alla meglio, un laboratorio. Comprò microscopii , lo provvide di reagenti e liberalmente ne apri le porte ai giovani volenterosi. Questi subito corsero all' appello ed una vita di entusiasmi giovanili, sotto la calda parola del maestro, cominciò a svolgersi nel nuovo laboratorio di anatomia e di embriologia comparata: medici in fieri, e naturalisti aspiranti, popolarono il Laboratorio di Trinchesp, molti dei quali ora medici di grido, o professori di materie mediclie, grati ricordano gli studii seguiti ; mentre, sparsi per l'Italia su cattedre universitarie, tributano onore al maestro gli scolari d'allora, oggi insegnanti di zoologia ed anatomia com- parata. Presto del nuovo indirizzo si videro i frutti per lavori che gli studenti più avanti nei corsi, avviati nella ricerca origi- nale e guidati da Salvatore Trincliese, compirono in pochi anni. E questi primi passi nella scienza, Trincliese presentava, volta a volta , alla R. Accademia delle Scienze in Napoli . della quale seppe vincere il pregiudizio di austera cerchia accademica , per apportarvi l'alito giovanile di quella scuola, che egli iniziò da noi e che continuò col criterio e metodo di ricerca corrispondente al- l' indirizzo moderno della scienza, seguito allora dalle scuole d'ol- tre alpe più note e reputate. Ma quanto diversa da quelle, se pur nel comune linguaggio può chiamarsi tale la Scuola del Trinchese, caratteristica ed originale ! Essa dal pedantismo scolastico rifug- gente, nell'entusiasmo per la scienza che il maestro sapeva infon- dere in coloro che la frequentavano, apriva largo orizzonte nelle menti degli studiosi alla ricerca scientifica, nella piena libertà di aspirazioni, di tendenze, di gusti, d' indirizzo, pur guidandoli e dirig'Micloli con larghezza di pensiero. Questa scuola non era l'af- forraazionc del m;iPstro per scolari voluti 'pecudes magistro ohe- — 1^5 — dieiites'\ Illa (juulhi del maestro del pensiero libero ed indi|j(;iideute dei suoi scolari, che egli guidava, per (piel cIk; fosse la via, ad una sola meta: alla ricerca scientiiica. Ed evocando il maestro e l'opera sua , si rivela appieno il liberale intento e lo spirito di questa scuola, che si è affermata per diverse tendenze ed indirizzi di ricerca di quanti , da essa usciti, seguono oggi in Italia gli studii zoologici. Dal laboratorio di Trinches»/ per la prima volta fu rotta la tradizione compila- toria delle tesi di laurea ; e vennero fuori ricerche originali, che furono prova del metodo e dimostrazione delle attitudini di ri- cercatore dei futuri naturalisti. Ai quali dopo la, laurea non mancò il consiglio e l'incoraggiamento del maestro. Perdio egli fu tra i pochi allora in Italia che , senza preconcetti e diffidenze di scuola , ebbe chiara la visione di quale vantaggio fosse per i giovani zoologi italiani e s|jecialniente, date le condizioni favo- revoli di ubicazione, per i meridionali, la Stazione Zoologica di Napoli; perchè il germe ', continua la lettera...., « volle che ai lo- « cali delle Università fossero apportati tutti i miglioramenti ri- « chiesti dalla civiltà e dall' igiene. Cosi nella più popolosa Uni- « versità dello Stato, lurida, buia, soffocante come una spelonca « di fiere, irruppero festanti l'aria, la luce la granata ■ . E continua tessendo tutto un programma dalle grandi linee di modernità universitaria, concludendo: « per queste disposizioni del sapiente « Ministro le Scienze Naturali rifiorirono rigoglioso nel bel paese « dal quale avevano altra volta illuminato il mondo » . Non contento di avere indicata la via, volle tracciarla. Toc- cava api)unto. noi iHSd. il ( ui'uo alla Facoltà di Scienze Naturali - 129 — per la nomina del Rettore, e Trinchese, per comune consenso, fu designato nella terna della Facoltà , conscia delle nobili aspira- zioni di lui, e dal voto del Consiglio accademico fu chiamato a reggere le sorti dell' Ateneo napoletano , confidante nell' opera sua. Egli accettò, fiducioso nell'appoggio di tutti, nella speranza di poter trovar modo di far trionfare il suo pensiero, di creare, cioè, gì' istituti scientifici della Facoltà di Scienze, che egli aveva vagheggiati. Si mise subito all'opera, ed è veramente meravi- gliosa l'attività da lui spesa, tutto dedito a questo ideale! Incitò la città e la provincia di Napoli , invitò a riunirsi a queste in consorzio i Consigli delle provincie del napoletano ; sicuro, cosi nella lettera da lui diramata nel 1886 , « che i consiglieri che furono allievi del glorioso istituto risponderanno senza dubbio all'appello della loro alma madre con affetto di figli devoti e riconoscenti ». E le provincie , con generoso slancio , risposero votando cospicui contributi all' opera patriottica. Ma la prima idea del Trinchese, assunto che fu al Rettorato, subì una evoluzione. Al rinnovamento degl' istituti della Facoltà di Scienze, per complesso di fatti, che non esamino e non discuto, si sovrappose, e certo si è frapposto, lo hanno provato i fatti, un più alto concetto , una più complessa idealità : il rinnovamento di tutto l'Ateneo per grandiosi edifizi scientifici di tutte le Fa- coltà , per una nuova e più degna sede universitaria e per un policlinico moderno ; in breve, la creazione di una grande Uni- versità moderna, affermazione di nuova era per la cultura gene- rale del mezzogiorno: nuova università, che doveva sorgere su di una collina salubre , in un posto tranquillo della grande città , dove gli studiosi trovassero la quiete, e gli ammalati, fuori del- l'abitato, l'aria pura di che abbisognano. Questo concetto egli espose a S. E. il Ministro in una relazione lucidamente elaborata, sui bisogni della Università napoletana ; cui altra segui non meno suggestiva su i nuovi istituti da crearsi. La relazione fu dal Consiglio Accademico unanimamente appro- vata, con piena concordia nell'entusiasmo della grand'opera, che l' iniziativa di Salvatore Trinchese aveva ideata. E, caso nuovo ed unico negli annali dell'Ateneo napoletano, Trinchese fu con- fermato Rettore per un biennio ancora, perchè quest'opera condu- cesse a termine. Difatti pel tenace volere di Trinchese il consorzio delle Provincie fu conckiso e col governo corse la intesa per il contributo di questo alla spesa occorrente; mentre si venivano studiando i progetti della nuova Università, che, incarnando il pensiero moderno ispirato allo assetto preso dalle più grandi sedi — 130 — deir attività scientifica del mondo , corrispondessero pienamente ai nuovi concetti e bisogni della cultura: progetti clie riscossero l'unanime plauso delle Facoltà e del Ministero. Ed il Trinchese, era — scriveva allora il d'Ovidio, — « l'uomo < fatto apposta per venire a capo del disegno ; con quel suo fare « bonario e senza superbia, con quel suo aspetto gentile ed ar- « guto, col non isgomentarsi mai delle obbiezioni e degli inciampi « e saper troncar quelle con uno scherzo e girar questi ; non € ostinandosi su cose accidentali ed infine col soffocare in sé le . avversioni personali, e tutti poi i risentimenti che per le ripulse « inaspettate, per le risposte tiepide, per il languore o le capar- « bietà degli amici, e per le ciarle degli invidiosi sogliono su- « scitarsi nell'animo di chi, per un alto fine, deve sollecitare il « consentimento e l'aiuto di molti j>. Ma purtroppo quest'aiuto non fu, nel modo e nella misura, conforme all'opera iniziata dal Trinchese e molte furono le ripulse inaspettate, le tiepidi adesioni, i languori e le caparbietà di amici e pur di colleghi ! Non farò la storia dei fatti ! L' idea generosa, accolta prima con entusiasmo, per plauso concorde ed unanime slancio di approvazione , suscitò gradata- mente opposizioni, prima larvate, poi aperte e corrive. Sorsero ostacoli, altri ne furono creati, che s'integrarono nella tradizio- nale disunione, nella difddenza, nell'umorismo satirico denigratore, neir indifferenza snervante e nella resistenza passiva vestita di scetticismo, che, per generale incoscienza del danno che poteva de- rivarne, intralciarono l'opera grandiosa sognata da Salvatore Trin- chese! Cruda, ma purtroppo vera parola! Di che ci pur s'accorse, ritirandosi amareggiato alla quiete dei suoi studi, ma già minato nella sua salute, dalle fatiche, dalle angustie , e da disinganni, da quel male che, ancora nella pienezza delle sue attività, doveva portarlo al sepolcro. Le vicende cambiarono! Il primo progetto propugnato dal Trinchese fu abbandonato e dopo lungo armeg- giare in trattative con lo Stato ed in progetti ridotti, pei quali furono infruttuosamente spesi più anni, sorse un progetto nuovo, che, sembrando a prima vista più modesto, parve più facilmente attuabile e finì per essere approvato e sanzionato per legge dal Parlamento. Contro questo progetto sorsero pensate obbiezioni ; protestò la stampa con sennati articoli ; si levarono voci autorevoli dentro e fuori la Camera; ma fu gridato l'anatema di leso patriottismo e napoletanità, ed il progetto incompleto e male studiato si volle votato ed approvato ad ogni costo, malgrado le proteste di com- — 131 - petenti e lo scontento di professori interessati! E fu errore, gra- vissimo errore ! I fatti lo hanno dimostrato , lo dimostrano e lo dimostreranno ancora ! Si sono finora profuse somme ingenti, si è dovuto di nuovo fare appello allo Stato per concessione di nuovi locali e per il completamento dei lavori iniziati ; e si è costretti ancora di andar per fondi al Parlamento , se si vorrà vedere, quando e come, completata l'opera ! Per non avere avuto il coraggio di affrontare, sia pur con sacrifizii, la grande quistione, si è ricorso al ripiego, al progetto ridotto, fatto per illudere la finanza, a modifiche ed adattamenti di vecchi locali , e si è finito, cosi, per spendere certo assai di più del previsto , per darsi il lusso di una Università non del tutto conforme ai bisogni e rispondente ai tempi; mentre altrove, invece, per compatto comune volere, si son saputi creare istituti moderni fabbricati di nuovo , in luoghi adatti e dei veri rioni Universitarii, come quello vagheggiato da Trinchese, e tutto ciò in breve volger di tempo e con spesa adeguata. Si potrà forse far addebito a Trinchese di aver errato di eccesso nel fine, per raggiungere un nobile intento nell' ampliare il suo piano primitivo, deviando dallo scopo principale, che s'era prefisso, di dotare l'Ateneo napoletano di veri e proprii Istituti scientifici, appositamente costruiti, bene ubicati e conveniente- mente arredati per tutti i rami della Facoltà di Scienze naturali: Istituti, che oramai, puj'troppo, più non sorgeranno. Ma chi potrà mai negare a Salvatore Trinchese il merito di aver prese pel primo e da solo, nel generale indifferente « quieti- smo », la così generosa iniziativa del rinnovamento dell'Ateneo napoletano ? E chi vorrà fargli torto di aver troppo confidato nello slancio di entusiasmo per il raggiungimento di cosi alto ideale ? Nel quale, pui'troppo, non fu secondato a dovere nell'ap- parente comune concordia nel fine, per discordia nei mezzi; co- sicché, pur lottando con tenace assidua vece, non gli fu concesso di raggiungere lo scopo. Egli, purtroppo, non fu appieno capito , la sua parola non fu intesa, il suo fine principale, nel lungo temporeggiare, smar- rito! Ed invece della grande Università moderna, sorta rinno- vellata dalle spoglie della vecchia sede, come la vagheggiò , la sognò Salvatore Trinchese, e per la quale volle riunite le forze economiche del mezzogiorno, raccogliendo in fraterno consorzio le Provincie interessate, si hanno ora dei rabberciati locali, adat- tati in vecchi conventi, per i quali si è speso tanto, se non più, che se si fossero costruiti i nuovi istituti; delle cliniche, sorte di — 132 — pianta sulle macerie di storici cenobi, collocate in pieno abitato, nel bel mezzo di un popoloso e fitto rione nel centro della vecchia Napoli ; ed un sontuoso palazzo universitario sulla via principale della città, edifizio, dalla bella facciata, palazzone puramente de- corativo, pel quale si è profuso denaro a piene mani, onusto sipario che nasconderà le miserie degli Istituti biologici e dei Musei della Facoltà di Scienze, costretti ad adattarsi, e chissà come e quando, nei vecchi locali dell'antica mole Universitaria, incombente dal- l'alto del franato promontorio su cui poggia secolare. * * * Tale la bonaria figura di Salvatore Trinchese, l'uomo mite, amico di tutti, cui quanti lo conobbero furono amici, perchè buono ed affettuoso : lo scienziato valente ; lo zoologo moderno , no- vatore fra noi di metodo ed indirizzo ; il maestro originale e fe- condo ; il cittadino, che nelle pubbliche cariche assunte per volere di popolo, od affidategli per decreto di Ministero , portò sereno consiglio ed attività sincera; che non disdegnò di dare 1' opera sua agli umili, largendo ai fanciulli la parola della scienza, nella scuola educativa; e che in uno slancio patriottico di uomo di cuore e di scienziato, sognò, fra l'inerzia dell'universale, il rinnovamento ideale dell'Università di Napoli , nuova era di risorgimento , di civile cultura nel mezzogiorno. Quale che sia stata la sorte del progetto da lui vagheggiato, cosi diverso nella pratica attuazione per nefasta fatalità che c'incombe, quale che perciò potrà deri- varne avvenire per l'alta madre del mezzogiorno d' Italia, se cosi pure essa farà ancora risuonare in Italia 1' eco rinnovata di sua grandezza, tutto ciò si deve all' iniziativa coraggiosa di un solo, che tutta la sua opera spese, la sua energia consumò, pel rag- giungimento di quest'alto ideale, patriotticamente civile, di Sal- vatore Trinchese, cui ammirata, reverente, la natia terra questo memore marmo oggi consacra. PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE dal 5 (qn'ile al 13 dicembre 1908 Tornata ordinaria del 5 aprile 1908 Presidente : Forte 0. — Segretario : Milone U. Socii presenti : Aguilar E., Parlati L., Pierantoni U., Monticelli Pr. Sav., Ricciardi L. , Cutolo A., Porte 0., Milone U. , De Franciscis P., Siniscalchi A. M., Quintieri L., De Rosa Pr., Abati G, Si apre la tornata alle ore 14,35. Il Segretario presenta le pubblicazioni pervenute in dono. Il socio Pr. Sav. Monticelli legge un lavoro dal titolo : Identificazione di ima nuova specie del genere Encotyllahe (Lintonii) Montic. Il socio Ricciardi legge un lavoro dal titolo : Su la genesi e fine del nostro geoide. Si leva la tornata alle ore 16. Assemblea generale e tornata ordinaria del 14 maggio 1908 Presidente'. Forte 0.— Segretario: Milone U. Socii presenti : Forte 0., Gufino L., Cutolo A., Abati G., Gargano C, Parlati L. , Gabella A. , Police G. , Monticelli Fr. Sav. , Pierantoni U., Milone U. La seduta è aperta alle ore 21. Il Segretario presenta i cambii e le pubblicazioni ricevute in dono. Il socio C. Gargano legge due suoi lavori : 1° Una cisti di sferocristalli rinvenuta in un sacco erniario; 2." La cariocinesi nei sarcomi parvicellulari. Per mancanza di numero legale non si discutono i bilanci, né si può esaurire V ordine del giorno. La seduta è levata alle ore 22,30, - 134 — Assemblea generale (2* convocazione) e tornata ordinaria del 31 maggio 1908 Si apre la seduta alle ore 14,30. Socii presentì : Aguilar E., Forte 0., Geremicca M., Parlati L., Cu- lino L., Milone U. , Ricciardi L. , Gabella A. , De Rosa Fr. , Police G., Cutolo A., Gargano C., Monticelli Fr. Sav , Quintieri L., Pierantoni U., Cutolo C, Cavara F. Si approva il verbale della precedente tornata. 11 Segretario presenta i nuovi cambii e le nuove pubblicazioni rice- vute in dono. Il Segretario uscente Cutolo A. legge la Relazione su 1' andamento scientifico ed amministrativo della Società durante l'anno 1907. KEL AZIONE SULL 'ANDAMENTO SCIENTIFICO ED AMMINISTRATIVO DELLA SOCIETÀ DURANTE l'aNNO 1907. Egregi colleghi, Nel lasciare 1' onorevole incarico , che per la 4* volta mi affidaste, debbo prima di tutto chiedere scusa all'Assemblea che, per mia insistenza, durante l'anno fu costretta a votare, contro alcuni socii, provvedimenti che da anni si trascinavano. Io sapevo bene che parecchi, e tra i più autorevoli, socii erano contrarli a tali misure e che il mio allontanamento dall'ufficio di Segretario avrebbe calmato gli animi loro, ma la solidarietà del Consiglio direttivo e la coscienza di compiere un dovere nello inte- resse della Società mi fecero restar fermo al mio posto. E ciò perchè l'indirizzo tenuto quest'anno dal Consiglio fu quello di preparare un bilancio che si avvicinasse, per quanto più fosse possibile, alla realtà delle cose. E i revisori dei conti vi riferiranno su i dettagli delle spese e su la regolarità dell'Amministrazione, ma io non posso fare a meno di met- tere in rilievo alcune cifre, che proveranno l'esattezza della mia premessa. Nel presuntivo del 1906 le perdite per quote inesigibili furono pre- viste in L. 11G3 e nel consuntivo raggiunsero la cifra di L. 1652; nel presuntivo del 1907 furono previste in L. 910 e divennero invece nel consuntivo L. 652. Ed inoltre, le condizioni complessive del bilancio sono finalmente ri- tornate normali. Mentre il presuntivo del 1906 si apriva con un dis- — 135 — avanzo di L. 475.54, che nel presuntivo del 1907 si ridusse a L. 132.08: il consuntivo di quest'anno si chiude con un avanzo di L. 299.02. E pure il Consiglio Direttivo, come i Revisori avranno notato, ha pagato dei conti di stampa arretrati da parecchi anni ; e mentre in tutti i capitoli si è mantenuto nei limiti del bilancio, ha erogato per la biblioteca lire 71.95, mentre nell'anno scorso si spesero sole L. 15.80 Né questa posizione del bilancio è da attribuii'si al sussidio mini- steriale, perchè se il Consiglio non avesse pagato, tra le spese impreve- dute, L. 133.92 per coprire il residuo passivo della festa anniversaria, il bilancio si sarebbe chiuso in pareggio e l'intero sussidio avrebbe per in- tero costituito un fondo di riserva, che ora il Consiglio propone di for- mare con l'attivo del bilancio. Oggi stesso il nuovo Consiglio direttivo vi presenterà una proposta che interessa i socii, i quali pubblicano lavori nel bollettino, e che è una naturale conseguenza delle buone condizioni del bilancio. Tornate. — La Società durante l'anno scorso si riunì 12 volte; una volta in tornata straordinaria, 6 volte in ordinaria e 5 volte in assem- blea. L'intervento dei socii raggiunse un massimo di 16 , ed un minimo di 9. Furono lette 11 comunicazioni. Socii. — La posizione dei socii al 31 dicembre 1907 fu la seguente: 54 Socii ordinarli residenti, 30 Socii ordinarli non residenti, 5 Socii aderenti. Furono ammessi socii nuovi i sig.ri Qavara, Kernot, JVlelpignani, Ter- racciano, e furono radiati 10 socii per morosità. La società ebbe la dolorosa perdita di uno dei più vecchi socii, il Prof. Pasquale Franco, che sarà commemorato degnamente da un socio incaricato dal Consiglio direttivo. Bollettino. — Il Bollettino del 1907, che è il primo della nuova Serie, raggiunge 362 pagine per la importante monografia del socio Geremicca su : L'Opera Botanica di Federico Delpino, e contiene complessivamente 10 comunicazioni, cosi distinte : Geologia e Fisica terrestre . 7 Botanica ..... 2 Chimica ..... 1 — 136 - Biblioteca. — I nostri cambii continuano il loro movimento ascen- dente, avendo raggiunto il numero di 154, dei quali 67 italiani e 87 stra- nieri. I nuovi ottenuti sono i seguenti ; « Bollettino dell' arboricultura italiana ». « R. Orto botanico e giardino coloniale di Palermo ». « Madonna Verona — Verona ». « Bulletin de la Societé portugaise de sciences naturelles ». « Reviste del Ministero de Obras-publicas. Bogotu ». Si ebbero in dono 63 pubblicazioni. Escursioni. — Ebbe luogo una sola escursione ad Agnano. La Società, fedele ai suoi principi! di prender parte a tutte le ma- nifestazioni scientifiche, fu rappresentata a Bologna, al centenario di Ulisse Aldrovandi, dal socio Monticelli, che fu anche oratore magnifico all'inau- gurazione del monumento a Salvatore Trinchese in Marzano. Fu rappre- sentata al Congresso di Parma da i soci de Rosa e Police. Sottoscrisse, inoltre, con una somma proporzionata al suo bilancio , al monumento a Lamark Per le pratiche fatte dal Consiglio e col valido appoggio del socio Monticelli, fu ottenuto un sussidio dal Mmistro della P. I., che il nuovo Consiglio spera di mantenere. Egregi colleghL Nel prendere commiato da voi , ho il piacere di vedermi sostituito da uno dei nostri soci fondatori, il quale, certamente, molto meglio di me e con piìi larghe vedute sarà valoroso cooperatore del Consiglio direttivo e potrà dare un nuovo e maggiore impulso alla nostra Società, che, tra poche, mantiene vivace ed integra la sua attività scientifica. A. CUTOLO Il Presidente presenta il conto consuntivo. Il socio A. Cabella legge la relazione dei revisori dei conti. Si approvano, dopo breve discussione, i bilanci consuntivo 1907 e pre- suntivo 1908. Il socio M. Geremicca legge il lavoro del socio Marcello dal titolo : Su la cotituzione morfologica dei cladodi nelle Asparagacee e più spe- cialmente nel genere Ruscus, e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino a nome dell' autore. — 137 — Il socio E. Aguilar legge un lavoro dal titolo : Iniezioni di coleste- rina : contrihìizione allo studio dell' alienazione cutanea^ e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il Presidente comunica la nomina di una Commissione nel seno del Consiglio Direttivo, per studiare il modo pratico di fare attuare le con- ferenze e le escursioni. Il Segretario riferisce su l'escursione fatta a Ponte Cagnano e pro- priamente nel Bosco di Paiano, di proprietà del sig. Cav. Marese, cognato del socio U . Pierantoni, che fece , a nome del cognato assente per lutto recente, lieta accoglienza ai socii. Il Segretario aggiunge che non mancò, oltre ai ringraziamenti fatti sul posto a nome degli intervenuti gentil- mente radunati a banchetto nella casina del sig. Cav. Marese, di scrivere una lettera al gentile proprietario a nome della Società, per ringraziarlo della cortese ospitalità. GÌ' intervenuti ammirarono nella proprietà Morese una sorgente di acqua solfurea assai ricca ed altre polle di acque minerali. La seduta è levata alle ore 16. Tornata ordinaria ed assemblea generale del 13 dicem. 1908 Presidente : Fortk 0. — Segretario : Milone U. Socii presenti : Geremicca M. , Aguilar E. , Milone U , Gufino L , D' Adamo A., Monticelli Pr, Sav, , De Rosa Fr. , Forte 0. , Police G., Pierantoni U., Quintieri L,, Bruno A., Caroli E., Siniscalchi A. M,, Cu- tolo A,, Cutolo E., Gargano C,, Trani E., Cavara F. La seduta si apre alle ore 14,30. Si approva il verbale della tornata precedente. Il Segretario presenta i nuovi cambii e le pubblicazioni ricevute in dono. Il socio De Rosa F. legge un lavoro: Note orticole, e ne chiede la pubblicazione nel Bollettino. Il socio G. Police legge un lavoro dal titolo : Di uh caso di morte per il morso di una vipera metanica nel napoletano, e ne chiede la pub- blicazione nel bollettino. Il Presidente dichiara che, esaurito l'ordine del giorno della tornata, la Società tiene assemblea generale, per procedere alla elezione del Pre- sidente, di due Consiglieri e di due Revisori dei conti. IujIlibraìc - 138 — Constatato il numero legale , il Presidente nomina tre scrutatori ed invita i socii presenti a votare. Risultano eletti : Fr. Sav. Monticelli : irresidente. Francesco Capobiaaco : consigliere. Enrico Cutolo » Francesco Balsamo : revisore dei conti. Francesco Leuzzi » Si approva il verbale seduta stajite. Si leva la tornata alle ore 16,30. CONSIGLIO DIRETTIVO PER l' anno 1909 Monticelli Fr. Sav. Cavara Fridiano Pierantoni Umberto Parlati Luigi Capobianco Francesco Cutolo Enrico Milone Ugo Presidente Vice-Presidente Consiglieri Segretario INCARICHI ASSEGNATI DAL CONSIGLIO DIRETTIVO Geremicca Michele Trani Emilio Aguilar Eugenio Gufino Luigi Redattore del Bollettino Cassiere Bibliotecario Vice-Segretario. EIjE3SrCO 3DEI SOCII {31 dicembre 1908) SOCII ORDINARII RESIDENTI 1. Abati Gino. — Istituto dì Chimica Farmaceutica^ R. Università. 2. Amato Carlo. — Via Tribunali, n. 389. 3. Anile Antonino. — Istituto Anatomico (Santa Patrizia). 4. Balsamo Francesco. — Via Purità a Foria, n. 12. 5. Bassani Francesco. — Istituto Geologico, R. Università. 6. Bruno Alessandro. — Via Bari, 30. 7. Gabella Antonio. — Cortile Ospedale Incurabili. 8. Gapobianco Francesco. — Via Sapienza, n. 18. 9. Cavara Fridiano. — R. Orto botanico. 10. Cerruti Attilio. — Via Medina, n. 1. 11. Gufino Luigi. — Vico Impagli afiaschi ai Vergini, n. 13. 12. Gutolo Alessandro. — Via Roma, n. 404. 13. Cutolo Enrico. — Via Roma, n. 404. 14. Damasceni Domenico. — Vico Cimmini, n. 5. 15. De Biasio Abele. — Via Rosariello alla Stella, n. 12. 16. Della Valle Antonio. — Via Salvator Rosa, n. 259. 17. De Rosa Francesco. — Via S. Lucia, n. 64. 18. D' Evant Teodoro. — Piazza Municipio, n. 34. 19. Di Lorenzo Giuseppe. — Istituto Mineralogico, R. Università. 20. Di Paola Gioacchino. — Vico 2^ Foglie a S. Chiara, n. 12. 21. Evangelista Alberto. — Via S. Arcangelo a Baiano, n. 1. 22. Forte Oreste. — Via S. Giuseppe, n. 37. 23. Galdieri Agostino. — Museo Geologico, R. Università. 24. Gargano Claudio. — Via S. Lucia, n. 64. 25. Geremicca Michele. — Largo Avellino, n. 15. 26. Giangrieco Angelo. — R. Scuola Veterinaria. 27. Jatta Mauro. — Piazza Viti. Emanuele, n. 123, Roma. 28. Kernot Giuseppe. — Istituto Chimico, R. Università. 29. La Pietra Michele. — Via Fiorentini, n. 79. 30. Leuzzi Francesco. — Via Mergellina, n. 174. 31. Massa Francesco. — Via Fuori Portamedina, n. 20. 32. Matteucci E.. V. — Osservatorio Vesuviano. 33. Milone Ugo. — Pontenuovo, n. 21, — 142 — 34. Modugno Giovanni. — S. Antonio a Tarsia, n. 33. 35. Monticelli Francesco Saverio. — Via Ponte di Chiaia, n. 27. 36. Morgera Arturo. — Via Duomo, n. 266. 37. Oglialoro-Todaro Agostino. — Istituto Chimico., R. Università. 38. Paratore Cosimo. — Via Luigi Settembrini, n. 68. 39. Parlati Luigi. — Gavone., n. 22. 40. Pellegrino Michele. — Corso Garibaldi, n. 838. 41. Petrilli Vincenzo. — Vico Gagliardi, n. 12. 42. Pierantoni Umberto. — Galleria Umberto J, n. 27. 43. Pirelli Bernardino. — Via Settembrini, n. 42. 44. Police Gesualdo. — Via Cesare Rossarol, n. 70. 45. Quintieri Luigi. — Piazza VII Settembre., n. 1. 46. Ricciardi Leonardo. — Via Guglielmo Scmfelice, n. 24. 47. Rippa Giovanni. — B. Orto Botanico. 48. Romano Pasquale. — Via Porta Medina, n. 44. 49. Scacchi Eugenio. — Istituto Mineralogico, B. Università. 50. Schettino Mario. — Via Boma, n. 320. 51. Siniscalchi Alfonso Maria. — Via Salvator Bosa, n. 330. 52. Tagliani Giulio. — Istituto Zoologico, B. Università. 53. Trani Emilio. — Via Tessitore ai Miracoli, n. 47. 54. Viglmo Teresio. — Piazza Dante, n. 41. SO(Jn ORDINARI NON RESIDENTI 1. Ao-uilar Eugenio. — Via Paradiso alla Salute^ n. S9, Napoli. 2. Annibale Ernesto. — R. Scuola Tecnica, Sciacca. 3. Arena Mario. — IstUiito Cliiiiiico., E.. Università, Napoli. 4. Caroli Ernesto. — Gabinetto d' Istologia, R. Università, Napoli. 5. D'Adamo Antonio. — Rampe Annunziata, n. 22, Napoli. 6. D'Avino Antonio. — Liceo, Norera Inferiore. 7. Diamare Vincenzo. — Università, Perugia. 8. Di Gaetano Mariano. — Istituto Tecnico, Girgenti. 9. Distaso Arcangelo. — Piazzetta Pontecorvo, n. o, Napoli. 10. Foà Jone. — Via Avvocata, n. 19, Napoli. 11. Garetti Luigi. — Via Beaumont, n. S, Torino. 12. Germano Eduardo. — ■ Ospedale Clinico, Napoli. 13. Grimaldi Clemente. — Modica {Siracusa). 14. Jatta Antonio. — Rtwo di Puglia. 15. Marcello Leopoldo. — Via Balzico, n. 91, Cava dei Tirreni. 16. Marcucci Ermete. — Gah. Anatomia Comptarata, R. Università, Napoli. 17. Mazzarelli Giuseppe. — R. Università, Messina. 18. Paglia Emilio. — Sessa Aurunca. 19. Patroni Carlo. — R. Istituto Tecnico, Arezzo. 20. Piccoli Raffaele. — Via Avvocata, n. 19, Napoli. 21. Praus Carlo. — Casandrino (Aversa). 22. Ratfaele Federico.- — R. Università, Palermo. 23. Romano Francesco. — R. Istituto Tecnico, Caltanisetta. 24. Rossi Ferdinando. — R. Scuola d'Agricoltura , Portici. 25. Russo Achille. — R. Università, Catania. 26. Savastano Luigi. — Vico Equense. 27. Terracciano Achille. — R. Università, Sassari. 28. Vanni Giuseppe. — Via Sette Sale, n. 38, Roma. 29. Vigorita Domenico. — Melfi. 30. Villani Armando. — R. Scuola Tecnica, Parma. SOCII ADERENTI 1. Cutolo Costantino. — Via S. Brigida, n. 39, Napoli. 2. De Franciscis Ferdinando. — Via Scarlatti, n. 18 , Napoli. 3 Filiasi Emmanuele. — Riviera di Ghiaia, n. 270, Nap)oli. 4. Filiasi Giuseppe. — Riviera di Ghiaia, n. 270, Napoli. 5. Melpignani Ijuigi. — Ostuni, Lecce. Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio (31 dicembre 1908) EUROPA Italia Acireale Bologna Brescia Cagliari Catania Firenze Genova Lodi Lucca Messina Accademia di Scienze , Lettere ed Arti dei Zelanti e P. P. dello studio (Atti e Rendiconti). Accademia dafnica di Scienze, Lettere ed Arti {Atti e Rendiconti). ■R. Accademia delle Scienze dell'Istituto [Rendiconti). ■ Commentari dell' Ateneo. Bollettino della Società tra i cultori delle Scienze mediclie e naturali. R. Accademia Gioenia [Bollettino e Memorie). ■ Archivio per l'Antropologia e 1' Etnologia. Società botanica italiana [Bollettino). Nuovo Giornale botanico italiano. Bollettino bibliografico della botanica italiana. Monitore zoologico italiano. « Redia » Giornale di Entomologia. R. Società toscana di Orticoltiu-a [Bollettino). R. Accademia dei Georgofili [Atti). Società entomologica italiana [Bollettino). ■ R. Accademia medica [Bollettino e Memorie). Museo civico di Storia Naturale [Annali). Musei di Zoologia ed Anatomia comparata della R. Università [Bollettino). Rivista di Eilosotia scientifica. Società ligustica di Scienze naturali e geografìclie [Atti). Rivista ligui-e di Scienze, Lettere ed Ai'ti. -R. Stazione sperimentale del caseificio [Anmiario). - R. Accademia lucchese [Atti). - La Rassegna tecnica. 10 — 146 — Milano Napoli Padova Palermo Pavia Perugia Pisa Portici Roma - Società Italiana di Scienze naturali e Museo civico di Storia naturale (Atti). -R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche (Memorie, Rendiconti ed Annuario). Accademia Pontaniana (Atti). Annuario del Museo Zoologico della R. Università di Napoli. Associazione napoletana di Medici e Naturalisti (Gior- nale). Bollettino dell'Ordine dei Sanitarii di Napoli e Pro- vincia. Bollettino dell'Arboricoltura italiana. GÌ' Incurabili. Zoologischen Station zu Neapel (Mittheilungen). L'Italia orticola. — Rassegna tecnica ed economica. Annali di nevrologia. Rivista agrai-ia. Società africana d' Italia. -Accademia scientifica veneto-trentino-istriana (J.^^i)- R. Stazione bacologica (Annuario). La Nuova Notarisia. Il Raccoglitore. - Il Naturalista siciliano. Giornale del Collegio degli Ingegneri agronomi. R. Istituto botanico. — Contriljuzioni alla Biologia ve- getale. R. Orto Botanico e Giardino coloniale [Bollettino). - Istituto botanico dell' Università di Pavia (Atti). - Annali della Facoltà di medicina e Memorie della Accademia medico-chirurgica. - Società toscana di scienze naturali (Memorie e Pro- cessi verbali). - R. Scuola superiore di Agricoltura (Annuario e Bol- lettino). -R. Accademia dei Lincei (Rendiconti). R. Accademia medica (Bollettino ed Atti). R. Comitato geologico italiano (Bollettino). Ministero di Agricoltura (Bollettino ed Annali). Laboratorio di Anatomia normale deUa R. Università (Ricerche). Accademia pontificia dei Nuovi Lincei (Atti). Società zoologica italiana (Bollettino). Società chimica (Rendiconto) — Dono Cutolo A. Società italiana per il progresso delle scienze (Atti). R. Stazione chimico-agraria sperimentale (Amiali). Ufficio d'Incoraggiamento per esperienze di conci- mazione. — 147 Rovereto Sassari Scafati Siena Torino Trieste Venezia Verona - Accademia degli Agiati (Atti). ■ Museo civico [Pubblicazioni). ■ Studi sassaresi. Bollettino tecnico della coltivazione dei tabacchi. Rivista italiana di Scienze naturali. Bollettino del Laboratorio ed Orto botanico. ■ R. Accademia delle Scienze [Atti). Club alpino italiano [Rivista e Bollettino). Musei di Zoologia e di Anatomia comparata della R. Università [Bollettino). Museo civico di Storia naturale [Atti). U Ateneo veneto. Madonna Verona. Accademia d' Agricoltura , Scienze , Lettere , Arti e Commercio [Atti e Memorie). Spagna Barcelona — Institució catalana d'Historia naturai [Butlletì). ButUeti de la Institució Catalana de Ciences Naturals. Cartuja — Boletin Mensual de la Estacióu Sismologica de Car- taja. Madrid — Sociedad espaiiola de Historia naturai [Anales y Bo- letin). Zaragoza — Sociedad aragonesa de Ciencias naturales [Boletin). Anales de la Facultad de Ciencias. Portogallo Coimbra Lisboa -Aimaes scientificos da Academia Polytecnica do Porto. - Broteria — Revista de Sciencias naturaes do Collegio de S. Fiel. Bulletin de la Société Portugaise de Sciences Na- turelles. Francia Cherbourg — ■ Société uatiouale des Sciences naturelles et mathé- matiques [Mémoires). LangTeS ■ — Société de Sciences Naturelles de la Haute Marne [Bulletin). Montpellier — Société d'Horticolture et d'Histoire naturelle de l'Hé- rault [Annales). — 148 — Nancy — Société des Sciences et Réunion biologique de Nancy (Bulletin des séances). Bibliographie anatoinique. Nantes — Société des Sciences naturelles de l'ouest de la France (Bulletin). Paris — Bulletin scientifique de la Trance et de la Belgique. Journal de l'Anatomie et de la Physiologie de l'homme et des animaux. Société zoologique de Trance (Bulletin et Mémoires). Muséum d'Histoire naturelle {Bulletin). La feuille des jeunes Naturalistes. Vienne (Isère) — Société des Amis des Sciences Naturelles (Bulletin). Bruxelles Louvain Belgio Société royale malacologique de Belgique (Annales). La Cellule. Germania Berlin Bonn Leipzig Giessen Gùstrow Bericht iiber die Verlagsthatigkeit. Naturae novitates. Botanische Verein der provinz Brandeburg ( VerJiand- lungen). ■ Natiu-historischen Vereines der Preussischen Rhein- lande und Westfalens (Verhandlungen). Niederrheinischen Gesellschaft far Natur-und Heil- kunde (Sitzungsberichte). - Zoologisclier Anzeiger. Matematische und naturwisseuschaftliche berichte aus Ungai'n. - Oberhessischen Gesellschaft fiir Natur-und Heilkund (Bericht). - Verein der Freunde der Naturgeschichte in Mecklen- burg (Archiv). Svizzera Chur Zurich Naturfoschenden Gesellschaft Graubunden's (Jakres- bericht). ■ Societas entomologica. 149 Wien Prag Budapest Austria K. K. Naturhistorischeu Hof-Museums (Annalen). Zoolog. botan. Gesellschaft (Verhandlmigen). ■ Ceska akademie cisare Frantiska Josefa prò vedy slovenost. a umeni [Pubblicazioni). Casopis Ceskó Spolecnosti Entomologické [Ada So- cietatis Entomologicae Bohemiae). Aquila — Magyar Ornithologiai Kozpont Folyóirata. Societé Royale Hongroise des Sciences Naturelles. Inghilterra Cambridge — Philosophical Society {Proceedings and Trans actions). London — Royal Society {Proceedings , Reports of the sleeping sickness commissione and Obituary notices). Plymouth — Marine biological Association of the United Kingdom. [Journal). Svezia Upsala — Geological lustitution of the University of Upsala (Bnlletin). Stockholm — Meddelanden fran Upsala Universitets Mineralogisk- geologiska institution. K Vet. Akadems-Bibliothek ( Arkiv for Botanik , Arkiv for Zoologi). Tromsoe Norvegia Tromsoe Museum Finlandia Helsingfors — Societas prò fauna et flora fennica [Ada et Medde landen). Russia Kiew Moscou Tiflis ■ Société des Naturahstes (Mémoires). Société imperiale des Naturalistes (Bnlletin). ■ Giardino botanico [Lavori). - 150 Tokyo ASIA Giappone Anuotationes zoologicae japonenses. Cairo AFRICA Egitto Sociétó entomologique d' Égypte [Bulletin). AMERICHE Brasile Rio de Janeiro — Archi vos do Museu Nacional. Lima Perù Boletin de la Societad geogratica. Uraguay Montevideo — Museo nacioual [Anales y Commiicaciones : Sec.ción histórico-filosófica). Asuncion Paraguay Revista de Agronomia y de Cieucias aplicadas — ■ Boletin de la Escuela de Agricultura de la Asun- cion del Paraguay. Buenos Ayres Repubblica Argentina -Museo nacional [Anales y Comnnicaciones) Revista farmacèutica — Organo de la Socieuad na- cional de Earmacia. — 161 -- Chili Santiago — Deutch. wissenschaft. Vereins iVerliandlmujtn). Société scientitiqne du Chili [Actes). Valparaiso ■ — Revista cliilena de Historia Naturai. Bogotà Colombia ■ El Agficultor. — Organo de la Sociedad de los Agri- cultores colonibianos. Revista del Ministerio de obras publicas y fomento. Costa-Rica San José — Museo Nacional {Anales, Paginas Ilustradas). San Salvador San Salvador — Anales del Museo Nacional. Messico Messico — Sociedad cientiiica « Antonio Alzate » (Meniorias y Revista). Institùto geologico (Boletiu, Parergones). Stati Uniti Berkeley — University of California {Publications, Bulletm). Boston — Society of Naturai history (Proceedings). Brooklyn — Gold spring harbor Monograpbs. Chapell Hill — Elisila Mitchel scientific Society (Journal). Chicago — Academy of Sciences [Bulletm ^ndi Annual report). Field Museuni of Naturai History [Departmeìit of Bofam/j. Msidison {Wisconsin) — Academy of Sciences, Arts and Lettres (Tran- sactions). Wisconsin geological and naturai History Survey [Bul- letin). Minneapolis [Minnesota) — Minnesota botanical studies (BuUetin). Missoula [Montana) — BuUetin of the University of Montana [Biological Series). — 152 — New York — Botanical garden {Bnlletin). Philadelphia — Academy of Naturai Sciences (Proceedings). Saint-Louis — Academy of Science {Transaciions). Missouri botanical garden {Annual report). Springfield (Massaclmssets) — Museum of naturai history. Tufts College (Massacìmssets) — Studies. Washington — United States Geological Survey (Annual report). U. S. Department of Agriculture. — Division of Or- nithology and Mamniaiogy {Bulletin North Amt rican Fauna). Smithsonian Institution [Annual report). U. S. National Museum [Bulletin). U. S. Department of agriculture {Jearbook). U. S. Department of agriculture. — Bureau of ani- mal industry (Annual reports). Carnegie Institution of Washington — (Puhlication). Canada Halifax — Nova Scotian Institute of scienee. PUBBLICAZIONI PERVENUTE IN DONO (31 dicembre 1908) Aguilar e. — Alfano G. M. — Anonimo — Athias M. — Bassani F. — » — Bassani F. e Galdieri Gabella A. — cobelli r. — Da Silva Tavares J. - Della Valle A. — Do Nascimento L. G. - Iniezioni di colesterina. Contributo allo studio del- l'alimentazione sottocutanea. Napoli, 1906. (Dono aut.). Sullo stato della questione circa la causa dei fori circolari nei veti-i, etc. Pavia 1907. (Dono aut.). Gli scienziati riuniti in Milano al VI congresso. Parole di un non scienziato. Milano, 1844. (Dono del socio Monticelli). Anatomia da cellula nervosa. Lisboa, 1905. (Dono aut.). La vacuolisation des cellules des ganglions spinaux chez les animaux à 1' état uormal. Jena, 1905. fDono aut.). Sur la vacuolisation des cellules nerveuses. Jena, 1906. (Dono aut.). Su alcuni avanzi di pesci nell'arenaria glauconiosa delle isole Tremiti. Napoli, 1907. (Dono aut.). Commemorazione di Alberto Gaudry. Napoli, 1908. (Dino aut.). A — La sorgente minerale di Valle di Pompei. Napoli, 1908. (Dono aut.). Risultati dell' analisi dell' acqua termo-minerale della sorgente San Calogero nell'isola di Lipari Napoli, 1908. (Dono aut.). Il Ficus carica L, nel Trentino. (Dono del Museo civico di Rovereto, 1907). - Contributio prima ad cognitionem Cecidologiae Regionis Zambeziae. S. Fiel, 1908. (Dono aut.). Osservazioni su alcune ascidie del Golfo di Na- poli. 1908. (Dono aut.). - Subsidio para o estudo da fauna carcinologica de Portugal. Epochas de creacao e reprodu9ao, Por- tugal, L908. (Dono aut.).' — 154 Galdiebi a. — » — Halbherr B. — Leon N. — LlTTA A. - Marzolla B. — Manfredi L., Boccardi Maroucci e. Monticelli F. S. - » - PlERANTONI U. Schaebeele J. M. Seeretta F. - Osservazioni geologiche sui monti Picentini nel Salernitano. Roma, 1907. (Dono aut.), - Sul Trias dei dintorni di Giffoni. Napoli, 1908. (Dono aut.). - Aggiunte all'elenco sistematico dei coleotteri fino- ra raccolti nella valle Lagarina. Rovereto. 1908, (Dono del Museo civico). - Contribution à 1' Etude des Parasite s Animaux de Roumanie. Jasi, 1908. - Suir antico corso del fiume Po. Milano , 1840. (Dono del socio Monticelli). - Descrizione dell' isola Ferdinandea al mezzogiorno della Sicilia. Napoli, 1831 (Dono del socio Mon- ticelli). G. e Jappelli G. — Sul fermento inversivo nelF or- ganismo animale. Napoli, 1888 (Dono del socio Cutolo). - Della inserzione mediale del muscolo gran petto- rale in alcuni saurii. Napoli, 1909. (Dono aut.). - Identificazione di una n. sp. del genere Eucotyllahe [liiitonU MoNTic.j. Napoli , 1908. (Dono aut.). - D genere « Nitzschia » von Baer. Napoli , 1908. (Dono aut.). - Fauna und Flora des Golfes von Neapel. 31 Mo- nograptiie : Protodrylus. Berlin, 1908. (Dono del. la Provincia di NapoL). - On the origin and age of the sedimentary rocks. Ann Arbor. Mich., 1908. - Geological climates - An explanation of the cause of the eastward cir- circulation of our atmosphere. 1908. - The earth as a heat-radiating planet. 1907. - Tho infallibility of Newton's law of radiation at known temperatures, 1907. - The effective surface-temperature of the sun and the absolute temperature of space. 1907. - The probable origin and physical structure of our sideral and solar systems. 1907. -Il pensiero geologico attraverso i secoli Palermo, 1908. (Dono del socio Ricciardi). rivr>iOE> Ricciardi L. — Risposta ad alcune osservazioni sull' evoluzione mi- nerale. Nota. ......... pag. 1 Gabella A. — Risultati dell'analisi dell'acqua termo-minerale della sorgente San Calogero nell' Isola di Lipari. ...» 38 RicciABDi L. — Su la genesi e fine del nostro geoide . . . » 45 Gargano C. — Le cariocinesi nei sarcomi parvicellulari (con tav. I e II) . » 71 Gargano C. — Una cisti di sferocristalli rinvenuta in un sacco erniario ........... 84 Monticelli Fr. S. — Identificazione di una nuova specie del ge- nere Encotyllabe {Jintonii Montic). Nota. . . . » 86 Marckllo L. — Sulla costituzione morfologica del cladodio presso le Asparagacee e specialmente nel genere -RitscHs. Nota. » 89 Aguilar e. — Iniezioni di colesterina. Contributo allo studio del- l' alimentazione sottocutanea. Ricerche .... » 94 PoLicE G. — Di un caso di morte per il morso di una vipera me- lanica nelle province napoletane . . . . . » 110 Monticelli Fr. S. — Per l' inaugurazione del monumento a Salva- tore Trinchese iu Martano di Lecce. Discorso. . . » 119 Processi verb.ali delle tornate Consiglio direttivo per l'anno 1909. Elenco dei socii ...... Elenco delle pubblicazioni jjervcnute in cambio » » » in dono . 133 139 141 145 153 Sii autori assumono r intera resDousaMlità dei loro scritti Boll. d. Soc. di Nat. in Napoli, An. XXII, 1908. Tav. I. 4L, f' ' ^■•■- r (- \ % ^ Fig. 1. Fig. 3 Fig. 2. Fig. 4. Fig. 5. Fig 6. C. Gargano dis. Boll. d. Soc. di Nat. in Napoli, An. XXII, 1908. Tav. n. \ ! . *'<*■ A If^^^V^f^^ '7 1 2^ , # Fig. 7. F(9. il 1 / ; / ! / F/(7. 9. i^i^. 10. ; f»y- ♦ ;' • '«» . '*^ it^?^ > * ., f ì % 4'. Fig. 8. C. Gargano dis. Fig 12 BOLLETTINO DELLA T\rr\ lu 1 A DI NATURALIST IIV JV^VI^OIvI VOLUME XXII (SERIE II, VOL. Il) 1908 O o n S ta-vole 'n'oacT? (Pubblicato il 30 maggio 1909) /^- •:• NAPOLI R. STABILIMENTO TIPOGRAFICO FRANCESCO GIANNINI & FIGLI Strada Cisterna dell' Olio 1909 IIVOIOE^ Processi verbali delle tornate Consiglio direttivo per l'anno 1909. Elenco dei socii Elenco delle pubblicazioni pervenute in cambio » » » in dono . eli Autori assmono r intera respnsaDilltà dei loro scritti. Ricciardi L. — Risposta ad alcune osservazioni sull'evoluzione mi- nerale. Nota pag. 1 Gabella A. — Risultati dell'analisi dell'acqua termo-minerale della sorgente San Calogero nell' Isola di Lipari. ...» 38 Ricciardi L. — Su la genesi e fine del nostro geoide ...» 45 Gargano C. — Le cariocinesi nei sarcomi parvicellulari (con tav. I e II) » 71 Gargano C. — Una cisti di sfei'ocristalli rinvenuta in un sacco erniario . . . . . . . . . • » 84 Monticelli Fr. S. — Identificazione di una nuova specie del ge- nere Encotyllabe (Jintonii Montic). Nota. . . . » 86 Marckllo L. — Sulla costituzione morfologica del cladodio presso le Asparagacee e specialmente nel genere jRuscus. Nota. » 89 Aguilar e. — Iniezioni di colesterina. Contributo allo stadio del- l' alimentazione sottocutanea. Ricerche .... » 94 PoLiCB G. T— Di un caso di morte per il morso di una vipera me- lanica nelle province napoletane . . . . . » 110 Monticelli Fr. S. — Per l' inaugurazione del monumento a Salva- tore Trinchese in Martano di Lecce. Discorso. . . » 119 133 139 141 145 153 ESTRATTO DAI. REGOLAMENTO DELLA SOCIETÀ [approvato nella tornata del 14 agosto 1898) IV. Del Bollettino Art. 31. La Società pubblica un Bollettino contenente i p*o- cessi verbali delle assemblee e delle tornate e lavori originali dei soli soci ordinarii. Ai't. 32. I processi verbali delle tornate ordinarie debbono contenere : a) r elenco dei socii presenti ; b) V enumerazione dei lavori originali letti , con 1' indica- zione se vengono o no pubblicati nel Bollettino ; e) una breve notizia delle comunicazioni verbali 5 d) V indicazione delle letture e delle conferenze fatte nella tornata ; e) e i nomi dei socii ammessi e quelle deliberazioni che si crederà opportuno pubblicare. Art. 33. I lavori da pubblicarsi nel Bollettino dovranno esser letti nelle tornate. Sui lavori letti potrà esser fatta discussione. Quindi i lavori restano sette giorni in Segreteria a disposizione di quei soci , clie volessero ponderatamente esaminarli. Trascorsi i sette giorni, se non è pervenuta alla Segreteria nessuna osser- vazione da parte di alcun socio, il lavoro è passato alla stampa. Essendovi discussione, questa verrà fatta nella prossima tornata, informandone 1' autore, perchè possa intervenirvi : la discussione sarà pubblicata nel Bollettino, in seguito al lavoro, tenendosene pure conto nel processo verbale. Art. 34. I lavori già pubblicati non possono essere stampati nel Bollettino. Art. 35. Il socio , che non è in regola con la cassa sociale, non può pubblicare nel Bollettino. Art. 36. I soci ammessi a far parte della Società da meno di un anno non hanno dritto a pubblicare nel Bollettino, se non pagano anticipatamente 1' annata intera. Art. 37. Nel caso di lavori fatti in collaborazione da più soci, questi debbono essere tutti in regola con la ' cassa, perchè il la- voro possa essere pubblicato, Ai't. 38. I lavori debbono versare sopra argomenti di scienze naturali e loro applicazioni. Art. 39. Il Consiglio direttivo cura la pubblicazione del Bol- lettino. Art. 40. Il numero dei fascicoli del Bollettino sarà determi- nato anno per anno dal Consiglio direttivo. Art. 41. Gli autori avranno gratuitamente gli estratti dei loro lavori. Il numero di questi sarà ogni anno determinato dal Consiglio direttivo. Art. 42. Gli autori potranno avere un numero maggiore di estratti a proprie spese. Art. 43. Le tavole e le figure nel testo saranno fatte a cura 'della Società, e gli autori pagheranno, per ciascuna tavola o fì- gui'a, un contributo, che sarà caso per caso stabilito dal Consi- glio direttivo, tenendo conto dell' importo delle tavole e delle condizioni del bilancio. Gli autori, pertanto, saranno obbligati a depositare una somma , che sarà anche volta per volta stabilita dal Consiglio, prima di dare alla stampa il lavoro. Essi potranno indicare il litografo dal quale intendono siano eseguite le tavole, salvo il consenso del Consiglio dhettivo. Art. 44. La Società può limitare i fogli di stampa , cui gli autori hanno diritto, in ciascun anno sociale, su proposta del Con- siglio direttivo in un'Assemblea generale; tuttavia nel caso che sia presentato un lavoro, che per la sua mole importi una spesa considerevole, il -Consiglio direttivo può invitare la Società, anche in una tornata ordinaria, a deliberare sopra la opportunità di stamparlo. Art. 45. Per quei lavori, che importino una spesa tipografica straordinaria, gli autori , dietro proposta del Consiglio dkettivo, approvata dall'Assemblea in una tornata ordinaria, potranno es- sere obbligati a concorrere alla spesa. Per quanto concerne la parte scientifica ed amministrativa dirigersi al SEGRETARIO DELLA SOCIETÀ Dr. Ugo Milone, presso la sede della Società : Via S. Sebastiano, 48 d. Sono vivamente pregati i sodi ordinarii non residenti di spedire la loro contribuzione annuale al socio cassiere Sig. EMILIO TBANI^ Istituto Zoologico della R. Università^ Napoli. Gli autori assumono la piena responsabilità dei loro scritti. Per questo anno la Società dà agli Autori 75 copie di estratti, con copertina stampata secondo apposito modello. Ber ciò che riguarda la vendita del Bollettino rivolgersi alla Via S. Anna dei Lombardi, N. 53 — Napoli Prezzo del presente volume L. 8,oo. MBL WHOI I.IHKARY UH ITRF F V^* '^ ^^ r^-^. v?.-^ ■r>- i <-v^^ ^- >««i#t ^fC^^.-'^^.k.^À^